I sostenitori del Metodo Stamina affermano che non è LA cura ma i pazienti stanno meglio, ma i dati non sono a disposizione

MILANO -  La domanda di fondo rimane senza risposta: perché non si acconsente a  provare il ‘metodo Stamina’ all’interno di una sperimentazione clinica vera e propria? Tutti i botta e risposta che da tempo si sentono sul tema –  quello del ‘Metodo Vannoni’, che propone l’uso di staminali mesenchimali come ‘terapia compassionevole’ per bimbi con malattie rare del sistema nervoso -  si incagliano su questo punto. E su questa domanda senza risposta si è concluso anche l’incontro-dibattito, moderato da Luigi Ripamonti, andato in streaming ieri pomeriggio dagli studii del Corriere della Sera. Presenti in sala Paolo Bianco (direttore Laboratorio staminali, dip. Medicina molecolare, Università La Sapienza, Roma), Alessandro Nanni Costa (direttore del Centro nazionale trapianti), Francesca Pasinelli (direttore generale Fondazione Telethon).


Da questa parte la scienza ufficiale, quella che si basa su protocolli e procedure da seguire, sulle pubblicazioni scientifiche dei risultati. Dall’altra parte, invece, Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation – chiamato ‘professore’ perché di mestiere insegna psicologia all'Università di Udine e ha introdotto in Italia il ‘metodo Stamina’ – e  Marino Andolina, il medico che ha applicato questa  metodica a Trieste e Brescia.
La loro scienza è diversa, a sentirli parlare è una scienza più umana, più appassionata, che mira a dare la speranza ai pazienti, questa la mission di Stamina Foundation: in molti, tra quelli presenti in studio, applaudono.

La contrapposizione è questa: Vannoni e Andolina sostengono di essere stati penalizzati da istituzioni ed enti regolatori, i rappresentanti di istituzioni e mondo scientifico ribadiscono l’assenza di chiarezza della metodica applicata e chiedono a gran voce che sia avviata una sperimentazione clinica.

Vannoni difende la scientificità del suo lavoro: la metodica Stamina è a disposizione di tutti, pubblicata sul sito internet della Fondazione ed è basata su studi clinici pubblicati già nel 2002.  In effetti sul sito della fondazione ci sono dei riferimenti bibliografici, ma a scorrere i titoli si capisce che la stragrande maggioranza sono lavori di ricerca di base e le evidenze cliniche scarseggiano, quanto agli studi del 2002  di cui parla Vannoni l’unico riferimento nella bibliografia riguarda la sperimentazione sui 3 babbuini. Vannoni precisa: “Non ho trovato LA cura, ma UNA cura che su alcuni bambini funziona, che sta producendo reinnervazione dei tessuti.  Noi siamo disposti a confrontarci con gli scienziati, in ambito istituzionale. Ma nel frattempo vedo ogni giorno gente che viene rimandata a casa con una pacca sulla spalla a vedere morire i propri figli. Perché ostacolare una speranza?”. E ancora “Non capisco quale sia il problema – ribadisce Vannoni – stiamo lavorando in un ospedale pubblico. Il lavoro è iniziato con l’approvazione di AIFA nell’ambito di terapie compassionevoli e non di sperimentazione clinica”.

Rincara la dose Andolina, suggerendo che le istituzioni e la stessa AIFA hanno voluto mettere fuori gioco la Stamina, non per mancanza di rigore ma per tutelare gli interessi altrui. Per Andolina troppo spesso si dimentica il punto focale: ricordare che i pazienti oggi stanno meglio grazie alla terapia fornita da Stamina.

Anche la ‘scienza ufficiale’ vorrebbe dare speranze, come sottolinea anche una presa di posizione ufficiale di Simmesn e SimGePed ma fondandole su evidenze, proprio quelle che sembrano mancare. Nanni Costa, infatti, ribatte: “Dobbiamo valutare gli effetti di una terapia, secondo le consuete metodologie della comunità scientifica.  E’ necessario oggettivare, ricordando che sull’attività di Vannoni c’è un indagine penale aperta in corso, che non c’è nessuna pubblicazione scientifica su riviste internazionali.” Della stessa opinione, ma con una vena più critica è Bianco, che ribadisce che le regole della comunità scientifica esistono per dei motivi ben precisi e che il requisito della riproducibilità del metodo è fondamentale. La critica più dura nei confronti di Vannoni è certamente lo scarso rispetto nei confronti dei pazienti, che secondo Bianco sono vittime di una comunicazione fuorviante. “Sul metodo Stamina – dice Bianco - esistono perplessità circa la capacità delle cellule staminali mesenchimali di trasformarsi in cellule del sistema nervoso centrale. Però siamo disposti, in dieci giorni, a esaminare i dati, se li avremo”.

Di pazienti parla anche Francesca Pasinelli, che riporta la posizione di Telethon. “Da quando il caso Stamina è diventato mediatico molti pazienti hanno chiesto la nostra opinione, e noi lavoriamo prima di tutto per i pazienti. Non abbiamo preso una posizione ‘contro’, ma ricordiamo che la ricerca scientifica non cerca verità ma evidenze. Tali evidenze devono essere sottoposte alla comunità scientifica per essere valutate. Ma perché questo metodo non viene applicato all’interno di una sperimentazione?”
A questa domanda non c’è tutt’ora risposta.

 

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