Emanuele Lambertini - campione paralimpico

Per ora si dedica allo sport ma ha un sogno nel cassetto: “Da grande voglio progettare protesi”

Accade, a volte, che la soluzione B si riveli quella vincente. È stato sicuramente così per Emanuele Lambertini, giovane promessa della scherma paralimpica, campione italiano in carica nella spada individuale e nel 2023 anche campione del mondo nel fioretto individuale. Classe 1999, residente a San Giovanni in Persiceto vicino Bologna, oggi Emanuele gareggia nella categoria amputazione sopra il ginocchio e la vita sembra premiare l’ottimismo e il buon umore che lo contraddistingue, tanto che il suo motto è: “Non è disabile chi non può camminare, ma chi non può sorridere”. Non è stato però sempre così, la serenità per lui ha avuto un prezzo alto che ha scelto di pagare. “Sono nato con una rarissima malformazione vascolare alla gamba destra, degenerata negli anni”, racconta a OMaR. “I miei primi anni di vita sono stati molto difficili. La gamba rischiava continuamente di andare in cancrena, venivo sottoposto a continue embolizzazioni per chiudere i vasi sanguigni e indirizzare il sangue verso il piede. È stato un vero calvario”.

Il piccolo Timofi con i medici di Bologna

Grazie alla collaborazione tra Policlinico Sant’Orsola, Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e Associazione Mitocon, per il piccolo Timofi c’è oggi una speranza di salvezza

Bologna – Timofi ha sette mesi ed è affetto da una malattia mitocondriale. È nato in Ucraina e la sua mamma lo ha portato in Italia per tentare di salvargli la vita: a Bologna, all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, è stato accolto dai professionisti della Neuropsichiatria dell’età Pediatrica dell’IRCCS Istituto di Scienze Neurologiche, e verrà trattato con una terapia sperimentale. Una storia di speranza ma soprattutto di solidarietà e collaborazione, in particolare tra il Policlinico di Sant’Orsola, l’Istituto di Scienze Neurologiche e l’associazione Mitocon-Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali.

Ilaria

Dal ricordo di mamma Rita scaturiscono la grinta e la voglia di vivere di una ragazza che non ha mai abbassato la testa di fronte al cancro

Un caso su centomila: è questo il rapporto di probabilità che Rita si è sentita riportare dal medico mentre le descriveva il raro sarcoma da cui era stata colpita la figlia Ilaria. In realtà, questa proporzione può essere riferita anche a Ilaria stessa che, nella sua dura battaglia contro il cancro, condivisa con le altre ragazze del gruppo Instagram delle “Susine Pelate, ha dimostrato, con la sua tenacia, di essere ‘una su centomila’. Infatti, le vite di queste cinque giovani e il loro esempio hanno trasmesso, e continuano a trasmettere, forza a quanti si imbattano nella loro storia: leggendo i post del gruppo è possibile fare la loro conoscenza e, tramite le loro stesse parole, percepire la forza che nasce dalla fragilità e l’entusiasmo per la vita anche nei momenti più dolorosi. È questo il raro e prezioso tesoro che i loro vissuti ci consegnano.

Bambino

Tutto comincia con la richiesta di aiuto a OMaR: da lì in poi entra in campo uno straordinario network che coinvolge Associazione Kim, Ospedale Bambino Gesù e Ocularistica Italiana

C’è un sottile filo rosso che collega le vite di Paolo Modugno, elettricista su un sommergibile della Marina Militare italiana durante la Prima Guerra Mondiale, e di Mouhamed, un bambino senegalese di poco meno di un anno di vita, affetto da una rara sindrome malformativa dell’occhio che lo ha privato fin dalla nascita dei globi oculari. Pur nati a oltre cento anni di distanza e in Paesi diversi, hanno qualcosa in comune: il piccolo Mouhamed difficilmente avrebbe avuto accesso a cure e assistenza se l’unità dove Paolo era imbarcato non fosse stata silurata e lui stesso non fosse caduto in mano al nemico. Potrebbe sembrare una storia segnata dal cosiddetto “effetto farfalla”, per il quale un minuscolo battito d’ali in un emisfero scatena una sequenza di eventi che innescano fenomeni di proporzione sempre più ampia nell’altro emisfero. In effetti, se si mettono insieme tutti i protagonisti di questa vicenda è proprio così che è andata.

bambina di pietra

Dopo anni di ricerche, uno studio coordinato dall'Università di Pavia ha permesso di identificare l’anomalia cromosomica alla base della patologia della piccola

Succede spesso che per ricevere una diagnosi di malattia rara alcune persone devono attendere anni, ma ci sono anche dei casi in cui, purtroppo, la diagnosi arriva dopo la morte del paziente. Questo è ciò che è accaduto alla piccola Beatrice Naso, Bea, deceduta nel 2018, a soli 8 anni, a causa di una patologia mai identificata, almeno fino ad oggi: uno studio internazionale, guidato dall'Università di Pavia e pubblicato su Nature Communication, ha infatti permesso di individuare la causa della sua malattia.

dolore

La testimonianza della ragazza: “Fin dal primo ciclo di trattamento ho immediatamente notato incredibili miglioramenti” 

Cagliari – La comparsa di sintomi dolorosi e inspiegabili, un lungo calvario fatto di visite ed esami alla ricerca di una diagnosi e, infine, una volta identificata la patologia la difficoltà di trovare un medico in grado di curarla: fra la storia di Cecilia, che abbiamo raccontato nel 2019, e quella di Asia, ci sono molti punti in comune. Non ultimo, che entrambe le ragazze sono riuscite a individuare la malattia di cui soffrono – la vulvodinia – non grazie al loro ginecologo ma trovando informazioni su internet, in uno dei forum e delle community gestite dalle associazioni dedicate a questa condizione. Eppure la vulvodinia è tutt'altro che rara: colpisce circa il 15% delle giovani donne.

Christian, 15 anni, affetto da sindrome NEDAMSS

Deterioramento cognitivo, disordini del movimento, perdita del linguaggio e crisi epilettiche: sono i sintomi principali di questa patologia, che conta circa 100 casi nel mondo

Serena ha 47 anni, Mattia 34, Alessia 22, Christian 15, e i più piccoli sono Aurora e Tommaso, 10 anni. Detengono il triste primato di essere i primi in Italia ad essere stati colpiti da una malattia rarissima: circa 100 casi in tutto il mondo. Il suo nome è NEDAMSS, acronimo inglese che descrive i sintomi tipici di questo disturbo del neurosviluppo: deterioramento cognitivo, disordini del movimento, perdita del linguaggio e crisi epilettiche. La causa di questa condizione autosomica dominante, scoperta solo nel 2018, è una mutazione nel gene chiamato IRF2BPL.

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