I primi risultati positivi da uno studio condotto negli USA. I ricercatori sono i genitori di un bimbo con la distrofia muscolare di Duchenne

Prelevare le cellule di un paziente con la distrofia muscolare di Duchenne, correggerle geneticamente affinché riescano a produrre la distrofina mancante e reimpiantarle nel paziente stesso. L’idea di combinare la terapia genica e quella cellulare come approccio terapeutico per la Duchenne non è nuova ma per la prima volta i ricercatori hanno utilizzato l’editing genomico su cellule staminali derivate da pazienti DMD.

LO STUDIO -  nato dalla collaborazione di diversi gruppi di ricerca dell’Università della California UCLA, è stato pubblicato a febbraio sulla rivista scientifica Cell Stem Cell. I ricercatori hanno dimostrato per la prima volta la possibilità di utilizzare Crispr in cellule staminali pluripotenti indotte per eliminare determinate mutazioni del gene della distrofina. L’originalità si basa proprio sull’utilizzo di due tecniche di ricerca all’avanguardia: Crispr, l’ultima entusiasmante novità nel campo dell’ingegneria genetica, e le cellule staminali pluripotenti indotte (chiamate iPSC) che sono state definite qualche anno fa l’ultima frontiere nel campo delle cellule staminali. Le iPSC (dall'inglese Induced Pluripotent Stem Cells) sono un tipo di cellule staminali immature che vengono create in laboratorio riprogrammando geneticamente le normali cellule somatiche specializzate, come ad esempio quelle della pelle. Se indotte le iPSC sono poi in grado di differenziarsi in diversi tipi cellulari. Il concetto è: prendere una “cellula adulta” specializzata, riprogrammarla per farla tornare “cellula bambina” o staminale, e poi indurla a generare un nuovo tipo di “cellula adulta”.

Ma le peculiarità dello studio non finiscono qui, tre degli autori del lavoro sono coinvolti non solo professionalmente ma anche personalmente con la distrofia muscolare di Duchenne. Carrie Miceli, professoressa di immunologia e genetica molecolare alla UCLA e Stanley Nelson, professore di genetica umana sempre alla UCLA, oltre ad essere moglie e marito sono i genitori di Dylan, un ragazzo di 13 anni affetto da Duchenne. Nelson e Miceli sono da anni impegnati in prima linea nella battaglia contro la Duchenne, dirigono il Center for Duchenne Muscular Dystrophy di UCLA e sono riusciti a creare un network di tredici laboratori che collaborano per studiare la patologia a 360 gradi. In questo network lavora anche Courtney Young, giovane ricercatrice e prima autrice dello studio, che ha un cugino con la DMD. “Ho sempre avuto una passione per la scienza e dopo la diagnosi di mio cugino ho deciso di dedicare la mia carriera alla ricerca di una cura per la Duchenne – ha dichiarato Young - Sapere che sto facendo qualcosa per aiutare tutti i bambini e ragazzi con la DMD da un senso al mio lavoro e rende tutto più stimolante. In questi ultimi anni la ricerca per la Duchenne sta andando nella direzione giusta e il fatto che io abbia dato il mio contributo mi rende molto felice.”

Il nuovo lavoro pubblicato da questo speciale team di ricercatori si è basato sul prelievo di fibroblasti, le cellule della pelle, da tre pazienti Duchenne con tre diverse mutazioni. Tutte e tre le mutazioni sono localizzate nella regione centrale del gene della distrofina e causano la perdita dello schema di lettura del gene con la conseguente mancanza della produzione della distrofina funzionale. In tutti e tre i casi, il corretto schema di lettura può essere ripristinato eliminando un’ampia porzione del gene che va dall’esone 45 al 55, una sorta di skipping di più esoni. I fibroblasti sono stati riprogrammati per generare delle iPSC, cellule che mantengono le mutazioni descritte, e la correzione genetica è stata poi effettuata su queste cellule staminali. Utilizzando il sistema Crispr-Cas9, i ricercatori sono riusciti a rimuovere la regione degli esoni 45-55 con un’alta efficienza. A differenza dell’exon skipping, che agisce sull’RNA messaggero, la molecola che veicola l’informazione genetica nella cellula, Crispr agisce direttamente sul DNA con un effetto permanente sul gene.

