La sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è del 68% per le neoplasie comuni e solo del 55% per quelle rare. La dr.ssa Annalisa Trama dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano illustra tutte le iniziative a livello europeo: “In Italia, però, non è ancora operativa una Rete Nazionale per i tumori rari”
MILANO – Poco conosciuti e con una prognosi peggiore dei tumori comuni: sono i tumori rari, che rappresentano il 24% di tutti i nuovi casi di tumore e riguardano circa 5 milioni di persone nell'Unione Europea e 900mila in Italia.
In tutto sono esattamente 198 (qui la lista), ma quali criteri sono stati adottati per considerarli rari? I tumori rari, infatti, sono a tutti gli effetti delle malattie rare, ma per definirli non si utilizza il criterio scelto dall'Unione Europea per queste patologie, ovvero una prevalenza inferiore ai 5 casi su 10.000 persone. Il criterio per identificare un tumore raro si basa invece sull'incidenza, e la soglia è di 6 casi su 100.000 nella popolazione europea.
Qual è il motivo di questa scelta per calcolarne la frequenza? Ce lo spiega la dr.ssa Annalisa Trama, della S.S.D. Epidemiologia Valutativa della Fondazione IRCSS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che su questo tema ha recentemente pubblicato una revisione sulla rivista scientifica European Journal of Cancer. Fra gli autori dello studio anche il prof. Paolo Casali, Direttore della S.C. Oncologia Medica 2 dello stesso Istituto.
“L'incidenza rappresenta il numero di nuovi casi di una malattia in un determinato Paese e in un dato periodo di tempo. La prevalenza, invece, prende in considerazione tutti i casi esistenti, quindi comprende anche i pazienti diagnosticati negli anni passati ed ancora vivi. Le malattie rare sono in genere quasi croniche, perciò il metodo più adatto a misurarle è la prevalenza (che fornisce il numero di tutti i malati vivi con la diagnosi della determinata malattia); il paziente con una diagnosi di tumore, invece, se non esiste una terapia o se questa non funziona, non cronicizza ma spesso, purtroppo, ha una ridotta aspettativa di vita. L'incidenza non è influenzata dalla letalità della malattia, ed è per questo motivo che è il miglior indicatore per calcolare la frequenza dei tumori rari”, spiega la ricercatrice.
“La prevalenza di una malattia dipende da due caratteristiche legate tra loro: incidenza e sopravvivenza. Usando la prevalenza come criterio per definire la rarità di un tumore, alcune neoplasie che sono diagnosticate poco frequentemente (“rare” nel senso di incidenza) ma che hanno un'ottima sopravvivenza diventerebbero frequenti perché la buona sopravvivenza contribuisce ad aumentare la prevalenza. Un esempio di questa situazione è fornito dal tumore del testicolo. Al contrario, neoplasie ad alta incidenza ma a bassa sopravvivenza, come i tumori dello stomaco e del polmone, potrebbero essere considerate rare perché la bassa sopravvivenza comporta anche una bassa prevalenza. I tumori rari sono 198 (qui la lista) e sono stati identificati applicando la soglia di 6 casi su 100.000 alla popolazione europea e non a quella specifica italiana: in Italia un tumore come quello alla laringe, associato a fumo e alcol, supera questa incidenza, ma nel resto d'Europa i fattori di rischio cambiano; questo tumore in Europa ha un tasso inferiore a 6/100.000, ed è quindi incluso tra i tumori rari”.
Questo criterio, ormai accettato da tutti a livello internazionale, è stato proposto nel 2011 da RARECARE e poi confermato da un secondo programma, RARECAREnet. Questi progetti, supportati dalla Commissione Europea e coordinati dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, attraverso un gruppo di esperti internazionali composto da clinici, patologi, epidemiologi e statistici, hanno analizzato i dati dei registri tumori di popolazione per studiare e classificare i tumori rari come un mondo a sé, diverso da quello delle malattie rare.
Poco dopo la fine del secondo progetto RARECAREnet, il 7 novembre 2016 in Lussemburgo, la Commissione Europea ha lanciato una nuova iniziativa per un'azione comune sui tumori rari: la Joint Action on Rare Cancers (JARC). Questo progetto, guidato anch'esso dall'Istituto milanese, coinvolge 34 partner in 18 Paesi e avrà la durata di tre anni. La JARC ha lo scopo di inserire e mantenere i tumori rari tra le priorità dell'Europa e degli Stati membri, e di sviluppare soluzioni innovative e condivise relativamente a qualità delle cure, ricerca, formazione e definizione ed utilizzo di linee guida per la diagnosi e il trattamento di questi tumori.
