Un nuovo studio, condotto tra Pisa e Milano, traccia il profilo della patologia nel nostro paese e lancia un allarme: i flussi migratori da Africa ed Europa Orientale potrebbero far crescere l’incidenza in Italia
PISA/ MILANO - Le ceroidolipofuscinosi neuronali (NCL) sono rare malattie neurodegenerative ereditarie dell'infanzia che comportano perdita della vista, disturbi alla coordinazione e del comportamento e deterioramento cognitivo.
Al momento non è disponibile una cura e la patologia è sempre fatale, nella maggior parte dei casi entro pochi anni dai primi sintomi e, in casi più rari, entro i primi decenni di vita. La diagnosi può essere molto complicata poiché la malattia è caratterizzata da una vasta eterogeneità clinica e genetica. Le NCL si possono, infatti, presentare in 3 forme: infantile, infantile tardiva o giovanile.
Per quanto riguarda la genetica per ora sono state identificate circa 400 mutazioni correlate alle NCL, in 12 geni differenti. Molte mutazioni sono ancora sconosciute e il 10 per cento circa dei pazienti manca di una precisa diagnosi molecolare. Alcuni studi precedenti hanno inoltre osservato dei cluster di diffusione in alcune zone geografiche.
Un recente studio, condotto dal dottor Filippo Maria Santorelli dell'Unità di Medicina Molecolare dell'IRCCS Stella Maris di Pisa e dalla dottoressa Barbara Garavaglia, dell'IRCCS Istituto Neurologico C. Besta di Milano e pubblicato su Orphanet Journal of Rare Diseases, traccia la situazione nel nostro paese, analizzando la frequenza della patologia, lo spettro delle mutazioni e cercando possibili relazioni genotipo-fenotipo.
Lo studio ha raccolto e analizzato i dati di 183 pazienti nati dal 1966 al 2004 e provenienti da 156 famiglie: la forma più comune della patologia è risultata quella infantile tardiva (68 per cento), a seguire quella giovanile (27 per cento) e infine la forma infantile nel 5 per cento dei casi.
In 124 pazienti sono state indagate le basi molecolari della malattia e, attraverso test genetici, è stato possibile individuare mutazioni a carico dei geni coinvolti nelle NCL nel 90 per cento dei casi. Circa un quarto dei pazienti, tutti affetti dalla forma infantile tardiva, presentava mutazioni nel gene CLN2, il 17 per cento nel gene CLN6 e il 14 per cento nel gene CLN1. Le mutazioni di questi geni, importanti per la corretta degradazione di alcuni neuropeptidi, sono risultate di vario tipo, alcune coinvolte in sostituzioni di aminoacidi e altre in produzione di proteine tronche, a conferma della grande eterogeneità genetica.
Con i dati raccolti dal 1992 al 2004, i ricercatori hanno in seguito calcolato l'incidenza della malattia in Italia, che è risultata di un caso ogni 102.000 nascite, per un totale di 5 nuovi casi all'anno. Questa stima è più alta del 58 per cento rispetto a quella calcolata nell'era pre-genetica, tuttavia, commentano gli autori, queste cifre sono destinate a cambiare rapidamente visto l'aumento dei flussi di immigrazione provenienti da popolazioni altamente consanguinee dall'Africa e dall'Europa orientale.
Nel nostro paese le ceroidolipofuscinosi neuronali presentano un'incidenza leggermente inferiore rispetto alla tendenza europea, non sono state osservate zone geografiche più colpite e molte mutazioni analizzate sono state classificate come “private” cioè presenti solo all'interno di una particolare famiglia.
Gli autori concludono: “Conoscere in maniera più approfondita l'epidemiologia delle NCL in Italia, in particolar modo la stima di nuovi casi all'anno e le complicazioni a lungo termine, può influire nella distribuzione delle risorse sanitarie per garantire supporto sufficiente ai bambini e alle loro famiglie. Inoltre servirà ad aumentare la visibilità di questo gruppo di patologie, accorciando i tempi di diagnosi”.
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