Sertralina, finasteride e la sindrome post-sospensione: la testimonianza di chi ha perso sé stesso senza saperlo e senza potersi difendere
Gli antidepressivi della famiglia degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) hanno rappresentato una svolta nella psichiatria moderna. Hanno salvato vite, arginato depressioni profonde, contenuto crisi. La finasteride, invece, è un farmaco che viene impiegato nel trattamento dell’alopecia androgenica maschile e dell’ipertrofia prostatica benigna. Ma in questa narrazione di efficacia si apre una crepa spesso ignorata: quella degli effetti collaterali invisibili, difficili da raccontare e ancora più difficili da riconoscere e far riconoscere dal medico. Fra questi, le disfunzioni sessuali, i disturbi psichiatrici e una forma sottile ma devastante di anestesia emotiva, spesso persistenti anche dopo la sospensione. Per molti pazienti, ciò non significa solo meno desiderio: significa smettere di provare emozioni, smettere di amare, smettere di vivere con pienezza la propria vita e “vedere tutto nero”. La testimonianza di Andrea (nome di fantasia), che a causa degli effetti collaterali associati all’assunzione di sertralina e finasteride ha vissuto buona parte della sua vita in una sorta di bolla in cui indifferenza ed “emotional blunting” hanno segnato la sua quotidianità.
LA ZONA GRIGIA DEGLI EFFETTI AVVERSI
Le disfunzioni sessuali da farmaci rappresentano un effetto collaterale tanto comune quanto sottovalutato, in particolare nel caso degli antidepressivi SSRI come la sertralina (ne avevamo già parlato qui). Questi farmaci, pur essendo spesso efficaci nel trattare i sintomi depressivi e ansiosi, interferiscono in modo significativo con la funzione sessuale in una percentuale elevata di pazienti: i pochi studi scientifici fatti finora in questo ambito riportano tassi che variano dal 30% al 70%, ma le segnalazioni reali potrebbero essere ancora più alte, considerando la tendenza a non riferire questi effetti per imbarazzo o rassegnazione. Le manifestazioni più comuni includono calo del desiderio sessuale (libido), riduzione di sensibilità a livello genitale, difficoltà nell’eccitazione, ritardo o assenza dell’orgasmo, disfunzione erettile negli uomini e riduzione della lubrificazione nelle donne. Tuttavia, al di là dei sintomi più visibili, gli SSRI possono generare un impatto più profondo e invisibile, che coinvolge la sfera emotiva e affettiva: molte persone parlano di un vero e proprio appiattimento emotivo (chiamato anche “emotional blunting”), perdita del senso di innamoramento, distacco affettivo verso il partner, e una generale disconnessione da sé e dagli altri. Questi effetti, spesso non spiegati dai medici prima della prescrizione, possono manifestarsi anche in persone giovani, senza una diagnosi chiara di depressione maggiore, e con un rischio aumentato di proseguire per anni un trattamento che altera in modo cronico la qualità della vita e delle relazioni.
“Prima della prescrizione era tutto normale: fisiologicamente non avevo problemi, provavo dei sentimenti per una ragazza all’università anche se non avevo mai avuto un rapporto romantico. Ero un ragazzo insicuro, come tanti. Un neurologo, a cui mi ero rivolto per un problema muscolare, mi suggerisce la sertralina per la gestione dell’ansia nei rapporti sociali. Non avevo depressione o grave ansia, non ho ricevuto una diagnosi. Nessuna informazione, nessuna comunicazione in merito agli effetti collaterali. Solo informazioni tranquillizzanti sull’assenza di effetti collaterali”, inizia a raccontare Andrea.
A peggiorare sensibilmente la situazione si aggiunge il fatto che, in alcuni casi, purtroppo, la sospensione del farmaco non porta alla remissione dei sintomi: si parla in questi casi di PSSD (Post-SSRI Sexual Dysfunction), una condizione devastante in cui le disfunzioni sessuali e sensoriali persistono indefinitamente dopo la fine della terapia. La PSSD include sintomi come anestesia genitale, mancanza di desiderio, perdita di risposta orgasmica e una sensazione di “disconnessione” permanente dal proprio corpo dalle proprie emozioni. Attualmente non esistono cure riconosciute per questa sindrome, e il suo stesso riconoscimento clinico è ancora complicato e controverso. Tuttavia, la crescente voce di chi ne soffre – tra cui quella di Andrea - sta portando parte della comunità scientifica a prenderla sul serio e a studiarla (abbiamo parlato di uno studio italiano qui).
