DNA

Il bimbo ha 4 anni: per via della sua patologia genetica, è affetto anche da una grave forma di emofilia A

“Ciao a tutti, sono la mamma di Jacopo, 4 anni. Alla nascita gli è stata diagnosticata una grave forma di emofilia. Da lì è iniziato subito il nostro calvario per via delle emorragie, poi il pediatra ha cominciato a parlare anche di ipotonia e macrocefalia, ed ecco che sono iniziate ulteriori ospedalizzazioni, le visite, le risonanze magnetiche e, infine, gli esami genetici, che hanno portato alla diagnosi: una delezione del cromosoma X a livello della banda q28 (geni mancanti: FUNDC2, MTCP1NB, MTCP1, BRCC3, VBP1, F8, RAB39B, CLIC2). Di Jacopo sappiamo che il coinvolgimento del gene F8 lo ha portato a non coagulare il sangue, causandogli l’emofilia: per fortuna, per questa specifica patologia la ricerca ha fatto tantissimo, ma per il resto brancoliamo nel buio. Non sappiamo cosa aspettarci e ci piacerebbe sapere se al mondo qualcuno abbia una delezione simile”. È questo l’appello che mamma Katia pubblica da tempo sui social network, nella speranza di trovare qualcuno che abbia la stessa mutazione genetica di suo figlio, appello che, purtroppo, non ha ancora trovato risposta.

cromosoma

Anche Sofia, due anni, è affetta dalla patologia: i genitori cercano altre famiglie che si trovano ad affrontare questo tipo di condizione 

Milano – Solo 1.660 grammi: era questo il peso alla nascita di Sofia, venuta al mondo prematura, alla 33esima settimana, con un parto d'urgenza. La neonatologa notò subito delle anomalie nella sua fisionomia: la statura piccola, così come le dimensioni della testa, gli occhi sporgenti e la lingua un po' più lunga del normale; la piccola, inoltre, aveva difficoltà a nutrirsi e presentava frequenti episodi di agitazione psicomotoria.

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Madre di Sofia, affetta da sindrome di Rett, e di Bruno, guarito da un medulloblastoma, la donna è stata tra i protagonisti della seconda edizione di “TheRARESide”

Noi caregiver familiari, genitori di bambini con una patologia, non siamo eroi. Io non mi sento un’eroina, ma facciamo cose eroiche, questo sì”. È questo il messaggio lanciato da Mariangela Tarì, la protagonista della prima puntata della seconda edizione di “TheRARESide”, il social talk di OMaR dedicato alle malattie rare.

Infermiere

A causa di malformazioni cerebrali, Giulia ha due forme di diabete che però non rientrano tra le disabilità gravissime. La madre Lucia: “Occorre aggiornare il decreto del 2016”

Per le persone con patologie rare il tempo rischia di essere il peggiore dei nemici. Ed è proprio questa la ragione per cui la signora Lucia Sellitti, madre di Giulia, una giovane donna di quasi 31 anni che vive con i suoi genitori nel comune lombardo di Muggiò, in provincia di Monza Brianza, ha deciso di raccontare la sua situazione a OMaR, nella speranza di vincere quella che ormai vive come una corsa contro il tempo. “Giulia è affetta da due malformazioni cerebrali rare, agenesia del corpo calloso e oloprosencefalia, che toccano ipofisi e ipotalamo e che le hanno ‘regalato’ l’altrettanto raro diabete insipido adipsico centrale e il diabete mellito di tipo 2: il risultato è una disabilità fisica e cognitiva molto complessa, che pone mia figlia costantemente in pericolo di vita”, racconta Lucia. “Eppure queste due forme di diabete non rientrano nell’elenco delle disabilità gravissime stilato dalla Ministra Lorenzin”. 

Margherita

“Ci sono voluti 25 anni di sofferenza per ottenere una diagnosi e una terapia, non voglio che questo accada più a nessuno”

Spesso è più facile raccontare le storie degli altri, piuttosto che la propria. Per anni, per me è stato così: sono giornalista e da ormai 8 anni raccolgo le testimonianze di chi convive quotidianamente con una malattia rara, ma non ho mai parlato pubblicamente della mia. Forse per pudore, o per una sorta di ‘vergogna’, perché ho sempre avuto paura di poter risultare ripugnante agli occhi degli altri. Penso però che sia arrivato il momento di fare “outing”: lo farò senza filtri, perché tutti i giorni vengo a sapere di persone che arrivano alla diagnosi dopo mille peripezie, dopo anni sprecati a fare esami inutili, e che vengono prese per ‘pazze’ quando non lo sono. Proprio come me: io ci ho messo 25 lunghi anni per ricevere la diagnosi di sindrome del vomito ciclico (CVS).

Yuliya con il Prof. Michele D'Alto

La giovane, affetta da ipertensione arteriosa polmonare, è stata presa in carico presso l’Ospedale Monaldi di Napoli dopo il suo arrivo dall'Ucraina

Yuliya è molto giovane, parla un po’ di inglese, ma mi chiede di poter usare il traduttore, perché ha paura che le parole giuste non le vengano in mente. La raggiungo con Zoom, è ancora a Kiev. Da giorni passa le sue giornate nel seminterrato, stanno bombardando. Lei vuole raccontarmi cosa vuol dire vivere sotto le bombe. Sorride, quando le chiedo come sta mi risponde “Bene”. Sorride, e sospira. “Devo prendere le medicine 3 o 4 volte al giorno, ma a breve non ne avrò più. Oggi voglio provare a lasciare la città, voglio andare verso il confine, forse andrò in Slovenia, ancora non lo so. Qui ho il mio lavoro, ma ora tutto si è fermato. Io sono sola qui, la mia famiglia sta in un piccolo paese, loro al momento sono al sicuro. La mia associazione mi ha dato una lista di centri clinici in Europa, ma ancora davvero non so. Io ho del denaro, prenderò un treno, è la via più sicura per arrivare il confine. Mi piacerebbe venire in Italia, ho visto diversi paesi…chissà.”

Cromosoma

La famiglia cerca altri casi in Italia, i sintomi sono malrotazione intestinale e disabilità intellettiva. q12-q14 delection in chromosome 6, looking for other families

“La mia è stata una gravidanza normale fino alla trentaduesima settimana, quando è stata riscontrata una circonferenza addominale fetale al 3° percentile e un flusso dell’arteria ombelicale a tratti alterato. Anomalia apparentemente inspiegabile, vista la normale funzionalità placentare. Tuttavia, Giacomo è nato alla trentasettesima settimana: 2735 gr di peso, 50 cm di lunghezza, con un punteggio Apgar eccellente: 10 su 10, che indicava un ottimo stato di salute. Sembrava dunque che tutto fosse andato per il meglio, ma a sole venti ore dalla nascita, la situazione è improvvisamente mutata. Un violento episodio di vomito biliare ha determinato il suo trasferimento, prima in patologia neonatale, poi in terapia intensiva all’Ospedale di Bergamo, dove è arrivato in condizioni estremamente critiche, praticamente in fin di vita, in grave scompenso cardiaco e sofferenza multiorgano.” Sono le parole che Michela (nome di fantasia, come quello di Giacomo) ha usato per raccontare a Osservatorio Malattie Rare l’inizio di una lunga avventura, che le ha permesso di dare un nome alla sindrome di suo figlio solo dopo molti lunghissimi mesi, durante i quali la sua famiglia ha dovuto affrontare delle prove estenuanti.

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