Il prof. Domenico Alvaro (“Sapienza” Roma): “L'AIFA ha annunciato l’estensione dei criteri di prescrizione dei farmaci anti virali ad azione diretta per l'epatite cronica C, anche agli stadi intermedi di fibrosi F2”
ROMA – “Una pietra miliare nella storia della colangite biliare primitiva (CBP)”: così il prof. Domenico Alvaro (Università “Sapienza” di Roma) ha definito i primi dati epidemiologici italiani su questa rara patologia, presentati nel corso del 50° meeting annuale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF).
“Oltre ai dati sull'incidenza (5,3 casi su 100.000 l'anno) e sulla prevalenza (28 casi su 100.000), l’indagine ha dimostrato la frequente associazione della CBP con altre patologie: le comorbidità più comunemente riportate sono infatti l'osteoporosi, l'ipotiroidismo, il diabete, le malattie del connettivo, e negli uomini anche la cardiopatia ischemica. Il 15% dei pazienti, inoltre, assume cortisone per via sistemica, farmaco che aggrava la patologia dell'osso nella CBP. Per questi motivi il nostro studio sottolinea come la CBP debba essere gestita da centri di riferimento esperti nel trattare anche queste comorbidità”.
Nelle unità di gastroenterologia afferenti a “Sapienza” (Policlinico Umberto I e Ospedale Sant'Andrea di Roma, Santa Maria Goretti di Latina) si registrano 40/50 nuovi casi l'anno di colangite biliare primitiva ed i casi prevalenti sono circa 500. “Ma occorre tener conto che la malattia, nei casi iniziali, non dà sintomi, per cui possiamo ipotizzare un sommerso significativo del 30-40% che, non manifestando alcun disturbo, non pensa di fare le analisi essenziali per diagnosticare la malattia”.
Un altro annuncio importante, emerso dal congresso AISF ed esposto direttamente dal direttore AIFA, dr. Mario Melazzini, è l'estensione dei nuovi trattamenti per l'epatite cronica C con i DAA (Directly Acting Antivirals, farmaci anti virali ad azione diretta) anche agli stadi intermedi F2 di fibrosi. Inoltre, tra i candidati al trattamento, ci saranno anche gli operatori sanitari che contraggono la malattia sul luogo di lavoro.
Finora in Italia sono stati trattati, con i nuovi farmaci, circa 75.000 pazienti con stadi avanzati F3 di fibrosi o con cirrosi (stadio F4). L'auspicio del direttore AIFA è che in un prossimo futuro si possano trattare tutti i pazienti HCV indipendentemente dallo stadio di fibrosi e dalle comorbidità. L'obiettivo è che nel 2050 l'epatite C possa diventare una malattia rara.