Nuove conferme per il Pirfenidone, il primo farmaco orfano approvato per il trattamento della Fibrosi Polmonare Idiopatica (FPI). L'azienda farmaceutica americana InterMune, che produce il trattamento, ha infatti annunciato che i risultato di due differenti studi di fase tre sono stati pubblicati on line dal Lancet il 13 maggio scorso e che saranno poi divulgati anche nell'edizione cartacea. I risultati dimostrano gli effetti positivi del trattamento con il un nuovo farmaco antifibrotico e antinfiammatorio, su funzione polmonare, test del cammino di 6 minuti e sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival - PFS) nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (FPI) da lieve a moderata. 

La FPI è una malattia polmonare rara con esito fatale, che affligge globalmente oltre 200.000 pazienti nell’UE e negli Stati Uniti, caratterizzata da un tasso di sopravvivenza pari solo al 20% a 5 anni. 
“I dati appena pubblicati documentano il favorevole profilo rischio-beneficio di pirfenidone nei pazienti affetti da FPI, in accordo alla recente approvazione all’uso del farmaco in questa tipologia di soggetti concessa dall’Agenzia Europea del Farmaco - ha dichiarato Paul W. Noble, Professore di Medicina, Capo della Divisione di Pneumologia, Allergologia e Terapia Intensiva, della Duke University School of Medicine e Autore responsabile dello studio - Benché i risultati dello Studio 004 e 006 non siano identici e solo lo Studio 004 abbia raggiunto l’endpoint primario, l’insieme dei dati fornisce un’evidenza convincente dell’effetto clinicamente significativo di pirfenidone, nonché del favorevole profilo di sicurezza del farmaco nei pazienti affetti da FPI”.

Il Programma CAPACITY
prevede due studi di Fase 3 internazionali, in doppio cieco e controllati con placebo (Studio 004 e Studio 006) condotti contemporaneamente in 779 pazienti affetti da FPI, di età compresa tra i 40 e gli 80 anni, presso 110 centri dislocati in Australia, Europa e Nord America.  I pazienti sono stati randomizzati all’assunzione orale di pirfenidone (2.403 mg/die) o di placebo per almeno 72 settimane, al fine di valutare l’eventuale riduzione del deterioramento della funzione polmonare indotta da pirfenidone nei pazienti affetti da FPI.

Risultati dello studio CAPACITY

Endpoint primario dello studio – Capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity - FVC)
Nello Studio 004, pirfenidone ha ridotto il declino della FVC, un’importante misura della funzione polmonare nei pazienti affetti da FPI (p = 0,001).  Alla settimana 72, la variazione media di FVC si è attestata a – 8,0 per centoe a -12,4 per cento rispettivamente nei gruppi pirfenidone e placebo, con una differenza significativa del 4,4%.  Inoltre, rispetto al placebo, il trattamento con pirfenidone ha ridotto la percentuale di pazienti afflitti da diminuzione della FVC pari almeno al 10 per cento (35 pazienti su 174 vs. 60 pazienti su 174).  È importante sottolineare che tale riduzione è associata in diversi studi all’aumento del rischio di mortalità nei pazienti affetti da FPI.  

Nello Studio 006, alla settimana 72, la differenza intergruppo della variazione di FVC non ha raggiunto la significatività statistica (- 9,0 per cento nel gruppo pirfenidone vs. - 9,6 per cento nel gruppo placebo), tuttavia, il trattamento con pirfenidone è risultato uniforme e statisticamente significativo a un anno.  In entrambi gli studi e a tutte le valutazioni temporali, l’analisi sulle misure ripetute della variazione percentuale attesa di FVC ha dimostrato un effetto favorevole di pirfenidone.

L’analisi dell’endpoint primario nella popolazione aggregata ha inoltre evidenziato un effetto del trattamento con pirfenidone sulla FVC percentuale attesa alla settimana 72 (p = 0,005).  La variazione media ha raggiunto - 8,5% nei pazienti del gruppo pirfenidone (2.340 mg/die) e - 11 per cento nel gruppo placebo; inoltre, nel gruppo aggregato in trattamento con pirfenidone una percentuale inferiore di pazienti ha evidenziato un calo della FVC pari almeno al 10 per cento.

Test del cammino di 6 minuti - Endpoint secondario dello studio
Alla settimana 72, il trattamento con pirfenidone 2.403 mg/die ha diminuito significativamente la riduzione della distanza percorsa al 6MWT solo nello studio 006.  Nella popolazione aggregata, alla settimana 72, tra i due gruppi di trattamento è emersa una differenza percentuale relativa del 31 per cento. La differenza minima clinicamente rilevante nella distanza percorsa al 6MWT dai pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica è risultata compresa tra i 24 e i 45 metri.  In un’analisi post-hoc, è stato registrato un decremento pari almeno a 50 metri in 62 pazienti su 170 (36 per cento) nel gruppo pirfenidone in 80 pazienti su 170 (47%) del gruppo nello Studio 004 (p = 0,049) e rispettivamente in 56 su 169 pazienti (33 per cento) e in 79 su 168 pazienti (47 per cento) nello Studio 006 (p = 0,010).  Il rischio relativo di Mantel-Haenszel si è attestato a 0,74 (IC 95 per cento: 0,62 - 0,89) per il rischio relativo all’analisi post-hoc sulla popolazione aggregata.

