In 60 centri italiani si svela l’insensibilità alle terapie a bersaglio molecolare dai primi stadi. Ancora sperimentale il test, all’IRCC di Candiolo, per la resistenza acquisita
Mossa e contromossa: il cancro, per continuare a crescere, mette in atto dei meccanismi per sottrarsi all’attacco dei farmaci somministrati mentre i ricercatori, per fermarlo, giocano d’astuzia per anticipare lo sviluppo di resistenza alle terapie delle cellule tumorali.
E’ una questione di strategia e, per il tumore al colon-retto, i ricercatori italiani hanno messo a segno alcuni colpi vincenti nell’ultimo decennio: dallo scorso anno, nel nostro Paese, i pazienti diagnosticati con questo tipo di neoplasia, che è il terzo tipo di tumore più diffuso con 35 mila nuovi casi all’anno di cui quasi la metà in fase metastatica, possono sottoporsi al test del KRAS per identificare quale tipo di terapia sarà più efficace a livello individuale.
Si fa presto a dire cancro ma in realtà non tutti i tipi di tumore sono uguali, pur colpendo lo stesso organo hanno caratteristiche genetiche differenti che ne determinano la progressione e la sensibilità ai farmaci.
La più nota, oggi, è la mutazione del gene KRAS, un segnale molecolare che quando è difettoso fa sì che il tumore continui a crescere e la terapia chemioterapica rafforzata con cetuximab, un anticorpo monoclonale capostipite dei cosidetti ‘farmaci intelligenti’, non risulti efficace.
Sono 60 i centri su territorio nazionale, parte di un network voluto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dalla Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia diagnostica (SIAPEC), in cui si può effettuare il test del KRAS e capire qual sia la terapia più adatta per il paziente da una semplice biopsia o da un campione di tessuto se è già stato sottoposto a intervento chirugico.
“Circa il 40 per cento dei pazienti con tumore colon retto metastatico ha il gene mutato – spiega Fortunato Ciardello, professore di Oncologia Medica a Napoli, autore con Nicola Normanno e altri esperti italiani di uno studio per il controllo qualità di questo test adottato come modello a livello internazionale e pubblicato su PLoSONE - Dal punto di vista pratico noi non trattiamo questi pazienti con il cetuximab perchè non ne trarrebbero alcun beneficio terapeutico e così risparmiamo al paziente il costo della tossicità ai farmaci e alla sanità quello effettivo della terapia. Ci possiamo invece concentrare sul 60 per cento di pazienti con gene KRAS non difettoso, su cui l’anticorpo monoclonare agisce in modo efficace e ne rallenta la progressione. In Italia abbiamo avuto un consolidamento organizzativo rapidissimo che oggi ci permette di eseguire il test su tutti i pazienti, l’unico ostacolo ancora da risolvere è l’aspetto burocratico anche se ormai in 10-14 giorni dalla richiesta del test si riesce ad averne il risultato.”
Questo test, seppure riesca ad individuare la mutazione dell’oncogene e sia utile nella selezione di una terapia ad hoc per il singolo paziente, non è sempre in grado di prevedere la risposta ai farmaci e sono ancora molti i casi in cui il tumore manifesta una forma di resistenza, da subito oppure dopo qualche ciclo di trattamento. Il gene KRAS, infatti, si può rompere in ogni momento e ciò spiega il perchè in alcuni pazienti il tumore ricominci a crescere dopo un’iniziale regressione.
La ricerca di Alberto Bardelli dell’IRCC di Candiolo, pubblicata lo scorso giugno su Nature e condotta in collaborazione con l’Oncologia Falck di Niguarda e alcuni ricercatori del Memorial Sloan Kettering di New York, grazie al contributo del finanziamento 5 per mille dell’Associazione per la Ricerca sul Cancro, ha trovato in alcuni frammenti di DNA rilasciati dalle cellule tumorali nel sangue un indizio che segnala l’intenzione del tumore di ricominciare a proliferare. Il test diagnostico, in fase sperimentale, è un semplice esame del sangue che permette di prevedere questa resistenza acquisita con ben 10 mesi d’anticipo rispetto all’esame radiologico che, in genere, conferma una nuova crescita della massa tumorale. Niente indagini invasive come la biopsia, ma un semplice prelievo, oggetto di studio nel prossimo futuro per la definizione del test da applicare, idealmente, di routine nei centri diagnostici come già è accaduto per il test del KRAS.
L’individuazione di una resistenza acquisita consentirà di migliorare ulteriormente la personalizzazione delle terapie oncologiche e va di pari passo con la formulazione di nuovi farmaci a bersaglio molecolare.
Seguici sui Social