A questo punto, le iPSC corrette geneticamente sono state indotte a differenziarsi in cellule muscolari scheletriche e cellule cardiache. Il primo dato importante è che queste cellule hanno mostrato la capacità di produrre distrofina, anche se in forma accorciata. Va ricordato che la distrofina ha un ruolo determinante per la stabilità meccanica della membrana durante la contrazione muscolare. L’assenza, o il malfunzionamento, della distrofina va a intaccare l’integrità della membrana e si crea un flusso anomalo costituito da sostanze fondamentali per la funzionalità del muscolo che escono, come l’enzima creatinfosfochinasi (CPK), e sostanze dannose che entrano, quali il calcio. I ricercatori hanno quindi testato la funzionalità di questa nuova forma tronca di distrofina espressa nelle cellule muscolari e cardiache indotte. I risultati sono stati assolutamente positivi: la produzione della proteina è correlata con una diminuzione della fragilità della membrana cellulare e con una diminuzione di rilascio dell’enzima CPK da parte delle cellule.

Un altro dato importante arriva dallo studio dei livelli di biomarcatori espressi da queste cellule. I biomarcatori sono quelle molecole, normalmente presenti nel nostro organismo, che possono essere misurate e monitorate per fornire informazioni sui processi patologici, quali il tipo di malattia e la sua progressione. I biomarcatori possono essere proteine o molecole, come RNA o DNA, presenti nei liquidi corporei, nei tessuti o nelle cellule. La distrofina è il biomarcatore per eccellenza per la distrofia muscolare di Duchenne, ma negli ultimi anni sono stati identificati una serie di altri biomarcatori, come ad esempio alcuni microRNA (miR) che sono piccole molecole in grado di regolare molti processi molecolari nel nostro organismi. Tra questi compare miR31, un repressore della distrofina che svolge un ruolo fondamentale nel controllare il passaggio dalle fasi precoci a quelle tardive del differenziamento muscolare. Negli ultimi anni, diversi studi effettuati su biopsie di soggetti sani e di pazienti DMD hanno dimostrato che in questi ultimi i livelli di miR-31 sono più abbondanti. In totale accordo con questi dati, i ricercatori hanno rilevato che la correzione genetica effettuata sulle cellule iPSC è accompagnata da una diminuzione dei livelli di miR-31 e, più in particolare, rispecchia i livelli normalmente presenti in pazienti Becker che presentano una forma più lieve di distrofia muscolare.

Infine, le cellule muscolari scheletriche generate dalle iPSC corrette geneticamente sono state trapiantate in topi distrofici. Questo ha permesso ai ricercatori di valutare l’effettiva potenzialità in vivo, ovvero nell’organismo, di questo approccio combinato. I risultati sono stati ancora una volta molto incoraggianti: la distrofina prodotta è correttamente localizzata a livello della membrana cellulare preservandone l’integrità e la funzionalità.

Tutti questi dati messi insieme dimostrano che la delezione di un’ampia regione centrale del gene della distrofina mediata dal sistema Crispr è in grado di ripristinare la produzione di una forma funzionale della distrofina. La regione del gene eliminata da Crispr, che va dall’esone 45 al 55, è denominata “hotspot” perché rappresenta la parte a più alto rischio di mutazioni che causano la patologia. Questo studio pone quindi le basi per una nuova strategia terapeutica per la Duchenne che potrebbe essere applicata al 60% della popolazione DMD. Inoltre, grazie alla tecnologia Crispr è molto più facile ed efficace, in termini di ripristino della distrofina e di beneficio terapeutico, eliminare l’intera regione 45-55 piuttosto che eliminare piccoli frammenti corrispondenti ai diversi esoni per ogni diversa mutazione, come viene fatto nel caso della strategia basata sull’exon skipping.

Il lavoro dei ricercatori è adesso focalizzato sull’ottimizzazione di questo nuovo approccio e sulla messa a punto per testarne il beneficio terapeutico in modelli animali. L’obiettivo finale è ovviamente di riuscire a perfezionare il metodo per passare allo studio sull’uomo basandosi sul trapianto autologo di cellule corrette geneticamente mediante il sistema Crispr-Cas9. “Siamo tutti molto contenti perché la ricerca nel campo della Duchenne sta dando veramente ottimi risultati - ha dichiarato Carrie Miceli – Ci impegneremo per ottimizzare questo nuovo approccio terapeutico, massimizzarne la sicurezza, e fare i passi giusti per portarlo in sperimentazione clinica. Ma siamo consapevoli che il percorso non sarà semplice e che, se tutto va bene, per arrivare all’applicazione sull’uomo ci vorranno ancora un po’ di anni.”

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni