Risultati incoraggianti anche dalla sperimentazione di un nuovo trattamento che combina lenalidomide e desametasone. Il commento del Prof. Antonio Palumbo, ematologo delle “Molinette” di Torino e coordinatore del progetto
TORINO – Nuove speranze per i pazienti affetti da mieloma multiplo. La novità più importante è per chi si sottopone a trapianto subito dopo la diagnosi: in questo caso la sopravvivenza raddoppia. Una scoperta strettamente collegata alla terapia farmacologica: un secondo studio rivela infatti che una combinazione di lenalidomide e desametasone si è dimostrata più efficace rispetto alla terapia standard.
In entrambi i casi è stato determinante il contributo del Prof. Antonio Palumbo, della Divisione di Ematologia dell’ospedale 'Molinette' di Torino. I due studi sono stati pubblicati il 4 settembre sul New England Journal of Medicine, la più prestigiosa rivista scientifica al mondo. "Il mieloma multiplo – spiega il Prof. Palumbo – è un tumore del midollo osseo che colpisce in particolar modo gli anziani: l’età media alla diagnosi è di 70 anni. In Italia, a causa dell’invecchiamento della popolazione, l’incidenza è arrivata a 10 casi su 100.000".
TRAPIANTO AUTOLOGO E TERAPIA DI MANTENIMENTO
Il primo studio coordinato dal Prof. Palumbo (Autologous Transplantation and Maintenance Therapy in Multiple Myeloma), in collaborazione con 14 diversi centri ematologici italiani e due istituti israeliani, ha preso in esame 524 pazienti sotto i 65 anni di età con nuova diagnosi di mieloma multiplo. Un primo gruppo di 273 pazienti è stato trattato con alte dosi di melfalan più trapianto di cellule staminali o terapia di consolidamento dopo induzione di MPR (melfalan-prednisone-lenalidomide), e un secondo gruppo di 251 pazienti con terapia di mantenimento a base di lenalidomide o nessuna terapia di mantenimento. Il periodo medio di follow-up è stato di 51,2 mesi.
"La domanda che ci siamo posti è: il trapianto autologo va fatto alla diagnosi o in recidiva?", commenta il Prof. Palumbo. "I risultati ci hanno dimostrato che va fatto alla diagnosi e non in fasi successive: in questo modo la sopravvivenza raddoppia". La terapia di consolidamento con melfalan più trapianto di cellule staminali, rispetto al MPR, prolunga significativamente la sopravvivenza globale a 4 anni (81,6% contro 65,3%), e libera da progressione (43,0 contro 22,4 mesi). Il mantenimento con lenalidomide, rispetto a nessun mantenimento, ha prolungato significativamente anche la sopravvivenza libera da progressione (41,9 mesi contro 21,6 mesi).
I NUOVI FARMACI: LENALIDOMIDE E DESAMETASONE
Il secondo studio (Lenalidomide and Dexamethasone in Transplant-Ineligible Patients with Myeloma) ha preso in esame 1.623 pazienti in 18 paesi del mondo, con nuova diagnosi di mieloma multiplo e non candidabili al trapianto di cellule staminali. Rispetto alla terapia standard a base di MPT (melfalan-prednisone-talidomide), la somministrazione continua di lenalidomide-desametasone fino alla progressione della malattia è stata associata ad un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione, e da un marginale aumento della sopravvivenza globale.
"Entrambi gli studi – continua il Prof. Palumbo – dimostrano che la terapia di tipo continuativo è fondamentale e ha una rilevante efficacia clinica. Il vantaggio del lenalidomide è che viene somministrato per via orale. Fra gli effetti collaterali abbiamo registrato leucopenia (riduzione dei globuli bianchi) e rischio di infezioni. Al momento possiamo dire che il lenalidomide e il bortezomib sono due capisaldi della terapia e sono entrambi necessari, anche se negli Stati Uniti sono già stati sperimentati nuovi farmaci come il pomalidomide e il carfilzomib. Per quanto riguarda il lenalidomide-desametasone, ci vorranno ancora uno o due anni per l’approvazione da parte dell’FDA e dell’EMA, e poi dall’AIFA per concordare il prezzo o la rimborsabilità".
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