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Un team statunitense di specialisti in pediatria guidato da Steven E. Lipshultz, direttore del Batchelor Children’s Research Institute presso la Miller School of Medicine (University of Miami), ha condotto una ricerca scientifica allo scopo di individuare e classificare gli innumerevoli fattori di rischio che contribuiscono a provocare la morte improvvisa di molti bambini affetti da cardiomiopatia ipertrofica (HCM). I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista medica The Lancet, forniscono un insieme di indicazioni utili in grado di aiutare gli specialisti a determinare la gravità della condizione dei giovani pazienti colpiti dalla malattia e l'eventuale necessità di sottoporli ad un tempestivo trapianto di cuore.

L'HCM è una malattia cardiaca cronica caratterizzata da una crescita anormale del muscolo cardiaco (miocardio) che comporta un eccessivo ispessimento delle pareti del cuore. A seguito di questo ispessimento, o ipertrofia, il cuore perde la capacità di pompare il sangue in modo efficace, con conseguenze che vanno dall'aritmia alla morte per arresto cardiaco improvviso.

L'HCM colpisce soprattutto gli adulti. La forma pediatrica di questa malattia, oltre ad essere piuttosto rara, costituisce una patologia assai difficile da trattare poiché non solo è caratterizzata da manifestazioni altamente variabili e da esiti molto incerti, ma in più del 75% dei casi non presenta cause note.

Lipshultz e il suo team hanno analizzato 1.085 casi di bambini affetti da HCM provenienti da 98 centri medici degli Stati Uniti e del Canada. Questi pazienti sono stati arruolati, dal 1990 al 2009, in un programma di studio, denominato Pediatric Cardiomyopathy Registry, che lo stesso Lipshultz ha fondato nel 1994 allo scopo di raccogliere quanti più dati possibili in merito alle varie forme di cardiomiopatia pediatrica.

Il materiale analizzato ha permesso di scoprire che i bambini affetti da HCM aventi meno di 1 anno d'età ed esposti a determinati fattori di rischio, sono molto più a rischio di morte rispetto ai pazienti più grandi, che nella maggior parte dei casi riescono a sopravvivere. Lo studio ha infatti mostrato che il 97% dei bambini a cui è stata diagnosticata la malattia dopo il 1° anno di vita, potrebbe essere sottoposto, con eccellenti risultati, ad un trattamento convenzionale che escluda il trapianto di cuore.

I fattori di rischio che intervengono a peggiorare la prognosi della cardiomiopatia ipertrofica pediatrica ed il tasso di sopravvivenza dei pazienti includono giovane età, scarso peso o basso indice di massa corporea, anormali misure ecocardiografiche, insufficienza cardiaca congestizia, cardiomiopatia dilatativa, cardiomiopatia restrittiva e malattie genetiche del metabolismo.

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