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“Quando mia figlia era piccola sono stata anche io all’estero. Ho capito che possiamo fare le stesse cose qui, ma serve continuità e costanza”

La Sindrome di Rett è una rara patologia neurologica dello sviluppo. Colpisce quasi solo persone di sesso femminile e si manifesta dopo i primi 6-18 mesi di vita con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale. Per la Rett non esiste oggi una terapia, ma per migliorare la qualità della vita delle pazienti molto si può fare con la riabilitazione. Lucia Dovigo, presidente dell’Associazione Italiana Sindrome di Rett (AIRETT ONLUS), ha spiegato a Osservatorio Malattie Rare la posizione dell’associazione circa le opzioni riabilitative disponibili in Italia e anche all’estero. In particolar modo sulle terapie all’estero qualche tempo fa si era aperto, sulle nostre pagine, un piccolo dibattito.


“Come associazione –  spiega Dovigo -  abbiamo iniziato a lavorare con il professor Lotan Meir, di Tel Aviv, nel 2009. Lotan è considerato uno dei maggiori esperti mondiali sulla patologia e propone non tanto un metodo riabilitativo, quanto un approccio multidisciplinare globale per la sindrome di Rett.(Rett syndrome: Therapeutic interventions). In collaborazione con i medici e i fisioterapisti dell’Istituto don Calabria di Milano AIRETT ha organizzato e finanziato un percorso di formazione che ha portato Lotan qui da noi, ma che ha anche permesso ad alcune terapiste di andare a formarsi in Israele con lui, per poi riportare in Italia le competenze acquisite”.
“Si tratta di un approccio globale – continua Dovigo - che prevede la collaborazione di tutti coloro che interagiscono con le pazienti: genitori, insegnanti, fisioterapisti e medici, tutti devono prima conoscere la malattia e poi adoperarsi perché la terapia non si esaurisca nelle ore in cui è presente il fisioterapista.”

Non si tratta di un vero e proprio metodo dunque, ma di un approccio che prevede prima la conoscenza specifica della patologia, con tutte le sue problematiche correlate. Dopo di che prevede un minimo di due ore di movimento al giorno, ed un approccio multidisciplinare  con idroterapia, ippoterapia, musicoterapia, terapia cognitiva, corretta postura, rilassamento e molti altri piccoli accorgimenti che, messi insieme, possono fare la differenza.

Niente a che fare con i trattamenti miracolosi di cui si parla tanto. Si tratta di un metodo che può essere applicato ovunque con costanza e pazienza, e che può avvalersi delle risorse esistenti. Crediamo fermamente che questo sia un approccio corretto e per questo come AIRETT abbiamo finanziato la formazione dei nostri medici e terapisti. Ora sarebbe importante riuscire a partire con il progetto ‘Approccio riabilitativo integrato nella sindrome di Rett Sperimentazione clinica controllata’ il cui finanziamento ci è stato promesso, e siamo ancora in attesa, dalla Regione Lombardia e da alcuni “clubs” qualche anno fa”.
Il progetto ha come obiettivi la dimostrazione della superiorità di un approccio riabilitativo intensivo ed integrato rispetto ad un trattamento riabilitativo convenzionale in pazienti affetti da RTT e la stesura di un protocollo  d’intervento  da esportare  in  tutta Italia. “Vorremmo dimostrare che l’approccio intensivo e integrato comporta un miglioramento della qualità di vita delle nostre ragazze e l’attuazione di questo approccio avrebbe come ricaduta  meno problematiche cliniche , meno ricorso ad ausili , meno ospedalizzazione e pertanto  una migliore qualità di vita delle nostre ragazze e minori costi per il SSN.”

In Italia purtroppo i fondi sembrano non bastare mai. Anche per questo sono molti i genitori a scegliere di andare all’estero con i propri figli, per offrire loro possibilità che in Italia sembrano non esserci. In attesa, infatti, che progetti come quello di AIRETT abbiano finanziamento questi padri e queste madri non possono attendere che ile figlie giorno dopo giorno perdano abilità. “Ultimamente si parla molto delle terapie effettuare a Huston, in Texas. Quello che si fa in questo centro è però molto simile a quello che si può fare in Italia, solo che lì le bambine vengono seguite per 4-5 mesi in maniera intensiva,  diverse ore al giorno , per questo i risultati sembrano essere molto evidenti.”
“Il problema però è che la terapia va fatta per tutta la vita – continua Dovigo -  quindi un periodo intensivo non serve a nulla se poi a casa la terapia non continua. Il costo di qualche mese di terapia a Huston per un solo paziente si aggira, da quanto mi è stato riferito, intorno ai 90.000 euro (tra terapie e permanenza).  Se investissimo questi soldi per fare formazione a delle equipe italiane avremmo la possibilità di garantire una terapia a molte bambine, non a una sola. Per questo come AIRETT non supportiamo in alcun modo raccolte di fondi per portare le bambine all’estero, ma facciamo il possibile perché le pazienti italiane possano essere seguite in Italia”.

L’obiettivo potrebbe essere creare delle equipes competenti in ogni regione, soprattutto in quelle dove la sindrome è meno conosciuta. “A volte si pensa che in Italia non esistano cose come la terapia cognitiva ma anche noi qui in Italia utilizziamo il comunicatore oculare, non serve andare oltreoceano. Non nego che anche io, quando mia figlia – affetta dalla Sindrome di Rett – era piccola sono andata all’estero. Ho speso molti soldi, ma volevo il meglio per mia figlia. Poi mi sono resa conto che la differenza tra noi e loro è che all’estero offrono un ‘pacchetto completo’: hanno centri specializzati dove tutto sembra più semplice. In Italia ci sono le stesse competenze, ma mancano i centri specializzati. Per questo – conclude Dovigo - stiamo ora sostenendo i centri di Siena, Milano e Genova, che da anni si occupano di Sindrome di Rett. Altri centri stanno  partendo ora, come ad esempio  il centro di Roma.  Il nostro obiettivo è di crearne ancora in alte città per poter essere di aiuto e sostegno alle famiglie e offrire sempre più competenza e professionalità.”

Per saperne di più sul metodo Lotan clicca qui.

 

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