Recentemente sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati di due studi, denominati GEMINI I e GEMINI II, in cui il farmaco vedolizumab è stato sperimentato per il trattamento della colite ulcerosa (CU) e della malattia di Crohn (MC), mostrando risultati incoraggianti.
Queste due patologie, le cui cause esatte sono tuttora sconosciute e per cui attualmente non esistono terapie risolutive, rappresentano le forme più comuni di malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI).

La colite ulcerosa è caratterizzata dall'infiammazione dei tratti intestinali del colon e del retto, e si manifesta con dolori addominali, urgenza alla defecazione, diarrea e sanguinamento rettale. La CU esordisce più frequentemente durante una fascia d'età compresa tra 20 e 35 anni, e la gravità dei sintomi è piuttosto variabile.

La malattia di Crohn consiste nella profonda infiammazione della parete intestinale, e si presenta con dissenteria, dolori addominali, perdita di peso e altri sintomi non legati all'apparato digestivo, come febbre, lesioni aftose, artralgie, eritema nodoso.

Vedolizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che colpisce selettivamente l'integrina ?4?7 (integrina alfa-4-beta-7), una proteina presente sulla superficie di un sottogruppo di leucociti. Bloccando l'integrina ?4?7 , il farmaco impedisce il trasporto dei leucociti nella parete intestinale con la circolazione sanguigna, riducendo l'infiammazione nell'intestino e migliorando i sintomi da MICI.
Inoltre, dato che vedolizumab agisce specificamente sull'integrina ?4?7 , è in grado di non compromettere il traffico dei leuciti ?4?1 nel sistema nervoso centrale, riducendo il rischio di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) e dimostrandosi potenzialmente meglio tollerabile rispetto ad altri agenti biologici.

Studio clinico GEMINI I

In questa sperimentazione, vedolizumab è stato somministrato ad un gruppo di 895 pazienti affetti da colite ulcerosa, che non avevano precedentemente risposto alle tradizionali terapie a base di corticosteroidi, tiopurine o inibitori del TNF?.

Di questi partecipanti, 373 hanno risposto all'iniziale terapia d'induzione e sono stati quindi randomizzati al trattamento con placebo o vedolizumab per un ulteriore periodo, fino ad una durata complessiva dello studio di 52 settimane.

Il 44,8% dei soggetti trattati mediante vedolizumab ogni 4 settimane e il 41,8% di quelli trattati ogni 8 settimane ha raggiunto la remissione clinica, mentre soltanto il 15,9% dei pazienti a cui è stato somministrato il placebo ha potuto ottenere lo stesso risultato.

Inoltre, la frequenza degli eventi avversi, anche gravi, è stata simile in tutti i gruppi di trattamento.

Studio clinico GEMINI II

Nello studio sono stati coinvolti 1.115 individui affetti da malattia di Crohn e già sottoposti senza successo alle tradizionali terapie.

I pazienti che hanno risposto alla fase di induzione dello studio, effettuata mediante un'iniziale somministrazione di vedolizumab, hanno continuato con la terapia di mantenimento, condotta con lo stesso vedolizumab o con placebo.

Al termine delle 52 settimane di studio, il 39% dei soggetti trattati con vedolizumab ogni 8 settimane e il 36,4% di quelli trattati ogni 4 settimane è stato in grado di raggiungere la remissione clinica. Dei pazienti sottoposti a terapia di mantenimento mediante placebo, soltanto il 21,6% è riuscito ad ottenere tale risultato.

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