Non tutte le cellule tumorali in un paziente hanno lo stesso profilo genetico e questo può rendere inefficaci gli inibitori. Lo studio di Harvard
USA - Alla variabilità genetica tra un caso di tumore e l’altro, che ormai sappiamo rendere individuale la sensibilità ai trattamenti e la prognosi, si aggiungerebbe ora anche l’eterogeneità all’interno di un singolo tumore: le cellule del mieloma multiplo non sono tutte caratterizzate dalle stesse mutazioni note – come quelle nei geni KRAS, NRAS o BRAF – ma sono presenti anche delle sottopopolazioni che mostrano un profilo genetico diverso e del tutto peculiare.
A scoprirlo sono stati i ricercatori del Broad Institute di Harvard al cui studio, un’analisi di oltre 200 biopsie di mieloma multiplo, dà ampio risalto la rivista internazionale "Cancer Cell".
L’indagine genetica si è avvalsa di una nuova tecnica (ABSOLUTE), elaborata presso lo stesso centro di eccellenza statunitense, e ha permesso di capire che le cellule tumorali di un paziente possono addirittura differire le une dalle altre per alcuni geni difettosi. E' facile capire che l'esistenza di queste popolazioni 'subclonali' implica dunque una maggiore imprevedibilità di comportamento del mieloma multiplo, una neoplasia già di per sé complessa sia per la diagnosi che nell'individuazione di terapie efficaci.
Secondo le previsioni epidemiologiche nel prossimo decennio i casi di mieloma multiplo, già oggi il secondo tumore del sangue più diffuso soprattutto nella terza età, aumenteranno in associazione a un generale invecchiamento della popolazione.
Come per altri tipi di cancro, la 'target therapy' è tra le opzioni più promettenti, anche a fronte della migliore caratterizzazione molecolare dei tumori.
Tra le mutazioni note più frequenti associate a mieloma multiplo l'anomalia nel gene BRAF (nel 4% dei casi) per la quale sono già stati sviluppati e sperimentati alcuni inibitori selettivi con risultati soddisfacenti. Alla luce dei risultati di questo studio, quindi, può accadere che il tumore di un paziente esprima una mutazione di BRAF nel 70% delle sue cellule e un mutazione diversa nel restante 30%: la prima potrebbe rispondere bene a un inibitore, la seconda a un altro ma non al primo.
Quale terapia scegliere? Sarebbe come se il paziente con mieloma multiplo avesse “non una ma più malattie contemporaneamente”, spiegano i ricercatori in una nota stampa. “Gli inibitori hanno enormi potenzialità in alcuni pazienti, ma potrebbero essere fonte di criticità per altri pazienti: mutazioni diverse posso influenzare, anche negativamente, la risposta terapeutica a un farmaco.”
La contemporanea presenza di altre mutazioni in un tumore potrebbe spiegare alcuni comportamenti finora rimasti poco chiari, come lo sviluppo di recidiva o la resistenza ad alcuni trattamenti farmacologici. Quello del mieloma multiplo potrebbe non essere un caso isolato: i ricercatori di Harvard stanno applicando lo stesso algoritmo investigativo anche in altre forme tumorali per scovare una eterogeneità genetica.
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