Prof. Antonio Palumbo (Torino): ‘Ci affidiamo a degli score geriatrici per valutare, di volta in volta, la fragilità del paziente, l'età, ed eventuali cardiopatie’
TORINO – Nei pazienti anziani affetti da mieloma multiplo, la terapia con una combinazione di tre farmaci non si è dimostrata più efficace di quella con due farmaci. Sono le conclusioni a cui è giunto un gruppo di ricercatori italiani, coordinati dall'Unità Mieloma Multiplo dell'Università di Torino diretta dall'ematologo Prof. Antonio Palumbo.
Il Centro è uno dei più grandi in Italia e in Europa, con 150 nuove diagnosi all'anno: una gran parte dei 5-6.000 pazienti presenti in Italia. E per il Prof. Palumbo, un grande ospedale è un vantaggio assoluto: “I grandi centri garantiscono una maggior sicurezza e un miglioramento del servizio, e possono permettersi di avere delle unità specialistiche come quella per il mieloma multiplo”.
Come si legge nello studio pubblicato sulla rivista Blood, 662 pazienti italiani di età superiore ai 65 anni o non idonei al trapianto hanno ricevuto una terapia di induzione con melfalan-prednisone-lenalidomide (MPR) o ciclofosfamide-prednisone-lenalidomide (CPR), oppure lenalidomide più desametasone a basso dosaggio (Rd). L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione nel triplo regime (MPR + CPR), contro il doppio regime (Rd) a base di lenalidomide. Dopo un follow-up di 39 mesi, la sopravvivenza libera da progressione è stata di 22 mesi per la tripla combinazione e di 21 mesi per la doppia.
“L'obiettivo del nostro studio – spiega il Prof. Palumbo – era mettere a confronto una combinazione di tre farmaci (quindi più tossica) con una di due farmaci, per valutare il miglior rapporto tra efficacia e tossicità. La sostanza è che nella misura in cui si ha una terapia continuativa, queste due opzioni sono simili. Questo discorso è valido per i pazienti anziani, che nel mieloma multiplo si intendono sopra i 65 anni; sotto quest'età è vero l'opposto, perché può esserci l'indicazione al trapianto”.
La sopravvivenza globale media a 4 anni non è stata raggiunta in entrambi i gruppi, ed è stata del 67% per il triplo regime e del 58% per il doppio. Considerando i tre bracci di trattamento separatamente, nessuna differenza nella prognosi è stata rilevata tra MPR, CPR e Rd. La tossicità più comune di grado superiore a 3 è stata la neutropenia: il 64% nei pazienti MPR, il 29% in quelli CPR e il 25% in quelli Rd. Le tossicità non ematologiche di grado superiore a 3 erano simili tra i gruppi e sono state principalmente di tipo infettivo (6,5-11%), costituzionale (3,5-9,5%) e cardiaco (4,5-6%), con nessuna differenza tra i bracci. In conclusione, nella popolazione generale, i tripli regimi MPR e CPR contenenti agenti alchilanti non si sono rivelati superiori al doppio regime Rd senza alchilanti, che è stato associato a minore tossicità.
“Somministrare più farmaci, in generale, è meglio, a patto che siano tollerati, e l'intensità di dose viene persa con l'età”, sottolinea Palumbo. “Ci affidiamo a degli score geriatrici per valutare, di volta in volta, la fragilità del paziente, l'età, ed eventuali cardiopatie”.
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