Memoria a breve termine, pianificazione e problem solving, inibizione e multitasking: secondo uno studio italiano, l'assenza di distrofina colpisce anche queste funzioni
Roma – I bambini colpiti da distrofia muscolare di Duchenne, seppur con un buon livello di intelligenza generale, possono presentare problemi neuropsicologici? Secondo un recentissimo studio che ha coinvolto quattro Centri italiani esperti della malattia, sembrerebbe di sì. Lo scorso 16-18 febbraio si è svolta la XVI Conferenza Internazionale di Parent Project Onlus: l'occasione più adatta per approfondire questo delicato tema. La dr.ssa Sara Lenzi, fra gli autori dello studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE, nel corso di una sessione poster della conferenza ha presentato un elaborato divulgativo del complesso testo scientifico.
La distrofina – ha spiegato la dottoressa – è espressa a livello muscolare e cardiaco, ma è normalmente presente anche in molte aree del cervello, connesse tra loro da molteplici circuiti il cui scopo è quello di regolare alcune funzioni complesse, quali l’intelligenza, la memoria e l’attenzione. Nei bambini affetti da distrofia muscolare di Duchenne (DMD), la mancanza della distrofina, oltre a determinare il progressivo deterioramento dei muscoli tipico della malattia, produce anche degli effetti neuropsicologici, ovvero connessi all’efficienza delle funzioni mentali superiori. I bambini Duchenne, dunque, possono avere delle difficoltà in quattro ambiti:
Memoria a breve termine o memoria di lavoro: quando viene richiesto di ripetere quanto è stato esposto, soprattutto quando le informazioni sono di tipo verbale, la quantità di informazioni che i bambini DMD sono capaci di trattenere in memoria nell’immediato può essere inferiore a quella degli altri bambini. I soggetti che hanno problemi in quest’ambito possono apparire smemorati e far fatica a seguire le istruzioni.
Pianificazione e problem solving: i bambini DMD possono presentare alcune difficoltà nelle situazioni in cui è importante analizzare e selezionare le attività necessarie per il raggiungimento di un obiettivo, deciderne l’ordine e creare un piano per la risoluzione di un problema.
Inibizione: i bambini DMD possono non riuscire a prevenire deliberatamente un atto, un comportamento o una risposta quando queste azioni non sono desiderate. I soggetti che hanno difficoltà in questo ambito possono non essere capaci di concentrarsi sulle attività rilevanti, venendo distratti dagli stimoli di disturbo.
Multitasking: per i bambini DMD può essere difficoltoso 'suddividere' l’attenzione tra compiti differenti, per cui risultano poco capaci di svolgere attività diverse nello stesso tempo.
Il progetto portato avanti dai ricercatori italiani ha tre obiettivi principali: il primo è rivalutare, in una fase di follow up, i bambini già esaminati, per verificare l’andamento delle competenze nel tempo e capire se rimangono stabili, peggiorano o migliorano. Il secondo è incrementare il numero di bambini DMD con sviluppo intellettivo normale da sottoporre ai test che valutano questi quattro ambiti: tutto ciò permetterà di confermare i risultati ottenuti in un campione più ampio di soggetti. Il terzo obiettivo sarà sottoporre un gruppo selezionato di bambini DMD (già valutato con i test psicologici), e un gruppo di soggetti sani di controllo, a una particolare tecnica di risonanza magnetica che si chiama 'Imaging del tensore di diffusione' (DTI). “Questo esame, eseguito con una sequenza particolare, la trattografia, ci permetterà di studiare la struttura del cervello e le connessioni che si stabiliscono tra le diverse regioni cerebrali scelte e di capire se, come ci aspettiamo, ci siano differenze tra il cervello dei bambini DMD e quello dei bambini non affetti. Se tali differenze verranno confermate, sarà possibile evidenziare un biomarcatore delle difficoltà neuropsicologiche nei bambini DMD”, chiarisce la dr.ssa Lenzi.
“Dai risultati di questo progetto si potrà ottenere una migliore comprensione delle difficoltà neuropsicologiche dei piccoli pazienti colpiti da Duchenne, anche nel corso del tempo, e un possibile aiuto, tramite l’utilizzo della risonanza magnetica, per individuare i bambini con tali difficoltà. Ciò potrà rendere possibili tempestivi interventi riabilitativi allo scopo di supportare e potenziare le funzioni più compromesse”, conclude la dottoressa. “Ci auguriamo che da ciò possa derivare una maggiore conoscenza e sensibilità degli insegnanti verso i problemi scolastici dei bambini con DMD e, conseguentemente, un maggiore adattamento e un miglioramento generale delle loro funzioni, con delle possibili ricadute anche sull’aspetto motorio”.
Per approfondire l'argomento, leggi anche: "Distrofia di Duchenne: per i bambini minore velocità nell'apprendere dall'esperienza".
Seguici sui Social