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La nuova metodica sembra limitare il verificarsi di falsi positivi

In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista specializzata Jornal de Pediatria sono stati analizzati e riportati gli esiti di un progetto pilota per lo screening neonatale dell'iperplasia congenita dei surreni (CAH) condotto nello Stato di Minas Gerais (Brasile) e seguito da un periodo di follow-up, della durata di tre anni, in cui i bambini risultati positivi allo screening sono stati sottoposti ad ulteriore monitoraggio clinico allo scopo di confermare o meno il responso del test. I dati dello studio sembrano dimostrare come la procedura messa in atto consenta di escludere eventuali falsi positivi e di ottenere una diagnosi più affidabile della malattia.

L'iperplasia congenita dei surreni (CAH) rappresenta una rara malattia endocrina ereditaria da deficit degli enzimi steroidogenici ed è caratterizzata da insufficienza surrenalica con segni variabili di iper o ipoandrogenismo, a seconda del tipo e della gravità della patologia.

La forma più frequente è costituita dalla CAH classica, dovuta a deficit dell'enzima 21-idrossilasi e comprendente la variante virilizzante semplice, in cui le femmine presentano alla nascita genitali ambigui, sviluppo vaginale alterato e diversi livelli di virilizzazione, e la variante con perdita di sale, che comporta disidratazione e ipotensione nelle prime settimane di vita e che può rivelarsi potenzialmente letale.

Altre forme più rare della malattia possono manifestarsi con ipertensione arteriosa, malformazioni craniofacciali e ambiguità sessuale sia nei maschi che nelle femmine. In circa il 95% dei casi, la CAH è causata da una mutazione nel gene CYP21A2, che codifica per un enzima che controlla il cortisolo e la produzione di aldosterone. Si stima che la prevalenza della patologia sia di circa 1/10.000.

Lo screening neonatale per l'iperplasia congenita dei surreni rappresenta un importante strumento utile a prevenire i gravi effetti provocati dalla malattia. Tuttavia, il verificarsi di risultati falsi positivi nei neonati prematuri o di basso peso determina spesso molteplici difficoltà diagnostiche, con conseguenti implicazioni negative in ambito terapeutico.

Nello studio in questione sono stati analizzati i dati ricavati dal progetto pilota di screening neonatale per la CAH realizzato nello Stato di Minas Gerais da settembre del 2007 a maggio del 2008. Durante questo periodo, quasi tutti i bambini nati nello Stato sono stati sottoposti ad un esame dei livelli di 17-idrossiprogesterone (17-OHP) effettuato tramite il metodo d'analisi immunologica denominato ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay). Dei 159.415 neonati coinvolti, 16 sono risultati affetti da CAH. Quindi, in base agli esiti di questa iniziale fase di screening, è stata determinata un'incidenza della forma classica della malattia pari a 1:9.963.

Tuttavia, dopo tre anni di visite di follow-up, a soltanto 8 dei 16 bambini risultati positivi allo screening è stata confermata la diagnosi iniziale, mentre gli altri 8 sono stati considerati falsi positivi. Pertanto, sulla base dei dati conclusivi di questo progetto pilota, nello Stato di Minas Gerais è stata stimata un'incidenza della forma classica di CAH pari a 1:19.927. Inoltre, degli 8 bambini malati di CAH, 2 sono risultati affetti dalla forma virilizzante semplice e 6 da quella con perdita di sali.

Gli esiti dello studio sembrano confermare come lo screening neonatale per la CAH rappresenti una procedura essenziale per identificare precocemente i bambini affetti da una malattia che rimane spesso sottodiagnosticata, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo come il Brasile. Tuttavia, i dati ricavati da questa ricerca sembrano anche dimostrare che sottoporre i neonati risultati positivi allo screening ad un successivo monitoraggio clinico a lungo termine sia di fondamentale importanza per assicurare una corretta diagnosi della CAH e per calcolare in modo affidabile il tasso di incidenza della patologia.

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