Cardiopatie, le storie di Piccoli Grandi Cuori

Tante le storie in prima persona pubblicate sul sito dell’associazione Piccoli Grandi Cuori, a testimonianza della volontà di non arrendersi alla malattia

Da quando è nato, Emanuele ha trascorso quasi 600 giorni in ospedale e oggi è in attesa di un trapianto cardiaco. Ha una diagnosi di ventricolo unico, con trasposizione dei grandi vasi, e nei suoi 37 anni di vita si è sottoposto a 6 interventi a cuore aperto, 14 cateterismi, 4 pacemaker e un’operazione Fontan (intervento chirurgico complesso, che consiste nel reindirizzare il flusso sanguigno venoso direttamente alle arterie polmonari, bypassando il cuore), che all’epoca si faceva dalla scapola. La sua storia, accanto a quella di altri pazienti con cardiopatie congenite, è stata pubblicata sul sito dell’associazione Piccoli Grandi Cuori, nata nel 1997 per volontà di un gruppo di genitori che si erano conosciuti nel Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Investigatore privato, bolognese, Emanuele frequenta fin dall’infanzia il reparto: “Lì dentro feci l’ultimo intervento a cuore aperto e la sera prima mi concessero di mangiare i tortelloni ripieni di ricotta di mia nonna, li prepararono nel cucinino. Avevo 9 anni, dopo i tortelloni mangiai ben 3 fette di salame. E oggi sono ancora qua”.

Piccoli Grandi Cuori: intervista a Paola Montanari

Supporto psicologico, uno sportello socio-assistenziale e sei appartamenti dedicati all’ospitalità delle famiglie sono solo una parte dei servizi messi a disposizione dalla Onlus

Ogni anno in Italia 4mila bambini nascono con una cardiopatia congenita: una patologia che colpisce circa un neonato su 100 e rappresenta il 40% di tutte le malformazioni neonatali. Bambini che, fino ad alcuni anni fa, non sopravvivevano all’infanzia, ma che oggi, fortunatamente, arrivano all’età adulta grazie ai continui progressi della cardiologia e della cardiochirurgia pediatrica. Attualmente le stime parlano di oltre 100mila cardiopatici congeniti adulti che vivono nel nostro Paese: “Una nuova popolazione di persone che la società non conosce adeguatamente e che quindi non è preparata ad accogliere”, commenta Paola Montanari, presidente dell’associazione Piccoli Grandi Cuori, nata nel lontano 1997 a Bologna da un gruppo di mamme e papà per accompagnare le persone con cardiopatie congenite e le loro famiglie dalla diagnosi all’intero percorso di cura attraverso servizi di supporto psicologico, socio-assistenziali e di assistenza.

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Per garantire il trattamento serve un grande lavoro di squadra, che coinvolge donatori di plasma, medici, istituzioni e industria farmaceutica

Nicolò in questi giorni è a casa sua, a Lecce, con la mamma Federica. Dovrebbe essere una cosa normale per un bimbo di appena 2 anni e mezzo, ma per lui le cose sono state complicate fin da prima di nascere. Già durante la gestazione, infatti, nel feto viene rilevata una malformazione di Dandy-Walker con grave idrocefalo, da cui la necessità di far nascere il bambino al Policlinico Gemelli di Roma e sottoporlo subito ad un primo intervento neurochirurgico. Ma nel giro di poco tempo è stato chiaro che le cose erano ancora più complesse: gli interventi non davano i risultati sperati e i medici non sapevano spiegarsi il motivo. La svolta è arrivata quando, grazie ad una serie di ‘sintomi sentinella’, i medici hanno formulato e poi confermato la diagnosi di una rarissima malattia: il deficit congenito del plasminogeno. 

