ROMA – A parità di efficacia fra somministrazione endovenosa e sottocutanea di bortezomib, quest’ultima è preferita dai pazienti con mieloma multiplo. Questa è la conclusione cui sono giunte le dottoresse Maria Teresa Petrucci, Paola Finsinger, Marta Chisini e Fabiana Gentilini del Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia dell’Università “La Sapienza” di Roma. Per valutare l’effetto positivo sulla qualità di vita dei pazienti, le studiose hanno analizzato, in un articolo pubblicato sul giornale Patient Preference and Adherence i dati disponibili fino ad oggi, concernenti diverse strategie utilizzate per migliorare la tollerabilità del farmaco.

Il mieloma multiplo è un tumore maligno delle cellule del plasma per il quale il trattamento è migliorato notevolmente negli ultimi dieci anni a causa della sua sensibilità a nuovi agenti come  talidomide, lenalidomide e bortezomib. L’emergere di questi farmaci ha trasformato la gestione dei pazienti con mieloma multiplo e ha prolungato la sopravvivenza globale per i più giovani così come per i più anziani. Tuttavia, le risposte non sono sempre definitive e si tratta di farmaci associati a un potenziale alto rischio di tossicità.

 

Lo studio segnala in particolare che l’uso di bortezomib, nonostante i suoi risultati positivi in termini di efficacia, ha alcuni svantaggi: in particolare la via di somministrazione endovenosa, la pianificazione bisettimanale, ed episodi relativamente frequenti di neuropatia periferica. Sulla base di questi inconvenienti, sono state studiate e sviluppate diverse strategie per migliorare il profilo di sicurezza del farmaco, fornendo prove a favore della somministrazione una volta alla settimana, e per via sottocutanea, combinando quindi queste due strategie. A partire dai dati generati con la somministrazione bisettimanale endovenosa, è stato riscontrato il conseguente miglioramento nel suo profilo di tollerabilità e, di conseguenza, nella qualità di vita dei pazienti con la somministrazione settimanale e sottocutanea.

I risultati di un trial di fase III indicano che la somministrazione sottocutanea di bortezomib è caratterizzata da un’efficacia comparabile a quella endovenosa. Ma un recente studio ha dimostrato che la modalità sottocutanea è preferita dai pazienti. È possibile ipotizzare che la relativa facilità di somministrazione sottocutanea potrebbe offrire la possibilità di effettuarla a domicilio, come già avviene per altri trattamenti orali antitumorali. Queste caratteristiche indicano che la somministrazione sottocute fornisce una nuova opzione di trattamento, in particolare per i pazienti con preesistente neuropatia o ad alto rischio di sviluppare neuropatia periferica, ed è destinato a diventare il percorso preferito di somministrazione.

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