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Paola Giordano e Giuseppe Lassandro

Serve corresponsabilità per garantire ai bambini con ITP un percorso di formazione adeguato: a spiegarlo la prof.ssa Paola Giordano e il dott. Giuseppe Lassandro (Bari)

Una discreta parte della malattie - specialmente quelle rare - si caratterizza per la carenza o la totale mancanza di un enzima o di una proteina, con conseguenze che possono essere devastanti per l’organismo. Nel caso della trombocitopenia immune (ITP), ad essere insufficiente è il numero delle piastrine circolanti, un fattore che può essere causa di emorragie anche gravi e che attribuisce una connotazione di fragilità agli individui affetti dalla patologia: il basso livello delle piastrine rende queste persone indifese di fronte ai traumi, per cui, se ad essere ammalati sono i bambini, la sensazione di cagionevolezza aumenta ancor di più. In aggiunta a ciò, il momento di incertezza che stiamo a vivendo a causa della pandemia di COVID-19 rende più tangibile la loro condizione di precarietà.

In questo periodo, infatti, la prima preoccupazione di molti genitori di bambini con ITP è se la malattia renda i loro figli più esposti all’infezione da SARS-CoV-2. Tendenzialmente, il paziente con ITP non presenta una particolare suscettibilità al COVID-19, ma le conseguenze sociali della malattia possono avere un impatto non trascurabile, specialmente sugli adolescenti e sui bambini.

I BAMBINI CON ITP E LA SCUOLA

“La pandemia di COVID-19 ha rafforzato il concetto di corresponsabilità”, spiegano la prof.ssa Paola Giordano e il dott. Giuseppe Lassandro, specialisti in ematologia pediatrica presso la Clinica Universitaria Pediatrica “B. Trambusti” dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico Giovanni XXIII di Bari. “Qualsiasi infezione virale potrebbe determinare una riduzione della conta piastrinica. Pertanto, la prevenzione del contagio attraverso l’uso della mascherina, l’igiene delle mani e il distanziamento sociale, resta l’arma vincente per non interrompere la frequenza scolastica nei soggetti con ITP”.

È dunque importante che le scuole rimangano aperte mediante l’adozione di protocolli sicuri, grazie a cui i bambini possano accedere alla frequentazione scolastica. “Si sente spesso dire che ‘il bambino non è un piccolo uomo’, intendendo che i bambini si differenziano dagli adulti non solo per i dati antropometrici (tra cui peso ed altezza) ma, soprattutto, per le tappe dello sviluppo psicomotorio tipiche di ogni età”, precisa la prof.ssa Giordano. “Infatti, ogni bambino presenta caratteristiche peculiari a seconda che sia un neonato (0-30 giorni), un lattante (1-6 mesi), un infante (6 mesi - 6 anni), un fanciullo (6-12 anni) o un adolescente (12-18 anni). Il nucleo familiare è indispensabile fino ai 6 anni per garantire l’acquisizione delle competenze cognitive, linguistiche e motorie; dopo i 6 anni, la maturazione del bambino passa attraverso la frequenza delle comunità. Pertanto, la comunità scolastica non deve essere vista come un contenitore esclusivo di nozioni, bensì come un’esperienza composta da relazioni, scoperte e anche fallimenti che conducono alla vita adulta. La scuola, dunque, è un diritto irrinunciabile per i bambini”.

Fortunatamente, la ITP pediatrica, anche nelle forme clinicamente più severe, è una malattia che può essere controllata tramite adeguati trattamenti farmacologici. Questa patologia, quindi, non rende impossibile la frequenza scolastica, che deve anzi essere facilitata. “La parola chiave per vivere serenamente la frequenza scolastica è dunque la corresponsabilità”, aggiunge il dott. Lassandro. “La corresponsabilità deve declinarsi come un processo virtuoso tra bambino, caregiver, medico e insegnante. Nella fase acuta della ITP, il ruolo del medico deve essere quello di confortare la famiglia sul basso rischio di eventi traumatici, e conseguentemente emorragici, nella comunità scolastica. L’insegnante, invece, deve essere edotto sui segnali di allarme per un possibile sanguinamento e deve conoscere la catena dell’emergenza da avviare. Nella fase cronica, invece, vivere la quotidianità con i propri coetanei permette ai bambini con ITP di non sentirsi ‘diversi’ e di inquadrare la malattia come un singolo aspetto della vita, piuttosto che l’unico”.

La corresponsabilità implica un confronto tra tutte le parti in causa: il modo migliore per renderla operativa è che genitori, insegnanti e medici si interfaccino per creare un percorso scolastico che sia idoneo per il singolo bambino, e che può anche essere differente per bambini che, pur avendo le medesime condizioni cliniche, si trovino in contesti diversi. “Tramite il Decreto del Ministero dell’Istruzione n.80 del 03 agosto 2020, le scuole si sono già dotate di percorsi che garantiscono l’igiene”, precisa Lassandro. “La corresponsabilità deve prevedere che famiglia e medico si accertino che i protocolli vengano rispettati”.

IL RUOLO DELLA DIDATTICA A DISTANZA

Le istituzioni scolastiche (e non solo) devono poter offrire ai bambini gli strumenti adeguati durante tutto il cammino di formazione, anche nel momento in cui questo, per ragioni di salute, debba essere svolto a distanza. “La didattica a distanza, seppur non sia la risposta definitiva alla pandemia, è una nuova risorsa per i bambini con ITP che talora sono ospedalizzati per le cure o per il follow-up”, sottolinea Giordano. “La corresponsabilità del medico e dell’intero sistema sanitario deve far sì che in ospedale vi siano gli strumenti per la didattica a distanza, come rete wi-fi e computer portatili. Una Circolare del Ministero della Salute del 4 settembre 2020, con particolare riguardo ai lavoratori e alle lavoratrici ‘fragili’, chiarisce che “il concetto di fragilità va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico”. Ciò significa che un bambino con ITP non è sic et simpliciter una persona fragile obbligata alla didattica a distanza”.

Poiché la trombocitopenia immune è una patologia acquisita, la condizione di fragilità deve essere definita in maniera dinamica, valutando ogni singolo bambino per quelle che sono le sue condizioni cliniche, ma anche per quelle che sono le sue risorse di benessere, tra cui il contesto familiare, le opzioni terapeutiche e la seda scolastica di frequenza. Questo significa poter offrire ai bambini con ITP tutto il supporto possibile per svolgere con serenità il loro percorso scolastico.

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