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Si tratta di un momento particolarmente delicato per i disabili italiani gravi e gravissimi. A fronte dei continui tagli alla sanità le categorie più fragili sono quelle su cui la crisi sta pesando di più. Come nel caso delle persone affette da Sla – Sclerosi Laterale Amiotrofica- , le cui grandi necessità spesso non trovano riscontro nei servizi dati dalle  istituzioni. Le recenti proteste, coordinate dal Comitato 16 novembre onlus, hanno riportato all’attenzione la criticità delle condizioni in cui i disabili sono costretti a vivere: carico assistenziale totalmente gravante sulle famiglie, supporti economici minimi, servizi troppo diversi tra regioni, impossibilità di una vita serena e dignitosa.
Per tutti questi motivi il Comitato, fondato da Salvatore Usala e Alberto Damilano (entrambi affetti da SLA), chiede a gran voce che venga istituito un piano per la non autosufficienza, che prediliga nettamente la domiciliarità dei malati rispetto al ricovero in strutture residenziali.

Per raggiungere questo obiettivo il Comitato invita, attraverso le parole della vicepresidente Mariangela Lamanna, le altre associazioni al dialogo e alla riflessione.
“In Italia si è fatto molto per la ricerca, ma molto poco per i malati. Per questo invitiamo le associazioni ad ascoltare le famiglie italiane con disabili gravi e gravissimi, a capire che le loro esigenze sono quelle di essere aiutati a vivere una vita degna. Le famiglie che decidono di non lasciare i propri congiunti soli in una struttura residenziale devono farsi carico di tutto: assistenza, spese mediche, spese per l’igiene personale. Le famiglie italiane spendono cifre esorbitanti per l’assistenza e lo stato non prevede assegni di cura, se non in alcune regioni e con grande disparità tra regioni stesse”.

La onlus ha quindi proposto ufficialmente, ai ministri Balduzzi e Fornero, il proprio piano per la domiciliarità. Il progetto “restiamo a casa” prevede un piano di finanziamento diretto alle famiglie, che dovrebbero poi rendicontare allo Stato le spese effettuate.

Vorremmo che le associazioni Sla si interessassero insieme a noi di argomenti concreti. – conclude Lamanna - La ricerca va bene, è giusto farla, ma dobbiamo fare qualcosa per chi è ammalato ora.”

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