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Pietro Mantovano, presidente AAEE APS-ETS: “Promuovere la conoscenza della patologia è fondamentale per far nascere nei medici il sospetto diagnostico”

L’angioedema ereditario è una malattia subdola”, afferma Pietro Mantovano, presidente di AAEE APS-ETS, Associazione volontaria per l’angioedema ereditario e altre forme rare di angioedema. “Gli attacchi possono verificarsi in qualunque momento e possono interessare qualsiasi distretto del corpo, senza dare preavviso, se non in rari casi. Allora diventa estremamente importante saper gestire la patologia, sia in area di emergenza che nella prevenzione”, ha spiegato Mantovano durante il webinar “Angioedema ereditario, conoscerlo per affrontarlo senza ansia”, promosso da OMaR in collaborazione con la stessa AAEE APS-ETS e con il contributo non condizionante di Takeda.

In Italia ci sono circa 1.200 persone affette da angioedema ereditario”, ha aggiunto Mantovano. “Noi stimiamo che ci siano almeno altri 300-400 pazienti ‘nascosti’, cioè non diagnosticati in maniera corretta”. L’angioedema ereditario (HAE), infatti, risulta spesso difficile da individuare a causa della somiglianza dei suoi sintomi con quelli di altre patologie più frequenti, come allergie o coliche intestinali. L’HAE si manifesta con gonfiori (edemi) dei tessuti sottocutanei, delle mucose o delle sottomucose. Gli attacchi, in genere, interessano il volto, il torace, i genitali e le estremità (edemi cutanei) oppure si verificano nella mucosa gastrointestinale; non di rado, tuttavia, possono coinvolgere le prime vie respiratorie, causando disturbi della deglutizione e, se localizzati a livello della glottide o della laringe, asfissia.

“Per questa ragione è fondamentale arrivare tempestivamente a una diagnosi”, sottolinea il presidente di AAEE APS-ETS. “Somministrare il farmaco nel momento in cui inizia l’attacco è vitale. Tuttavia, non tutti i farmaci sono efficaci ed è necessario conoscere la patologia per sapere quali sono i trattamenti indicati e quali, invece, sono completamente inutili. La divulgazione, quindi, è un’arma imprescindibile per far nascere, nei professionisti del settore, il sospetto di trovarsi di fronte a un caso di angioedema ereditario. Una risposta negativa alla terapia con steroidi e antistaminici, ad esempio, dovrebbe far sorgere immediatamente il dubbio che non ci si trovi di fronte a una forma allergica di edema e, quindi, predisporre a un’analisi più approfondita”.

Nel caso dell’HAE, i ritardi diagnostici arrivano fino a 10 anni”, continua Pietro Mantovano. “Questa mancanza mette seriamente a rischio la vita delle persone. Oggi non si deve più morire di angioedema ereditario. Ci sono farmaci sempre più sicuri e di facile infusione e la ricerca sta galoppando”.

Con la nostra associazione abbiamo partecipato a numerose battaglie per migliorare la qualità della vita delle persone affette da angioedema ereditario”, spiega il presidente di AAEE APS-ETS. “Ultima, ma non per importanza, la battaglia sulla ‘Home Therapy’: la somministrazione domiciliare del farmaco da parte del paziente stesso (autoinfusione) o del caregiver, in caso di attacco acuto o per la profilassi a lungo termine. Grazie alla collaborazione dei 20 Centri di riferimento italiani per la diagnosi e la cura dell’angioedema ereditario, abbiamo organizzato numerosi corsi di ‘self-administration’, tanto che ormai il 70-75% dei pazienti è in grado di autosomministrarsi il farmaco. La Home Therapy ha notevolmente migliorato la qualità della vita delle persone affette da HAE: portandosi dietro il farmaco, adesso hanno la possibilità di viaggiare al sicuro e poter fare una vita sociale decisamente più attiva”.

Un ultimo tassello per completare il puzzle sarebbe la possibilità di avere dei documenti sanitari condivisi. “La cartella clinica e la tessera sanitaria del paziente dovrebbero poter essere lette in qualsiasi ospedale”, spiega Pietro Mantovano. “Questo permetterebbe ai medici di turno nei Pronto Soccorso di avere una rapida conoscenza della storia clinica del paziente, dei farmaci che assume e delle eventuali comorbilità. Questa condivisione, unita a una maggiore conoscenza generale della patologia, sono elementi da non sottovalutare se vogliamo veramente migliorare la vita delle persone con angioedema ereditario”.

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