Mortalità e sopravvivenza libera da progressione
I dati aggregati dei due studi clinici mostrano un numero di decessi inferiore (6 per cento vs. 8 per cento) e un numero statisticamente inferiore di decessi FPI-correlati (3 vs. 7 per cento) al confronto tra i gruppi pirfenidone e placebo in trattamento (p <0,03).

In base all’analisi aggregata, pirfenidone ha prolungato la sopravvivenza libera da progressione del 26 per cento rispetto al placebo.

Sicurezza
I risultati dello studio confermano che pirfenidone è un trattamento orale in genere ben tollerato, contraddistinto da un profilo favorevole di effetti collaterali; la sperimentazione ha globalmente evidenziato reazioni avverse lievi o moderate. Rispetto al placebo, le reazioni avverse più frequenti a pirfenidone sono risultate: nausea (32,8 vs. 13,3 per cento), eritema (28,7 vs. 8,6 per cento), affaticamento (22,3 vs. 13,3 per cento), diarrea (21,7 vs. 13,5 per cento), dispepsia (16,8 vs. 5,5 per cento) e reazione da fotosensibilità (12,2 vs. 1,7 per cento).

Il trattamento in studio è stato interrotto per l’insorgenza di eventi avversi in 51 dei 345 pazienti (15 per cento) del gruppo aggregato in terapia con pirfenidone e in 30 dei 347 pazienti (9 per cento) nel gruppo placebo aggregato. Eventi avversi associati al trattamento sono emersi in 113 dei 345 pazienti (33 per cento) del gruppo aggregato in terapia con pirfenidone e in 109 dei 347 pazienti (31 per cento) nel gruppo placebo aggregato.

Pirfenidone
Pirfenidone è una molecola farmacologicamente attiva di piccole dimensioni per uso orale. Inibisce la sintesi di TGF-beta, un mediatore chimico deputato al controllo di molte funzioni cellulari, compresi proliferazione e differenziamento, e fondamentale nello sviluppo della fibrosi.  Pirfenidone blocca inoltre la sintesi di TNF-alfa, una citochina dalla nota azione proinfiammatoria.  

Il 28 febbraio 2011, la Commissione Europea (CE) ha concesso l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio a pirfenidone, per il trattamento degli adulti affetti da FPI da lieve a moderata.  L’approvazione ha autorizzato la commercializzazione di pirfenidone in tutti i 27 Stati dell’UE ed è stata  in seguito estesa a Norvegia e Islanda.

Dal 2008, pirfenidone è commercializzato in Giappone da Shionogi & Co. Ltd.
Negli Stati Uniti, pirfenidone è ancora in fase di studio per il trattamento della FPI e in attesa di approvazione da parte della U.S. Food and Drug Administration, per questa indicazione.  Attualmente, InterMune sta progettando di effettuare ASCEND, un nuovo studio di Fase III finalizzato a rendere disponibile pirfenidone ai pazienti affetti da FPI negli Stati Uniti e prevede di arruolare il primo paziente a giugno 2011.

Informazioni sulla FPI
La fibrosi polmonare idiopatica (FPI) è una malattia progressiva, debilitante e con esito fatale che globalmente affligge circa 200.000 persone in Europa e negli Stati Uniti.

La FPI è caratterizzata da infiammazione e deposizione di tessuto cicatriziale (fibrosi) nei polmoni, reazioni che ostacolano il processo di ossigenazione, ed è una malattia progressiva, quindi associata a un aggravamento nel tempo della fibrosi e del quadro sintomatologico.  Il tempo di sopravvivenza dalla diagnosi varia dai 2 ai 5 anni, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni pari a circa il 20%.  I pazienti con diagnosi di FPI hanno in genere un’età compresa tra i 40 e i 70 anni – con un’età media di 63 anni – e la malattia è leggermente più frequente tra le donne.  

Informazioni su InterMune
InterMune è un’azienda attiva nel campo delle biotecnologie dedita alla ricerca, allo sviluppo e alla commercializzazione di terapie innovative nelle aree della pneumologia e dell'epatologia.  Il portfolio R&S di InterMUne si concentra sulla fibrosi polmonare idiopatica (FPI) e sull’infezione del virus dell’epatite C (HCV).  Il portfolio pneumologia comprende pirfenidone,  approvato nell’Unione Europea per il trattamento del paziente adulto affetto da fibrosi polmonare idiopatica (FIP) da lieve a moderata, una malattia dei polmoni progressiva e fatale.  Il settore epatologia offre inibitori delle proteasi HCV di nuova generazione e i programmi di ricerca NS5A.  Per ulteriori informazioni su InterMune e i suoi nuovi progetti R&D, visitate il sito www.intermune.com.

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