Stampa

A colloqui con Sebastiano Filetti, Professore di Medicina Interna, Università Sapienza di Roma

"Grazie al progresso scientifico, il trattamento del carcinoma midollare della tiroide ha subito una vera e propria rivoluzione: fino a pochi anni fa, per i pazienti affetti dalle forme più aggressive di questa patologia, non esisteva una terapia ad hoc e  laddove l’asportazione chirurgica non era possibile, venivano utilizzate senza efficacia la chemioterapia e la radioterapia. - spiega il Prof. Sebastiano Filetti dell'Università Sapienza di Roma - La vera rivoluzione è stata l’introduzione di farmaci che funzionano inibendo sia la neoangiogenesi che la proliferazione tumorale: Vandetanib è la prima molecola di questo tipo ad essere stata specificamente studiata per il trattamento di questa rara forma di tumore tiroideo."


Nella sua esperienza, l’evoluzione terapeutica ha avuto un riflesso nella pratica clinica?
emblematica la storia famigliare di un mio paziente, un noto jazzista italiano che seguo da anni. La madre del musicista, affetta da una delle forme più aggressive del carcinoma midollare della tiroide, non ha risposto alla chemioterapia, che era l’unica terapia disponibile, ed è morta in giovane età. Il carcinoma midollare della tiroide, che si trasmette geneticamente nel 20-25% dei casi, è stato ereditato dal figlio.  Dopo alcuni interventi chirurgici, nel 2006 il jazzista è stato inserito in un trial sperimentale con Vandetanib: in pochi mesi la nuova terapia gli ha permesso di controllare la malattia e migliorare la qualità di vita, trasformando una patologia oncologica in una malattia cronica. Alla storia famigliare si è poi aggiunto un ulteriore capitolo: la figlia del jazzista è risultata portatrice della mutazione genetica responsabile della malattia del padre. Le è stata pertanto asportata tempestivamente la tiroide, prima che il raro tumore potesse manifestarsi.
Il progresso scientifico nell’arco di pochi decenni, ha permesso di controllare una patologia prima letale e di arrivare in certi casi a prevenirla."

Quali sono le cause di questa neoplasia?
"Si tratta di un tumore causato da una mutazione genetica. Il gene responsabile si chiama RET, il cui difetto è familiare in circa il 25% dei casi: in altre parole un paziente su 4 eredita la malattia. L’individuazione di tale gene rappresenta il punto essenziale per trattare correttamente la neoplasia."

Cosa si può fare in termini di prevenzione?
"Nelle forme famigliari si può fare prevenzione innanzitutto con l’analisi genetica dell’oncogene RET. I bambini portatori della mutazione possono essere monitorati ed eventualmente operati con l’asportazione totale, profilattica, della tiroide prima che la malattia si manifesti. Nei casi più gravi, l’asportazione va fatta entro il primo anno di età, mentre per quelli meno aggressivi entro i 5 anni. In caso di mutazioni genetiche poco aggressive l’asportazione può essere rimandata oltre i vent’anni."

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni