Il raro tumore al cervello è quasi sempre causato dalla mutazione del gene BRAF. Presto sarà avviata una sperimentazione per testare l'inibitore del gene stesso

La promessa è quella di sviluppare farmaci specifici per inibire il gene diffettoso che consente al craniofaringioma di accrescersi. In realtà è ancora un po’ presto, ma i primi passi in questa direzione sono già stati avanzati. Il punto di partenza è stato l’identificazione di una mutazione del gene BRAF nel cellule di questo raro tumore del cervello: a darne notizia la rivista Nature Genetics, qualche settimana fa, con il lavoro dei ricercatori del Massachusset General Hospital di Boston e della Harvard Medical School, che hanno dimostrato come questo difetto genetico faccia da unico ‘driver’ (ovvero da spinta) per la proliferazione delle cellule tumorali nella forma papillare nel 95% dei casi. Dal sequenziamento genico, condotto su un centinaio di campioni, è stata individuata anche un’altra mutazione - nel gene CTNNB - che è risultata invece caratteristica della variante più frequente nell’età pediatrica, craniofaringima adamantinoso.


Con un caso su 50 mila, questo tumore del cervello è molto raro e può colpire a tutte le età: nei bambini rappresenta il 5-15% di tutte le neoplasie intracraniche. La sua lenta crescita ed evoluzione fanno sì che la prognosi sia piuttosto favorevole ma, sebbene non degeneri in metastasi, può essere causa di seri disturbi alla vista, cefalee o interferenze endocrinologiche nella crescita e nella pubertà. Ad oggi il trattamento di elezione è l’intervento chirurgico per rimuovere la massa tumorale – tutta o in parte-, abbinato a radioterapia per ridurre il rischio di recidiva.

Mancano però dei farmaci mirati ed efficaci quali valida alternativa anche per quei casi che non beneficiano dalla terapia standard. L’individuazione della mutazione in BRAF delinea all’orizzonte proprio la possibilità di avere un farmaco mirato e senza aspettare troppo. Esistono già degli inibitori per bloccare questa particolare mutazione e sono stati testati in altre forme tumorale, dimostrandone il meccanismo, l’efficacia e le limitazioni.  La mutazione del gene BRAF, infatti, è nota in oncologia: la ritroviamo anche in alcune varianti di melanoma, tumore della tiroide o del colon-retto. In sintesi, il suo ruolo chiave nel craniofaringioma potrebbe evitare ai ricercatori di partire da zero. Se si pensa ai tempi lunghi della ricerca scientifica, è un bel vantaggio, di cui altri hanno beneficiato in precedenza: non è raro, oggi, riscontrare meccanismi patologici identici in malattie differenti e ‘prendere in prestito’ farmaci già validati in altri studi promette di diventare una pratica frequente, soprattutto con quelli a target molecolare

. Su queste basi, il team di ricerca statunitense ha annunciato il prossimo disegno e avvio di un trial multicentrico per testare l’efficacia di un inibitore di BRAF anche in questa rara neoplasia cerebrale.

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