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Domenica scorsa, 29 giugno 2014, si è svolta la 6° Giornata Mondiale della Sclerodermia, durante la quale è stato trattato il tema delle recenti acquisizioni scientifiche sulla malattia. Il bilancio che ne è seguito è risultato positivo. Infatti, nonostante molti aspetti della sclerosi sistemica restino a tutt’oggi sconosciuti, si inizia a comprendere qualcosa in più su questa malattia rara.

Queste le parole di Gianfranco Ferraccioli dell’Università Cattolica ed Ordinario di Reumatologia del Policlinico A. Gemelli di Roma: “Recentemente l’analisi dei dati raccolti attraverso le ricerche scientifiche condotte nei Paesi occidentali più avanzati ha portato all’identificazione, tra gli altri bersagli da trattare farmacologicamente, anche delle cellule B, ossia le cellule che producono autoanticorpi, oltre agli anticorpi naturali. I ricercatori hanno scoperto che se si riescono a colpire le cellule B che producono gli autoanticorpi entro i primi tre anni dall’insorgenza della malattia, si ha un guadagno di qualità della vita importante perché si riesce ad intervenire nel processo che porta all’’indurimento’ della pelle e degli organi interessati riuscendo a rallentarne l’avanzamento”.

In particolare, la terapia attualmente più studiata che si rivolge a tale bersaglio terapeutico si basa sull’uso di rituximab, farmaco che ha ottenuto conferme su efficacia e sicurezza da studi recenti.

Inoltre, come spiegato dal dott.Ferraccioli, ci sarebbero studi in corso anche per quanto riguarda un inibitore sperimentale dell’interleukina-6, una citochina che sembra svolgere un ruolo nell’eziopatogenesi della malattia.

Inoltre negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi che hanno prodotto risultati incoraggianti per i pazienti, in particolare per le giovani donne che più frequentemente sono colpite da sclerodermia.

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