La malattia di Alzheimer è una forma di demenza progressiva. Ad oggi ancora non si conoscono le cause di questa malattia. Nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche, come l'acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori e sono quindi coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose.
E’ una malattia dal decorso lento, in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi della malattia ma la rapidità con cui i sintomi si acutizzano varia da persona a persona.

È  una neoplasia maligna che origina nel midollo emopoietico da cellule della serie linfoide comprendente un tipo di globuli bianchi, i linfociti e le plasmacellule che da essi originano.
Le cellule più immature vengono chiamate blasti. Quando la trasformazione tumorale riguarda i blasti della serie linfoide si parla di leucemia linfoblastica acuta. Nelle leucemie acute i blasti midollari sono in genere  superiori al 20 per cento di tutte le cellule del midollo. Inoltre compaiono in variabile proporzione anche nel sangue periferico, dove normalmente sono assenti.

La talassemia è una malattia che fa parte delle emopatie ereditarie recessive, è caratterizzata dalla ridotta o assente sintesi dell'emoglobina, che comporta un difetto di trasporto dell'ossigeno ed ha carattere degenerativo. La talassemia è molto diffusa nelle zone mediterranee come l'Africa, la Spagna meridionale, la Sicilia e la Sardegna, dove c'è un tasso della patologia pari al 12 per cento.

La Sclerosi Laterale Amiotrofila (SLA) è una malattia neurodegenerativa che compare nella maggior parte dei casi dopo i 50 anni e porta ad una degenerazione dei neuroni di moto o motoneuroni. La malattia è conosciuta anche come Morbo di Lou Gehrig, dal nome del famoso giocatore americano di baseball che ne fu colpito, o come malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che per primo la descrisse nel 1860. Nella maggior parte dei casi, oltre il 90 per cento, la malattia è sporadica e sulle sue cause non c’è ancora certezza nonostante negli ultimi anni siano stati compiuti numerosi studi e siano state avanzate molte ipotesi. Il  5 – 10 per cento dei casi sono invece di Sla familiare, presentano cioè dei precedenti in famiglia. La sua incidenza è di circa 1 – 3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno. Attualmente in Italia non si conosce il numero esatto di malati poiché non sono stati ancora completati i relativi registri. Tuttavia si stimano almeno 3.500 malati e 1.000 nuovi casi all’anno con una forte concentrazione il Lombardia, seguita da Campania, Lazio e Sicilia anche se questo potrebbe dipendere in buona parte da una maggiore capacità di diagnosi delle strutture ospedaliere locali.

La sindrome di Rett (RTT) è una rara patologia neurologica dello sviluppo, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. La malattia congenita interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di grave o gravissimo deficit cognitivo. La patologia si manifesta generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale. L’incidenza della malattia tra le ragazze di 12 anni è stimata di 1 su 9.000; nella popolazione generale la stima si abbassa a 1 soggetto su 30.000. La diagnosi di RTT è spesso confusa con quella di autismo o generico ritardo dello sviluppo.
Le Cause
La sindrome sembra essere causata dalla mutazione del gene MECP2 (methyl CpG-binding protein 2), localizzato sul cromosoma X. Nei pazienti caratterizzati da un fenotipo clinico molto simile a quello di RTT, sono state identificate recentemente mutazioni in altri due geni, CDKL5 (cyclin-dependent kinase like 5) e Netrin G1.

I Sintomi
La malattia è caratterizzata da una fase iniziale di sviluppo normale del soggetto, che subisce successivamente un arresto tra i 6 e i 28 mesi di vita. Le capacità psicomotorie acquisite regrediscono velocemente, parallelamente alla comparsa di movimenti stereotipati delle mani (il cosiddetto “hand washing”) e alla progressiva perdita di interesse per l’ambiente sociale. Possono essere anche presenti respirazione irregolare, anomalie dell’EEG (elettroencefalografia) ed epliessia. Intorno ai 25 anni molte pazienti presentano scoliosi.L’evoluzione e la gravità della malattia sono estremamente variabili, sono inoltre presenti delle varianti atipiche di Rett.
Oltre alla forma tipica sono state osservate almeno 5 varianti della patologia
: la variante a linguaggio conservato, la variante con convulsioni ad esordio precoce, le “forme fruste” (in cui i segni clinici caratteristici sono più sfumati), la variante congenita in cui il ritardo psicomotorio è evidente fin dai primi mesi di vita, la variante a regressione tardiva.
In letteratura sono stati inoltre descritti alcuni pazienti maschi, che presentavano un fenotipo simile a quelle delle femmine affette da RTT classica o atipica e, raramente, pazienti maschi affetti da encefalopatia grave ad esordio neonatale e da alterazioni significative della respirazione.
La diagnosi
La diagnosi di RTT è una diagnosi clinica differenziale che si confronta principalmente con  autismo, sindrome di Angelman, sindrome cataratta-ritinopatia-atrofia ottica, danni cerebrali perinatali o postnatali, difetti congeniti del metabolismo e malattia neurodegenerative o neurologiche, malattie da accumulo.  La prognosi è infausta.
La Terapia
Per la sindrome di Rett attualmente non esistono cure, ma una diagnosi precoce è in grado di ottimizzare le capacità del paziente. E’ necessario che le piccole pazienti vengano supportate da un team multidisciplinare (dietisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e terapisti musicali) in grado di valorizzare le loro capacità residue e di mettere in atto un efficace strategia comunicativa.
L’approccio farmacologico è in grado di migliorare i disturbi del sonno, le difficoltà respiratorie, le eventuali crisi epilettiche e i movimenti stereotipati delle mani. Il trattamento con i farmaci deve però tener conto delle frequenti aritmie e all’allungamento dell’intrevallo QT (tempo necessario al miocardioventricolare per depolarizzarsi e ripolarizzarsi.) Le famiglie devono essere accompagnate nel percorso da un sostegno psicologico e sociale.

