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rachitismo ipofosfatemico, dottor Abdul MullickIl Dott. Abdul Mullick (Kyowa Kirin International): “lavorare con le patologie più rare è qualcosa di davvero unico e motivante: l’obiettivo è riuscire a fare in modo che i pazienti ottengano diagnosi precoci e terapie adeguate”

Kyowa Hakko Kirin è una società farmaceutica che ha una solida storia alle spalle e che, in questo momento, sta affrontando un'importante novità. Per la prima volta, infatti, l’azienda entra nel settore delle malattie rare, e lo fa con un considerevole successo: la recente approvazione, sia in Europa che negli Stati Uniti, dell'anticorpo monoclonale burosumab, indicato per l'ipofosfatemia legata all'X (XLH, o rachitismo ipofosfatemico legato all’X), una malattia rara che, pur avendo un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti, è ancora oggi ampiamente sottostimata. Per l'occasione, Osservatorio Malattie Rare ha intervistato il dottor Abdul Mullick, Vice Presidente Esecutivo e Direttore del settore Malattie Rare presso Kyowa Kirin International, una sussidiaria interamente controllata da Kyowa Hakko Kirin.

Dott. Mullick, cosa può dirci della nuova sfida intrapresa dalla sua società? Ha trovato delle differenze importanti tra il settore dei farmaci orfani e quello dei medicinali dedicati a malattie più comuni?

La principale differenza tra il settore farmaceutico tradizionale e quello delle malattie rare è rappresentata dalla diversa consapevolezza delle patologie. Nella ricerca farmaceutica tradizionale, tutti i medici sono consapevoli dell’esistenza di malattie comuni e molto conosciute, come, ad esempio, il diabete: in questo caso, come azienda farmaceutica, il nostro compito è quello di proporre un farmaco ai medici, che possono fare la scelta di prescriverlo ai loro pazienti. Con le malattie rare, la situazione è assai diversa: la sfida, innanzitutto, consiste nel fare in modo che i medici siano informati sulle singole patologie, dato che uno dei maggiori problemi, per i malati rari, riguarda proprio l'ambito diagnostico. Purtroppo, in moltissimi casi, trascorrono anni prima che i pazienti ottengano una diagnosi definitiva, passando da uno specialista all’altro e oscillando tra diagnosi sbagliate e “assenza” di diagnosi.
In secondo luogo, il numero di pazienti con malattie rare è spesso talmente ristretto da non poter condurre studi clinici sufficientemente grandi e strutturati. Accade abbastanza di frequente che ci siano soltanto decine di pazienti affetti da una data patologia rara, mentre per una malattia più comune esistono decine di migliaia di pazienti, che possono far parte di ampie sperimentazioni terapeutiche ed essere i destinatari del prodotto finale. Questo è uno dei principali motivi per cui il costo dei farmaci orfani è più alto rispetto ai farmaci tradizionali: il processo di ricerca e sviluppo è praticamente lo stesso, ma con una coorte di pazienti assai più piccola. Di conseguenza, l'accesso al mercato costituisce un traguardo molto importante per le aziende che si occupano di farmaci orfani.

Sia in Europa che negli USA, le rispettive agenzie regolatorie hanno espresso parere positivo sul farmaco burosumab, ma con alcune differenze relative all'indicazione: sa spiegarci a cosa sia dovuta questa diversità? Pensa che in futuro i pazienti europei e quelli americani potranno avere le stesse opportunità di accesso al farmaco?

