Un marcatore affidabile e veloce per individuare un tumore raro e dalla prognosi sfavorevole. Ne parla il dott. Pierpaolo Trimboli dell’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana
La presenza di un nodulo in sede tiroidea può essere considerata un evento piuttosto comune che tende a diventare più frequente con l’aumento dell’età ma accade (meno diffusamente, per l’esattezza) che dietro ad un nodulo si possa celare un tumore della tiroide. Le patologie tumorali tiroidee si possono suddividere in diverse categorie con i carcinomi papillari e follicolari che rappresentano la quasi totalità delle diagnosi. Quasi sempre si tratta di forme ben differenziate associate ad una prognosi molto favorevole (secondo le Linee Guida NCCN i tassi di sopravvivenza a 10 anni oscillano tra il 90 e il 95%) ma circa il 5% di tutti i tumori della tiroide sono costituiti dal carcinoma midollare, ben più raro e pericolosoe che in 1 caso su 5 ha una predisposizione familiare.
“Dal punto di vista ecografico il carcinoma midollare della tiroide (MTC) può simulare un nodulo benigno della tiroide ma con una struttura molto eterogenea e non tipica” – spiega il dott. Pierpaolo Trimboli, del Centro Diagnosi e Terapia della Malattie Tiroidee dell’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (diretto dal Prof. Luca Giovanella) – “Questo tumore si forma a partire dalle cellule C, o cellule parafollicolari, che non sono propriamente tipiche della tiroide ma che producono calcitonina”. Per questo motivo la diagnosi di MTC si esegue conil dosaggio della calcitonina circolante. La calcitonina (CT) è un ormone polipeptidico che subisce rialzi in presenza di patologia tiroidea ma può salire di livello anche in seguito alla presenza di altre condizioni. “Pur essendo la CT il reale marcatore di diagnosi dell’MTC, in realtà essa pone una serie di problematiche a livello di identificazione nel siero perché può essere prodotta da diverse altre cellule del nostro corpo, come quelle della mammella, del pancreas o della prostata” – chiarisce Trimboli – “Inoltre,i valori della CT possono differire a seconda del metodo di misurazione usato. Infine, esistono fattori di natura non tiroidea, quali l’abitudine al fumo di sigaretta, che concorrono all’aumento dei livelli di CT restituendo valori falsamente positivi. Siamo, quindi, alla ricerca di nuovi marcatori in grado di migliorare la diagnostica dell’MTC, un tumore non frequente ma pericoloso”.
La pro-calcitonina (pro-CT) è stata citata in svariate pubblicazioni americane, tedesche e italiane come possibile soluzione al problema. “Essa non è altro che un precursore della CT, prodotto attraverso un processo fisiologicamente differente, ma riscontrabile nel circolo sanguigno” – continua l’esperto – “Negli ultimi tempi la pro-CT è divenuta un marcatore indispensabile in medicina interna dal momento che offre il vantaggio di un aumento precoce ed altamente specifico in risposta a infezioni batteriche e sepsi”. Infatti, nei soggetti con febbri persistenti si esegue la misurazione della pro-CT e se questa è molto bassa (o indosabile) si è certi di essere in presenza di un’infezione di tipo virale che non richiede trattamento antibiotico. Invece, nel caso di un risultato positivo si ha la sicurezza di trovarsi di fronte a un’infezione batterica. Visto l’importante scenario che ne ha favorito l’utilizzo, i laboratori hanno sviluppato procedure in grado di fornire risultati immediati già nel giro di un’ora dal prelievo. Inoltre, la pro-CT può essere usata anche nel follow-up per impostare la terapia antibiotica.
Ed è a questo punto che è stato rilevato il significato della pro-CT anche nella diagnostica dell’MTC. “La pro-CT risulta indosabile, cioè uguale a zero, nel paziente con noduli che non siano riconducibili a MTC” – precisa Trimboli – “Essa ha valori elevati nel paziente con MTC. Il suo utilizzo risolve il problema nei soggetti con valori di CT appena elevati ma non chiaramente diagnostici. Il valore della CT rientra in genere nell’intervallo di normalità fino a 20 ng/L. Al di sopra dei 100 ng/L abbiamo un risultato che depone nettamente a favore della presenza di un MTC. Ma tra 20 e 100 ng/L ci troviamo in una zona grigia molto ampia e non è possibile discriminare tra la presenza e l’assenza di MTC. Perciò da molto tempo si discute se esistano gli strumenti per escludere la malattia o se convenga inviare il paziente in chirurgia per accertamenti. La pro-CT ha tutte le caratteristiche per offrire risposte sicure.” È una molecola molto stabile che si mantiene in circolo fino a 24 ore senza le oscillazioni nel tempo, come invece fa la CT. Inoltre, l’anticorpo impiegato nell’analisi immunoenzimatica per dosare la pro-CT nel sangue è lo stesso in tutti i laboratori e ciò non pone probelmi di comparazione tra i diversi metodi.
“Esistono anche studi focalizzati nel dosaggio della pro-CT post-intervento chirurgico” – chiarisce Trimboli – “Può accadere che il paziente con tumore e CTelevata venga operato. Di norma a questo punto, ci si aspetta che il valore di CT si azzeri ma se ciò non succede, in assenza di tiroide, è difficile capire se quel valore persistente sia legato alla presenza di tessuto tumorale midollare residuo o metastatico. Oppure no. La pro-CT è utile perché il paziente in remissione completa mostra una pro-CT talmente bassa da essere praticamente indosabile. E la conferma di tutto ciò giunge anche da studi condotti presso la Mayo Clinic, un centro di riferimento mondiale per patologie tumorali. La pro-CT è pertanto un ottimo strumento per la valutazione iniziale e per il monitoraggio post-operatorio dei pazienti con MTC”.
Seguici sui Social