Uno studio italiano di paleopatologia ha ricostruito la causa della morte prematura di Simonetta Vespucci, ritratta nel famoso dipinto “La nascita di Venere”
Lo sguardo dolce e le forme giunoniche della dea Venere dipinta da Sandro Botticelli l’hanno resa un archetipo di bellezza mondiale destinato a perdurare per l’eternità e a non morire mai, ma la storia della modella che ispirò al celebre pittore la realizzazione del quadro “La nascita di Venere”, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze, ha un epilogo ben più triste ed è legata a una rara forma di adenoma ipofisario: a raccontarla è un gruppo di ricercatori italiani che, intrecciando competenze di storia antica, storia dell’arte e medicina, è riuscito a fare luce su alcuni aspetti della vita di Simonetta Vespucci.
Infatti, in un articolo pubblicato sulla rivista Endocrine Practice, gli studiosi coordinati dal prof. Paolo Pozzilli, dell’Unità di Endocrinologia e Diabete dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, hanno analizzato una serie di ritratti attribuibili alla persona conosciuta per aver prestato il volto alla Venere del Botticelli e ne hanno ricostruito la storia clinica, giungendo a fornire una spiegazione del suo improvviso decesso a soli 23 anni.
La figura in questione è quella di Simonetta Vespucci, nata nel 1453 dal matrimonio di Gaspare Cattaneo e Caterina Violante Spinola di Obizzo, e considerata una delle donne più belle della sua epoca. Nel 1469 Simonetta sposò Marco Vespucci - cugino di Amerigo, il celebre navigatore - e si trasferì a Firenze, allora culla del Rinascimento, dove attirò su di sé gli sguardi di intellettuali e artisti, fra i quali Giuliano de Medici - fratello più giovane di Lorenzo - e Sandro Botticelli che la immortalò in diversi dipinti. In uno di questi, la donna si tiene con la mano il seno da cui prorompe del latte. Quest’ultimo particolare non è passato inosservato a Paolo Pozzilli che, insieme a Gianluca Vollero, del Laboratorio di Sistemi Computazionali e Bioinformatica della Facoltà di Ingegneria Biomedica dell’Università Campus Bio-Medico, e alla prof.ssa Annamaria Colao, del Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, ha svolto uno studio di paleopatografia unico nel suo genere.
“Il lavoro nasce dall’osservazione di un quadro esposto nel 2016 al Victoria and Albert Museum di Londra nel corso di una Mostra dedicata a Botticelli”, spiega Pozzilli. “Fui colpito dal gesto della spremitura del capezzolo, tipica di una persona che soffre di galattorrea, cioè la produzione di latte al di fuori del periodo dell’allattamento. Le cause di questo fenomeno sono solitamente tre: l’assunzione di psicofarmaci, l’allattamento dopo gravidanza e la presenza di un adenoma ipofisario secernente prolattina. Le informazioni storiche su Simonetta concordano sul fatto che la donna fosse sterile e, considerato che al tempo non esistevano psicofarmaci, l’adenoma ipofisario è parso essere la causa più probabile”.
Perciò, i ricercatori hanno messo a confronto le diverse rappresentazioni del volto di Simonetta - inclusa la raffigurazione della nascita di Venere - e le hanno analizzate con l’aiuto di uno speciale algoritmo, cercando e calcolando le distanze tra specifici punti del volto, proprio come fanno gli esperti della polizia scientifica quando ricostruiscono l’identikit di un sospettato: dopo aver concluso che la donna più volte ritratta da Botticelli era davvero Simonetta Vespucci, hanno cercato di capire se le differenze tra i vari ritratti potessero essere ascrivibili alle caratteristiche di una forma rara di adenoma ipofisario, nota come somatomammotropinoma, secernente non solo prolattina ma anche ormone della crescita. Gli studiosi hanno persino ricostruito un modello tridimensionale del volto della donna e hanno poi eseguito un confronto con un caso particolare di adenoma ipofisario resistente ai farmaci dopaminergici nel quale erano emerse le stesse modificazioni del volto viste nei ritratti di Simonetta.
Il somatomammotropinoma arriva a rappresentare meno dell’1% di tutti i casi di neoplasie dell’ipofisi (70 per 100.000) ed è appunto contraddistinto dalla produzione simultanea di due ormoni, la prolattina e l’ormone della crescita. Le caratteristiche cliniche più marcate di questo tumore sono la galattorrea e l’acromegalia, cioè una sorta di ingrossamento delle estremità (come mani, piedi e piramide nasale) dovuto alla produzione di ormone della crescita. “Le caratteristiche tipiche dell’acromegalia sono cambiamenti graduali nella forma del viso con un aumento delle bozze frontali, il prognatismo mandibolare e zigomi più sporgenti. Sono queste tutte manifestazioni tipiche dell’apposizione di nuovo materiale osseo su un osso che non è più in grado di crescere”, prosegue Pozzilli. I ricercatori hanno così potuto confermare che il cambiamento nel volto di Simonetta era compatibile con un quadro di acromegalia. Inoltre, la devozione di Botticelli alla sua musa e la sua scrupolosità artistica hanno immortalato anche l’altro segno clinico, cioè la galattorrea, confermando il sospetto.
“Adenomi ipofisari a uno stadio avanzato, come quello di Simonetta, oggi sono molto più difficili da trovare perché non appena una donna presenta amenorrea o galattorrea si procede all’esecuzione di una risonanza magnetica e si pone una diagnosi precoce”, conclude Pozzilli. “Tuttavia, la descrizione nella letteratura scientifica di un caso simile a quello di Simonetta, risalente alla fine degli anni Settanta, ha prodotto ulteriore conferma della bontà dell’analisi anatomo-patologica e fisiopatologica da noi compiuta”.
Purtroppo, ormai non è più possibile sottoporre Simonetta - le cui spoglie furono tumulate nel 1476 nella Chiesa di Ognissanti di Firenze - alla risonanza magnetica o al dosaggio dei livelli di prolattina nel sangue, un esame che oggi potrebbe facilmente confermare la diagnosi di adenoma ipofisario, giunta a più di 500 anni di distanza. Tuttavia, uno studio come questo ribadisce il valore dell’osservazione clinica nel promuovere il sospetto di una malattia e, inoltre, obbliga a rivedere la definizione di “strabismo di Venere”, una condizione associata proprio alla Venere dipinta da Botticelli che, in questo caso particolare, potrebbe essere dovuta ai primi segnali di un tumore raro dell’ipofisi.
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