Siamo molto soddisfatti e orgogliosi dell’approvazione di burosumab in Europa e negli Stati Uniti, anche se in Europa il farmaco ha ottenuto un'autorizzazione parziale, con possibilità di utilizzo solo nei pazienti pediatrici (con almeno 1 anno d'età) e negli adolescenti in fase di crescita. In termini di accesso al trattamento, la nostra intenzione è quella di far approvare burosumab anche per gli adulti europei con XLH. L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) non era disposta ad autorizzare l’utilizzo del farmaco negli adulti quando la relativa sperimentazione era ancora in corso: abbiamo quindi deciso di presentare la richiesta per la somministrazione ai bambini, rimandando quella per gli adulti a trial concluso. Questo perché eravamo desiderosi di far avere il farmaco a chi ne aveva bisogno il prima possibile. Gli studi sulla popolazione adulta sono stati conclusi e speriamo di poter intraprendere al più presto con l’EMA il percorso regolatorio relativo a questa indicazione: in questo modo, ci saranno simili opportunità di accesso al farmaco sia per i pazienti europei che per quelli americani.

Il farmaco per la XLH è il primo che l’azienda si prepara a portare ai malati rari, ma di certo non l’unico. L’azienda dispone di un'interessante pipeline: ci può dire su quali altri farmaci state lavorando in questo momento?

In ambito malattie rare, un importante punto nel nostro programma è l'approvazione europea di burosumab per i pazienti adulti affetti da XLH.
Un altro nostro farmaco orfano attualmente sotto esame da parte della FDA (Food and Drug Administration) statunitense e dell'EMA è il mogamulizumab, destinato ai pazienti con linfoma cutaneo a cellule T (CTCL): auspichiamo che nel prossimo futuro venga approvato sia negli Stati Uniti che in Europa.
Inoltre, sono in corso molti studi per diversi farmaci con applicazione in immunologia, oncologia, nefrologia e neurologia. Per maggiori informazioni sulle fasi di ricerca e sviluppo di ciascuna molecola è possibile visitare il nostro sito web.

Nel mondo delle malattie rare, i pazienti stanno diventando sempre più 'esperti': non sono più 'oggetto di ricerca' ma, grazie a un associazionismo in continua crescita, sono ormai soggetti attivi e informati. Qual è il rapporto di Kyowa Kirin con i malati rari?

Personalmente, sono nel campo delle malattie rare da molti anni: la prospettiva dei pazienti è molto importante ed è per questo che ci concentriamo sulla loro voce, grazie alla collaborazione con i medici e le associazioni. Chi è affetto da una malattia rara può sentirsi spesso isolato nella sua battaglia contro la patologia, sensazione accresciuta dal fatto che possono trascorrere molti anni prima di avere una diagnosi. Durante questa attesa, i pazienti possono provare sofferenza e dolore, hanno una qualità di vita compromessa e sono costretti a molteplici visite specialistiche, spesso inconcludenti. E quando finalmente arrivano alla diagnosi, le sfide non finiscono: esisterà un farmaco per la loro patologia? sarà accessibile? Per questo motivo, i pazienti cercano di mettersi in contatto tra loro, per darsi supporto reciproco e condividere le proprie esperienze. Le associazioni, oltre ad essere un punto di riferimento per i pazienti, lo sono anche per le aziende farmaceutiche e stanno diventando sempre più influenti. Lavoriamo insieme per facilitare la diagnosi e discutere di assistenza sanitaria: ogni malattia rara è diversa dalle altre, perciò abbiamo bisogno di incorporare il maggior numero di informazioni nei nostri progetti di ricerca, per garantire che apportino il massimo beneficio ai pazienti. A tal fine, una delle aree a cui dedichiamo maggior tempo e impegno è relativa proprio allo sviluppo di programmi di supporto per i pazienti.


Abdul Mullick si è laureato in Biologia Molecolare presso l'Università di Bristol, nel Regno Unito, e vanta oltre 20 anni di esperienza in campo farmaceutico, in posizioni dirigenziali di alto livello. Prima del suo attuale impiego presso Kyowa Kirin International, ha ricoperto incarichi di responsabilità in società come Vifor Pharma Ltd (responsabile del Marketing Globale), Novartis Pharma (responsabile globale del settore Diabete) e Sanofi. In particolare, ha trascorso oltre 8 anni a capo del Marketing Globale Malattie Rare presso Sanofi Genzyme. Abdul Mullick è sposato con Caroline e ha due bambini piccoli, Jasper (8 anni) e Miriam (6 anni).

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