Il prof. Francesco Emma: “Il farmaco lumasiran blocca l’eccessiva produzione di ossalato che caratterizza la patologia. La diagnosi, però, deve essere rapida e precoce”
Roma – Il cuore, la retina, il midollo osseo e soprattutto i reni: sono gli organi più colpiti da una malattia genetica rara, l'iperossaluria primitiva. Nel mondo, la patologia ha una prevalenza di 1-3 casi su un milione e un'incidenza di circa un caso ogni 120mila nati vivi per anno. L'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è il maggiore centro italiano come volume di attività per le malattie rare renali, e al momento, presso la Divisione di Nefrologia e Dialisi diretta dal prof. Francesco Emma, sono in follow-up alcuni pazienti affetti da questa condizione.
“L'iperossaluria primitiva è caratterizzata da elevati livelli di ossalato. Gli ossalati sono poco solubili e sono normalmente eliminati dai reni. Nell'iperossaluria primitiva vengono prodotti in eccesso dal fegato a causa di una mutazione genetica, e precipitano progressivamente nei reni, compromettendone la funzione e causando la formazione di nefrolitiasi (calcoli). L'insufficienza renale causa a sua volta l'accumulo di ossalati nel sangue e la loro precipitazione nei vari organi, provocando quella che chiamiamo ossalosi”, spiega il prof. Emma. “Le conseguenze sono, oltre ai danni renali, problemi cardiaci, disturbi della vista, deformità ossee, fratture multiple e pancitopenia (la riduzione numerica di tutte le cellule presenti nel sangue)”.
Esistono tre forme di iperossaluria primitiva: il tipo 1 (il più grave, che rappresenta circa l'80% dei casi), il tipo 2 e il tipo 3, entrambi meno severi. “La malattia è più frequente nei Paesi dove c'è un'alta consanguineità nei matrimoni”, prosegue Emma. “Molti dei nostri pazienti provengono dal Nord Africa e dal Medio Oriente, e sono arrivati al Bambino Gesù per sottoporsi al trapianto di fegato e rene”.
Negli ultimi due anni, però, il trattamento di questa patologia è stato rivoluzionato dall'introduzione di un nuovo farmaco, il lumasiran. Disponibile da pochi mesi anche in Italia, questa terapia innovativa si basa su un meccanismo naturale di silenziamento genico chiamato RNA interference (RNAi).
“Il lumasiran blocca la produzione in eccesso di ossalato, quindi se viene dato in tempo ne evita l'accumulo e le relative complicanze, protegge i reni e di fatto cura la malattia”, spiega il prof. Emma. “La diagnosi, però, deve essere molto rapida e avvenire il prima possibile, quando non si sono ancora formati depositi sistemici. L'evoluzione della patologia, infatti, può variare da paziente a paziente: può essere molto rapida, con insorgenza d'insufficienza renale anche nel primo anno di vita, o più lenta e lieve, con perdita progressiva della funzionalità renale nelle prime decadi di vita”.
Nei pazienti che hanno già manifestato un'insufficienza renale, il farmaco ne rallenta l'evoluzione perché interrompe i depositi di ossalati nel rene e consente di eseguire il solo trapianto di rene, e non un doppio trapianto – fegato e rene – come avveniva fino a poco tempo fa. “Ora, con i farmaci RNAi, i pazienti con insufficienza renale avanzata possono evitare il trapianto di fegato, perché queste molecole hanno la stessa funzione del trapianto, ovvero fermare la produzione di ossalati. Anche in questo caso bisogna agire con urgenza, per impedire l'accumulo di ossalato nell'organismo e quindi i gravi danni ai tessuti”, sottolinea il nefrologo. Al momento, ci sono solo due bambini al mondo che hanno affrontato il trapianto isolato di rene previo trattamento con lumasiran; nei prossimi mesi, anche uno dei piccoli pazienti del prof. Emma seguirà questo percorso all'interno della sperimentazione clinica ILLUMINATE-C.
A confermare l'efficacia del farmaco in questa popolazione di pazienti è la recentissima pubblicazione, sull'American Journal of Kidney Diseases, degli ultimi dati relativi al trial ILLUMINATE-C. Questa sperimentazione clinica, in aperto e a braccio singolo, sta valutando la sicurezza e l'efficacia di lumasiran in pazienti con iperossaluria primitiva di tipo 1, di tutte le età e con insufficienza renale grave. La diminuzione dell'ossalato, dal basale al sesto mese di trattamento, è risultata evidente in tutti e 21 i pazienti arruolati: nella coorte A (sei soggetti con malattia avanzata ma che non necessitavano ancora di dialisi) la riduzione è stata del 33,3%, mentre nella coorte B (quindici soggetti in trattamento emodialitico) è stata del 42,4%.
Questi dati sono particolarmente importanti per i bambini molto piccoli (anche di pochi mesi) in stato di insufficienza renale avanzata o in dialisi: dato che il trapianto di rene si può eseguire in sicurezza solo a partire dall'età di 2-3 anni, la terapia con lumasiran è essenziale in questi pazienti per bloccare l'accumulo di ossalati e prevenire i sintomi dell'ossalosi, in attesa che il bambino cresca e possa effettuare un trapianto di rene.
“L'esperienza sulla fattibilità del trapianto isolato di rene in terapia con lumasiran è comunque ancora limitata: il follow-up sugli unici casi effettuati è molto breve, quindi le nostre scelte si basano al momento su ragionamenti e valutazioni ancora in parte teoriche. Occorre essere prudenti, ma sono molto ottimista, perché nelle sperimentazioni cliniche il farmaco si è dimostrato efficace nella maggior parte dei pazienti ed in grado di trasformare la loro malattia”, conclude il prof. Emma.
In attesa dei dati a lungo termine, gli esperti stanno finalizzando nuove linee guida internazionali per la gestione della patologia. A elaborarle sarà il gruppo di ricerca di OxalEurope, l'organizzazione che riunisce i medici esperti di questa patologia a livello europeo, in collaborazione con ERKNET, la Rete di Riferimento Europea (ERN) per le malattie rare renali.