L'ultima iniziativa, partita quest'anno, è di grande respiro e riguarda tutte le malattie rare inclusi i tumori rari: sono le 24 Reti Europee di Riferimento (ERN), un network che metterà in collegamento i centri d'eccellenza specializzati e che aiuterà i singoli Stati a superare i propri limiti nella gestione di queste complesse patologie. Quattro di queste Reti sono dedicate alle neoplasie rare: l'EURACAN, sui tumori rari solidi negli adulti, la PAEDCAN, sui tumori pediatrici (che sono tutti tumori rari), la GENTURIS, sulle sindromi genetiche a rischio di tumore ereditario, e l'EUROBLOODNET, sulle malattie ematologiche.
In Italia, invece, non è ancora operativa una Rete Nazionale che riunisca l'expertise sui tumori rari: dopo vari tentativi di crearla, il progetto ha ripreso forza proprio in questi giorni ed è attualmente all’esame della Conferenza Stato-Regioni, su una bozza di intesa proposta dal Ministero della Salute. "Le neoplasie rare, ad oggi, non sono rappresentate neppure nell'elenco delle malattie rare per le quali è riconosciuto il diritto all’esenzione, riportato dal decreto 279/2001: su oltre 500 malattie rare, i tumori sono solo due", sottolinea la dr.ssa Trama.
“Bisogna dire, comunque, che quell'elenco non ha un intento epidemiologico, ma di compensazione economica. Spetterà invece alla Rete Nazionale Tumori Rari creare un sistema organizzativo e dare impulso e qualità all'assistenza clinica e alla ricerca per tutte le 12 famiglie di tumori rari inclusi nelle ERN: tumori della testa e del collo, tumori rari toracici (es. tumori del timo, della trachea), tumori rari del tratto genitale maschile e del tratto urogenitale (es. tumori del pene, del testicolo, degli ureteri), tumori rari del tratto genitale femminile (es. tumori della vulva, della vagina), tumori neuroendocrini, tumori degli organi endocrini (es. tumori dell'ipofisi, delle ghiandole surrenali), tumori del sistema nervoso centrale, sarcomi, tumori rari del tratto digestivo (es. tumori dell'intestino tenue, del canale anale), tumori rari della pelle e melanoma delle mucose, tumori rari ematologici, tumori pediatrici”.
Un altro capitolo è quello dei registri, e anche in quest'ambito la paternità dell'iniziativa è dell'Istituto Nazionale Tumori, che nel 1989, insieme all'Istituto Superiore di Sanità, ha dato vita a EUROCARE, il più ampio progetto di ricerca sulla sopravvivenza al cancro in Europa. Grazie alla partecipazione di un gran numero di registri tumori di popolazione, fornisce regolarmente delle approfondite pubblicazioni su come sta cambiando la sopravvivenza dei tumori nel tempo in Europa e sulle diverse sopravvivenze esistenti tra i Paesi europei. La quinta e attuale edizione, EUROCARE-5, comprende dati su più di 21 milioni di diagnosi di tumore fornite da 116 registri in 30 Paesi europei.
In Italia, invece, dal 1996 opera l'Associazione Italiana Registri Tumori AIRTUM, il punto di riferimento per l'epidemiologia nazionale, con una copertura del 57% della popolazione derivante da un database che racchiude tutti i registri regionali e provinciali. Lo scorso anno AIRTUM ha prodotto un volume monografico dedicato interamente ai tumori rari.
Tante iniziative essenziali per comprendere meglio questi tumori, che come rivelano i dati AIRTUM, sono legati a peggiori tassi di sopravvivenza rispetto ai tumori “frequenti”: la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è del 68% per i tumori comuni e solo del 55% per quelli rari. “Ciò è dovuto in parte alle diverse caratteristiche biologiche di queste neoplasie, ma soprattutto alla complessità della diagnosi, ai ritardi nell'ottenerla e ai trattamenti inadeguati”, prosegue la dr.ssa Trama.
“Un altro motivo risiede nelle limitate opportunità, per i pazienti, di partecipare agli studi clinici: spesso, infatti, manca il sostegno ai trial dedicati a questo gruppo di malattie, sia da parte degli sponsor accademici che di quelli industriali. Ciò accade nonostante la legge americana Orphan Drug Act del 1983 e la normativa europea del 2000 abbiano incentivato le aziende farmaceutiche a produrre sia i farmaci indicati per le malattie rare che quelli sviluppati per i tumori rari, con 10 anni di esclusività sul mercato”.
Per saperne di più visita la nostra sezione dedicata ai tumori rari.
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