Lo studio “real life” è stato realizzato dai 12 centri della “Rete Ematologica Pugliese”
BARI – La Rete Ematologica Pugliese, costituita nel marzo 2010, riunisce tutte le strutture complesse di Ematologia presenti in Puglia e garantisce uguali cure a tutti i pazienti affetti da forme tumorali del sangue, grazie alla standardizzazione delle procedure diagnostico-terapeutiche.
L’ultimo lavoro della Rete Ematologica Pugliese è un’analisi multicentrica retrospettiva che rappresenta il primo studio italiano a valutare, nel contesto della vita reale, il profilo di efficacia e la tossicità di lenalidomide più desametasone come terapia di salvataggio nei pazienti con mieloma multiplo recidivo-refrattario.
Questo studio, pubblicato sulla rivista Leukemia Research, ha incluso pazienti che sono solitamente esclusi dagli studi clinici a causa delle loro caratteristiche di base sfavorevoli. Dal maggio 2009 al settembre 2013, 290 pazienti (età media 70 anni) sono stati trattati in 12 centri ematologici italiani: il 68% di loro era affetto da mieloma multiplo recidivante e il 32% da mieloma multiplo refrattario a uno o più precedenti linee di trattamento, inclusi i regimi basati sul bortezomib o sul talidomide. Almeno una grave comorbilità era presente nel 53% dei pazienti.
La sopravvivenza globale media è stata significativamente più lunga nei pazienti che hanno ricevuto la combinazione di lenalidomide più desametasone per più di 12 mesi, rispetto a coloro che l’avevano ricevuta per un intervallo più breve: 57 mesi rispetto a 24 mesi.
La sopravvivenza globale media, inoltre, non è stata influenzata dalla migliore risposta ottenuta e dall’età. La qualità della risposta non era correlata con il numero di precedenti linee di terapia e con l’età. Le percentuali di risposta obiettiva più elevate sono state registrate nel gruppo di pazienti con mieloma multiplo recidivo rispetto a quelli con malattia refrattaria, ma questa differenza non è stata statisticamente significativa.
In conclusione, in questi pazienti non selezionati, pesantemente pre-trattati e con diverse comorbilità, il trattamento continuo con lenalidomide più desametasone per almeno 12 mesi è stato il miglior indicatore di una più lunga sopravvivenza globale senza tossicità aggiuntive o inaspettate. Dunque, appare chiaro che la sopravvivenza globale è influenzata dalla risposta al trattamento. I possibili rischi legati a una prolungata terapia antitumorale, inoltre, sembrano essere controbilanciati da una significativa sopravvivenza libera da progressione e da una più lunga sopravvivenza globale.
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