Attualmente se ne possono stimare in Italia 1.000 casi ma è probabile che molti pazienti muoiano senza che sia stata fatta la diagnosi
Si chiama Macroglobulinemia di Waldenstrom (MW) – dal nome del medico svedese che la descrisse la prima volta nel 1944 – è una malattia molto rara, per la precisione un linfoma, un tumore del sangue che colpisce in particolar modo gli uomini e mediamente lascia 5 anni di vita dalla diagnosi. A occuparsene sono pochi centri di ricerca, uno di questi è italiano: l’Ospedela Niguarda di Milano che per la malattia è anche centro di riferimento europeo. Per l’impegno con cui in questi anni si sono impegnati nel tantino di capirne le cause e individuare una terapia tre ricercatori che lavorano presso il dipartimento di Ematologia, la genovese Alessandra Trojani, la milanese Francesca Ricci e il palermitano Antonino Greco, riceveranno il premio Young Investigator Award (YIA) che verrà assegnato nel corso del sesto Workshop internazionale dedicato alla MW che si terrà a Venezia dal 6 al 10 ottobre.
I ricercatori infatti nell’ambito dei loro studi sono riusciti ad individuare molti geni e alcuni importanti meccanismi biologici coinvolti nel raro linfoma. Tutti i dettagli della ricerca verranno dati durante il workshop di Venezia ma è chiaro che i ricercatori nutrono molte speranze. Attraverso le nuove scoperete genetiche infatti si potrebbero individuare nuovi marcatori genetici della malattia e target terapeutici innovativi, e fornire nuove conoscenze dei processi biologici che caratterizzano la MW.
Per ora la cura che viene applicata ai malati che arrivano al Niguarda è un'immunochemioterapia: la combinazione tra un farmaco antitumorale e un anticorpo monoclinale”. L’equipe del Niguarda sta ora cercando di definire il mix ideale fra i due ingredienti.
Se le cause esatte della malattia rimangono infatti ancora ignote appare evidente che vi sia una componente genetica. Sempre secondo i dati raccolti dal Niguarda infatti i malati hanno una probabilità pari al 15 - 20 per cento di avere un parente di primo grado con la stessa patologia o malattie simili. Difficile è stabilire quante persone siano interessate da questo tumore che per molti anni può rimanere silente ed essere a lungo asintomatico. Secondo la professoressa Enrica Morra che dirige la divisione di Ematologia si può stimare che in Italia ve ne siano almeno 1.000 casi ma va tenuto conto anche del fatto che spesso i pazienti muoiono senza che sia stata effettuata la diagnosi, e spesso senza che siano stata tentate le cure del caso. Il numero non è di poco conto se letto nell’ottica della malattie e dei tumori rari che talvolta hanno poche decine di pazienti nel nostro paese e considerando quanti non vengono diagnosticati i numeri potrebbero essere molto più alti di quel che non si creda. Al di là di questi pochi numeri, l'epidemiologia della MW è tutta da scrivere.
“I criteri diagnostici li abbiamo stabiliti di recente, nel 2002 - dice professoressa Morra Stiamo lavorando per diffonderli nei vari centri e anche il Workshop di Venezia sarà un momento di formazione prezioso, ma al momento molti casi vengono persi”. I sintomi più comuni della malattia sono ingrossamento della milza o dei linfonodi, viscosità del sangue, mal di testa, confusione, disturbi visivi, febbre, perdita di peso, necrosi delle parti più esposte al freddo (punta del naso, orecchie, dita di mani e piedi), ulcere ai malleoli, porpora e orticaria da freddo, neuropatie invalidanti. A causare il male è una proteina gigante che intasa la circolazione causando i sintomi più svariati fra cui disturbi a vista, nervi e cervello .
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