Alcuni spunti di letteratura scientifica

I criteri diagnostici (Annuali di neurologia - 2010 - lingua inglese)
La diagnosi della sindrome di Rett - associazione Airett - lingua italiana
La descrizione della malattia su Orphanet (lingua italiana)
La descrizione della malattia sul National Institute of Neurological Disorders and Stroke (lingua inglese)
Il sito della International Rett Syndrome Foundation (lingua inglese)


La Malattia di Pompe può essere difficile da diagnosticare, poiché molti dei suoi sintomi sono simili a quelli di altre malattie. Inoltre, per la rarità di casi in cui si presenta, può facilmente non essere riconosciuta o erroneamente diagnosticata. La forma infantile della Malattia di Pompe è generalmente più semplice da diagnosticare a causa della sua gravità.
La conferma della diagnosi avviene attraverso un saggio biochimico di misurazione dell’attività enzimatica della GAA. Nei bambini affetti dalla forma classica della malattia, l’attività della GAA è praticamente assente, mentre nelle altre forme si riscontrano diversi livelli di attività residua. Il saggio è generalmente condotto nei linfociti, in colture di fibroblasti cutanei e in biopsie muscolari.
Di recente è stata introdotta la possibilità di fare diagnosi di Malattia di Pompe su goccia di sangue essiccata su filtri di carta bibula (Dried Blood Spot). Questo apre la strada all’implementazione dello screening neonatale per la Malattia di Pompe: una diagnosi tempestiva è, infatti, di fondamentale importanza, sia per la gravità della patologia sopratutto nella sua forma classica, sia per la presenza di una terapia in grado di modificarne la storia naturale.

Esistono infine due test di screening prenatale che possono essere eseguiti precocemente in gravidanza (se il bambino è chiaramente a rischio per la malattia) per scoprire se il feto è affetto dalla Malattia di Pompe. Il prelievo dei villi coriali viene effettuato entro la 12° settimana di gravidanza. Questo test prevede il prelievo di un piccolo campione di tessuto della placenta e l’analisi delle cellule per individuare la presenza o meno dell’enzima GAA.
L’amniocentesi viene effettuata intorno alla 15° settimana di gravidanza e consente di verificare l’attività enzimatica ed effettuare un’analisi del DNA, testando le cellule prelevate dal liquido amniotico.

Le terapie
Attualmente esiste un’unica terapia con autorizzazione al commercio, è la terapia enzimatica sostitutiva con Myozyme (alglucosidasi alfa), la prima ed unica disponibile per il trattamento della malattia.
L’enzima sostitutivo viene prodotto biotecnologicamente e somministrato per via endovenosa. La terapia enzimatica sostitutiva con GAA umano ricombinante prolunga in modo significativo la sopravvivenza del bambino affetto dalla forma classica, riduce significativamente la cardiomiopatia ed è stato dimostrato che risulta più efficace se somministrata in uno stadio iniziale della malattia. Nella Malattia di Pompe ad esordio tardivo, la terapia enzimatica sostitutiva si è dimostrata efficace nel rallentare la progressione della malattia.

La malattia di Huntington (HD) è una patologia rara, di tipo ereditario e degenerativo, che può definirsi ‘ipercinetica’ per il fatto di comportare, come principale ed iniziale sintomo, quello di movimenti continui e scoordinati, ma anche disturbi cognitivi e del comportamento il cui esordio avviene intorno ai 40-50 anni. Nelle fasi avanzate della malattia il malato perde la capacità di parola e le funzioni motorie diventando in tutto e per tutto dipendente dalle cure degli altri.
La trasmissione della malattia è caratterizzata da un'ereditarietà molto forte, tanto che chi ha un genitore affetto dalla malattia ha il 50% di possibilità di svilupparla in età adulta. Attualmente la HD ha una prevalenza di circa 3-7 casi per 100.000 abitanti con discendenza europea occidentale. Si stima che in Italia siano circa 6.000 le persone ammalate e 18.000 quelle a rischio di ereditare la malattia.

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