La dermoabrasione a 15 giorni di vita, gli interventi di espansione cutanea, il supporto psicologico: cosa significa convivere con un'estesa macchia scura sul corpo
PALERMO – Anna ha 13 anni, e da quando è nata convive con una grossa macchia scura che si estende su viso, cranio, orecchio, collo, mento, petto, dorso e parte del braccio. Altri nei più piccoli, i cosiddetti “satelliti”, le ricoprono la schiena e le gambe. È il nevo melanocitico congenito gigante, una rara malformazione cutanea che, oltre a comportare un grave danno estetico, presenta anche un rischio di insorgenza di melanoma più alto rispetto alla popolazione generale.
“Quando Anna è nata – ricorda la mamma – fortunatamente era presente un nostro amico dermatologo e ha fatto subito la diagnosi. Il nevo non si può vedere dagli esami prenatali, e la sua causa non è nota, anche perché non sono ancora stati portati avanti degli studi approfonditi”. Non sembra però avere caratteristiche ereditarie: i genitori di Anna non hanno nei particolarmente estesi.
A 15 giorni di vita Anna è stata sottoposta a dermoabrasione presso il reparto di chirurgia plastica dell'ospedale Bambino Gesù di Roma: una tecnica ormai abbandonata dagli specialisti a causa dei gravi rischi perioperatori in rapporto ai risultati ottenuti. “Ci è stato indicato di sottoporre Anna a questo trattamento, con lo scopo di eliminare quante più cellule melaniche, per una volta al mese fino ai sei mesi di età, ma la pelle quasi subito si è ripigmentata e riempita di peli”.
Così, anni dopo, Anna ha affrontato un altro tipo di trattamento, che sembra essere l'unico risolutivo: l'espansione cutanea. “In due anni ha subito sette interventi chirurgici, per l’inserimento di tre espansori cutanei al viso e due sul dorso: significa ogni volta portare per due o tre mesi un palloncino (l'espansore) sotto la pelle, e alla rimozione del neo restano comunque vistose cicatrici”, racconta la madre.
“Ora Anna ha deciso di non fare altri interventi: continua a sottoporsi a controlli periodici, si espone con cautela al sole e cerca di vivere con normalità la sua età di adolescente. Anna ha accettato i suoi nei. Sin da quando aveva tre anni, sia lei che noi genitori, abbiamo seguito un percorso di sostegno psicologico”.
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