Ilaria Cucchi - Demenza frontotemporale

La malattia del padre, la diagnosi tardiva, lo smarrimento e poi l’incontro con l’associazione: “Raccontare è il primo passo per aprire porte che altrimenti resterebbero chiuse”

“Sono convinta che il dolore possa fare talmente male da farci ammalare e, a volte, anche a morire. E posso dire che, in quanto a dolore, la mia famiglia ne sa così tanto che potrebbe scriverci su un manuale”. Parte da lontano la senatrice Ilaria Cucchi, da quelle vicende che hanno messo lei e la sua famiglia al centro di una lunga e triste storia italiana, nel raccontare la difficile patologia che ha colpito suo padre Giovanni: la demenza frontotemporale (FTD)a cui negli scorsi giorni ha voluto dedicare un incontro in Senato, chiamando a raccolta la comunità scientifica, la società civile e le istituzioni.

Boccia paralimpica

È in corso in questi giorni a Olbia il World Boccia Challenger. Vincenzo Santucci (FIB): “La disciplina si adatta alle capacità residue degli atleti”

È lo sport più inclusivo del mondo paralimpico, quello davvero aperto a tutti, soprattutto a chi ha una disabilità grave o gravissima. Introdotta per la prima volta ai Giochi di Los Angeles 1984, in Italia la boccia paralimpica è al centro di un movimento in forte crescita, con oltre 300 atleti tesserati e 81 società diffuse su tutto il territorio nazionale e federate alla FIB, la Federazione Italiana Bocce, riconosciuta dal Comitato Italiano Paralimpico. “E proprio questo sport sarà protagonista, dal 30 settembre fino al 6 ottobre, del World Boccia Challenger di Olbia, una kermesse internazionale che vede oltre 20 Nazioni e circa 100 atleti impegnati”, spiega il responsabile nazionale dell'attività paralimpica della FIB, Vincenzo Santucci. “Quest’anno abbiamo fatto un’ottima stagione e siamo arrivati a un passo dalle Paralimpiadi di Parigi, dove però non siamo riusciti a partecipare, ora puntiamo ai Giochi di Los Angeles 2028”.

Malattie rare - la storia di Jordan

Solide competenze di genetica, tecnologie di ultima generazione e molto lavoro di squadra: le tre carte vincenti per un successo diagnostico made in USA

Jordan era una bambina apparentemente in salute e vivace ma sempre troppo piccola per la sua età. I genitori le davano regolarmente da mangiare, scegliendo alimenti sani, sostanziosi ed energetici, ma la bambina non cresceva di peso. Preoccupati la portarono dalla pediatra che, nel corso del tempo, la sottopose a visite regolari richiedendo l’esecuzione di alcuni esami, ma senza venire a capo del motivo per cui non riuscisse a prendere peso e rientrare negli intervalli di normalità stabiliti. La scoperta del motivo per cui Jordan non cresceva è stato il primo successo del team di medici e biologi della Undiagnosed Rare Disease Clinic (URDC) dell’Università dell’Indiana (USA), coordinato dalla dottoressa Erin Conboy e dal dottor Francesco Vetrini. Una vera e propria squadra di “investigatori del DNA”.

Delezione del braccio corto del cromosoma 2 - storia di Vincenzo

L’appello di Eleonora e Nino, genitori di un bimbo con una malattia talmente rara che in letteratura si conoscono solo due casi simili

Quando Vincenzo aveva un mese e mezzo sapevamo che aveva una malattia rarissima, ma non sapevamo quasi nulla di lui. I medici non riuscivano a dirci se avrebbe parlato e camminato, se avrebbe sviluppato un ritardo cognitivo e quali problematiche cliniche si sarebbero presentate. Ci avevano detto che esistevano solo due casi simili al suo in letteratura medica, ma non era possibile risalire a loro. Che bambino sarebbe diventato lo abbiamo dovuto scoprire vivendo”. Eleonora e Nino sono i genitori di Vincenzo, un bimbo che oggi ha 3 anni e mezzo e si appresta a frequentare la scuola materna.

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