Nuova revisione Cochrane evidenzia il favorevole profilo rischio-beneficio del farmaco
Non sono molti i medicinali di nuova generazione che hanno avuto il successo che sta riscontrando everolimus, farmaco orfano adoperato con successo per trattare tumori neurendocrini di origine pancreatica, carcinomi renali resistenti al trattamento con sunitinib o sorafenib e alcune forme di astrocitoma subependimale a cellule giganti e angiomiolipoma renale associate alla sclerosi tuberosa.
La sclerosi tuberosa complessa è una malattia rara che insorge tipicamente con lesioni di tipo cutaneo, epilessia e ritardo mentale. In particolare, le lesioni cutanee sono diffuse nella stragrande maggioranza dei pazienti e sono spesso visibili già dalla nascita, a livello del tronco e degli arti. Il segno clinico più evidente della patologia sono gli angiofibromi del volto, che iniziano a manifestarsi intorno ai 3-4 anni d'età con l'aspetto di papule rossastre o violacee, presenti sulle guance o sul naso. Sulla fronte e sul tronco, invece, appaiono le cosiddette chiazze di zigrino, caratterizzate dalla superficie a buccia di arancia. Piuttosto frequenti nei pazienti con sclerosi tuberosa sono anche i tumori di Koenen, che si presentano in età più tarda come escrescenze dure, lisce e fastidiose. In più del 90% dei pazienti si osservano crisi epilettiche, in molti casi associate a ritardo mentale. A livello cerebrale possono verificarsi lesioni corticali, mentre a livello oculare non è infrequente notare la presenza di lesioni retiniche, sia nodulari che allungate.
La sclerosi tuberosa è una malattia sistemica che oltre a quelli elencati, interessa anche altri organi, quali cuore (rabdomiomi cardiaci), reni (angiomiolipomi renali) e apparato scheletrico. La diagnosi non è semplice e richiede il supporto di risonanza magnetica cerebrale, elettrocardiogramma ed ecografia cardiaca, di visita oculistica ed ecografia renale, per la conferma delle lesioni a carico dei vari organi. La patologia ha una modalità di trasmissione autosomica dominante e scaturisce dalle mutazioni che coinvolgono i geni TSC1 e TSC2, responsabili della proliferazione cellulare. Per tale motivo, è essenziale, una volta identificata la mutazione, procedere con una consulenza genetica.
Il trattamento verte principalmente sul ricorso alla terapia chirurgica e alla laserterapia per eliminare le lesioni della pelle, ma l'avvento degli analoghi della rapamicina ha già dimostrato in diversi studi clinici di poter fornire risultati di grande spessore. A questa categoria di medicinali appartiene proprio everolimus, farmaco immunosoppressore e antiangiogenetico che, nei vari trial clinici in cui è stato testato, ha evidenziato minimi effetti collaterali.
Per studiare l'efficacia di everolimus e di altri analoghi della rapamicina nel ridurre le dimensioni delle lesioni cutanee e le altre manifestazioni cliniche in pazienti con sclerosi tuberosa, un gruppo di ricercatori della Cochrane ha preso in esame 3 studi randomizzati e controllati contro placebo, nei quali gli analoghi della rapamicina fossero stati impiegati in pazienti con diagnosi confermata di sclerosi tuberosa. La revisione ha così coinvolto 263 soggetti, 175 in terapia con rapamicina o everolimus e 88 con placebo.
In base ai risultati dell'indagine, i due studi nei quali è stato usato everolimus hanno evidenziato un sensibile aumento dei casi nei quali la riduzione del volume delle masse tumorali è stata di almeno il 50%. Molti pazienti sono andati incontro ad una diminuzione di più del 50% delle dimensioni dell'angiomiolipoma renale e dell'astrocitoma subependimale a cellule giganti. Inoltre, è stata riscontrata una significativa evidenza clinica e statistica nella risposta al trattamento, traducibile in una notevole riduzione delle lesioni cutanee.
In uno dei due studi, sia nel braccio di trattamento con everolimus che in quello in cui è stato somministrato il placebo, è stato osservato lo stesso rischio di eventi avversi. In entrambi gli studi, nei partecipanti che hanno ricevuto il farmaco è stato maggiore il rischio di eventi avversi che hanno reso necessaria l'interruzione temporanea della terapia, la diminuzione del dosaggio o l'uscita del paziente dalla sperimentazione.
Nel terzo degli studi esaminati (28 partecipanti) è stato testato l'impiego topico di rapamicina per le lesioni cutanee da sclerosi tuberosa. E' stata riportata una tendenza di miglioramento percepita dai pazienti in merito all'aspetto della propria pelle, tendenza che, tuttavia, non è risultata significativa. Non è stato riscontrato alcun evento avverso grave correlato al prodotto di studio.
Nel complesso, i dati raccolti confermano l'impatto benefico e il profilo di sicurezza di everolimus e degli analoghi della rapamicina che, pertanto, si pongono come interessanti opzioni alternative al ricorso alla chirurgia. Secondo gli autori, tali risultati richiamano l'attenzione sulla necessità di aumentare gli studi clinici mirati a stabilire l'effetto della rapamicina e dei suoi analoghi sulle molteplici manifestazioni cliniche della sclerosi tuberosa, in particolare sulle lesioni cutanee tipiche della malattia.