IL DANNO “INVISIBILE”: ANESTESIA EMOTIVA E RITARDO ESISTENZIALE
“Mi hanno prescritto la sertralina da giovanissimo: non avevo una diagnosi di depressione, solo ansia sociale all’università, che stavo affrontando con lo psicologo. Nessuno mi ha parlato di effetti avversi, ma oggi so che tanti dubbi che ho avuto nel tempo erano reali. Non avevo più pensieri romantici, ero molto più indifferente e superficiale, non mi emozionavo, non soffrivo la solitudine. Tutto questo mi ha portato ad avere poche relazioni e brevi: non mi innamoravo più. Non ero mai appagato: a livello emotivo e a livello fisico era tutto anestetizzato. Dato che l’ansia era scomparsa da anni, ne ho parlato con chi mi seguiva e mi ha consigliato di continuare con la sertralina. Verso i 20-21 anni avevo assunto anche la finasteride, che forse ha esacerbato i sintomi”, continua Andrea.
Un giovane adulto riceve una prescrizione di sertralina – un SSRI tra i più comuni – dopo qualche colloquio superficiale. Il farmaco funziona: calma l’ansia, smussa l’irrequietezza, riduce la sensibilità ai piccoli traumi quotidiani. Ma a quale prezzo? Per oltre 15 anni la terapia prosegue, con un aumento di dose e un tentativo di scalaggio, fortunatamente riuscito. Il paziente si sente “stabile”, ma anche “spento”. La capacità di provare eccitazione o tensione amorosa è assente. Ma è solo quando la dose viene raddoppiata, a seguito di una sorta di crisi di mezza età, che compare un’impotenza improvvisa. Finalmente, il medico riconosce l’effetto avverso, ma solo sul piano fisico.
“Ho accettato l’aumento di dosaggio perché ancora credevo che i farmaci non avessero avuto nessun effetto negativo su di me, ma in realtà in questo modo sono stati esacerbati e smascherati gli effetti che erano meno evidenti con la dose minore. La preoccupazione era scomparsa, i pensieri anche. Vivevo in una sorta di alienazione: ho rischiato un incidente in autostrada ed ero comunque tranquillo. Insomma una forte sedazione, con sonnolenza la sera, ma che mi permetteva di lavorare. La totale scomparsa dell'erezione è stata riferita al medico per telefono, che mi ha detto subito che dipendeva dal farmaco. È da notare come sia stato solo questo l'unico problema rilevato, anche se erano molte le cose che non andavano bene”, spiega Andrea. Con l’aumento di dose la persona viene letteralmente appiattita, come supportano diversi case report in letteratura, e non rileva nessun problema nonostante gli evidenti cambiamenti legati alla perdita di interessi e al grande ottundimento emotivo.
La sospensione della terapia – ovviamente sotto controllo medico – in prima battuta non ha dato grossi problemi, ma il crollo è arrivato dopo. Da un mese dalla sospensione e per più di un anno Andrea affronta la sindrome post-sospensione e un susseguirsi di traumi e shock. “È stato un inferno: umore sempre basso, ogni giorno per mesi, disturbi del sonno, ansia mattutina. Ho avuto anche pensieri suicidi, ma era anche la prima volta dopo anni che provavo emozioni. Per la prima volta ho capito cosa mi era successo: è stato un trauma. Mi sono risvegliato dopo anni, ma con la sensazione di essere fuori posto e di essere in ritardo sulla vita. La sensazione peggiore mai vissuta, mi sono sentito come in ‘The Truman Show’”, continua Andrea. “Ma c’è anche l’aspetto positivo: più centrato e presente, più contenuti, un mondo interiore più ricco e sfaccettato, maggiore chiarezza su quali fossero i miei reali bisogni, più empatia, più capacità di commuovermi, più pensieri e maggiore consapevolezza di me e del mondo. È come se una parte di me che tiene alle cose affettivamente importanti sia stata spenta per anni. La consapevolezza della perdita di romanticismo per tutti questi anni è stata la cosa che mi ha causato più rabbia. Fondamentalmente non ero io, ero assente”. Non provare sentimenti – incluse la paura, la mancanza, la sofferenza emotiva – può essere utile nei casi di depressione grave, ma queste emozioni fanno parte della nostra vita e sono estremamente utili per la gestione della socialità, degli affetti, del lavoro, della vita quotidiana.
HO SCOPERTO DA SOLO IL TERMINE: PSSD
“Oggi, a distanza di anni dalla sospensione della terapia, la disfunzione sessuale persiste. I sogni sono privi di componente erotica, il desiderio è assente. I rapporti sono difficili. Non sono più riuscito a fare il lavoro di prima – ero uno sviluppatore software – e la sofferenza mi ha spinto al cambiamento. Come umore sto bene, ma sembrano mancare delle funzioni”, commenta Andrea.
La letteratura scientifica ormai parla chiaro: l’emotional blunting è un effetto noto degli SSRI. Non si tratta solo di un calo dell’umore negativo, ma di un appiattimento dell’intero spettro emotivo – incluso il piacere, l’amore, l’empatia, la creatività. E se questo aspetto non torna normale neppure dopo la sospensione del farmaco, la situazione è critica. Gli studi più recenti sulla PSSD propongono alcuni criteri diagnostici, eppure la sindrome non è ancora ufficialmente riconosciuta. I sintomi fisici – anestesia genitale, perdita di libido, eiaculazione alterata – si accompagnano a distacco emotivo, incapacità di amare e riconnettersi.
La testimonianza di Andrea non è isolata. Sono ormai molte le persone che raccontano una storia simile: farmaci prescritti senza un percorso diagnostico completo, spesso per disagi lievi e transitori; nessun monitoraggio attivo e attento; assenza di informazione chiara e diretta sugli effetti avversi e su quelli attesi durante l’assunzione. Se il medico non riconosce il sintomo e l’effetto collaterale dannoso viene confuso con la malattia stessa, il farmaco viene mantenuto e il disagio aumenta, aumentando i problemi e gli effetti a lungo termine.
“Dopo la sospensione ho incontrato diversi psichiatri, da cui poi non sono più andato, e andrologi, che mi hanno confermato che la sertralina ha questi effetti, che riduce appositamente i picchi emotivi e che, tra l’altro, è usata nei casi di eiaculazione precoce. Uno di loro ha confermato che persone in queste condizioni ne vede tante e che servirebbe più informazione”, prosegue Andrea.
COSA OCCORRE?
“Per me assumere questi farmaci è stato senza dubbio l’errore più grande della mia vita. Se potessi tornare indietro eviterei sia antidepressivi sia la finasteride. Avrei fatto altre cose, ad esempio più selezione dei contesti in cui vivevo, più psicoterapia, più attività fisica - cosa che in effetti ho successivamente fatto per affrontare il forte disagio post-sospensione, anche su suggerimento di terapeuti. Serve informazione, tanta e a tutti i livelli. Non ho mai dato il mio consenso ad obnubilare le cose per me essenziali, tra cui le emozioni e la sessualità.”
Chi ha vissuto sulla propria pelle queste esperienze non chiede l’abolizione degli SSRI, che restano farmaci importantissimi per la gestione di alcune situazioni cliniche. Chiede verità, ascolto e prudenza nell’uso. Oggi la PSSD è sempre più studiata e in futuro - si spera - sarà più facilmente identificata, anche grazie a testimonianze come quella di Andrea. I medici devono imparare a monitorare i pazienti e a riconoscere gli effetti collaterali, anche quelli ‘non urgenti’ ma che possono essere problematici sul lungo termine. E, soprattutto, la prescrizione di questi farmaci deve essere fatta con attenzione, dopo attente valutazioni, specialmente nei giovanissimi. In questo contesto, è urgente che il consenso informato diventi davvero tale: i pazienti devono sapere che, accanto ai benefici, esistono rischi – più o meno rari – che possono cambiare radicalmente la percezione della vita, del piacere e della propria identità.
Vivere significa sentire, provare emozioni, dal dolore alla gioia. E quando il prezzo della “tranquillità” è l’anestesia dell’anima, nessuna terapia può dirsi riuscita. Se sei emotivamente spento, non ti lamenti. E se non ti lamenti, nessuno si accorge che qualcosa non va. Passano più di 15 anni e la vita ti è scivolata tra le dita, lasciandoti con la paura di non aver vissuto affatto la tua giovinezza.
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