Uno studio canadese appena pubblicato su Cell Therapy apre una nuova speranza per la cura, o almeno per il rallentamento della progressione della malattia, nelle persone affette da distrofia muscolare di Duchenne (DMD). La nuova speranza potrebbe venire dall’iniezione intramuscolare di una particolare proteina, la Laminina 111 che è normalmente presente nei muscoli scheletrici e cardiaci dei topi e dell’uomo ma solo durante lo sviluppo embrionale. I ricercatori hanno infatti dimostrato, per ora solamente sul modello murino – cioè sul topo affetto dalla stessa mutazione genetica che causa la malattia – che questa proteina aumenta la forza muscolare e la resistenza. Si tratta di risultati importanti perché dimostrano che la distrofia di Duchenne potrebbe essere trattata anche con una iniezione di proteina ricombinante, una terapia semplice e sicuro per prevenire la perdita della funzione muscolare.
La distrofia di Duchenne, che in Italia riguarda circa 2000 bambini, è una malattia genetica legata al cromosoma X che colpisce gravemente i maschi mentre generalmente rimane asintomatica nelle femmine, che ne sono portatrici sane. La malattia è dovuta alla totale assenza della distrofina, una proteina del sarcolemma, secondaria a mutazioni del gene DMD, una mancanza che genera la progressiva perdita delle funzioni muscolari. Per questa malattia da tempo si considera la possibile utilità del trapianto di mioblasti, le cellule primitive del tessuto muscolare striato che sono in grado di moltiplicarsi e formare nuove fibre muscolari. Attualmente però i risultati di questo tipo di trapianto, che pur è risultato tecnicamente fattibile, non hanno dato i risultati sperati in termini di rigenerazione muscolare. Lo studio compiuto dai ricercatori canadesi potrebbe essere utile anche per migliorare i risultati ottenuti fino ad ora con questi tipo di trapianto. Utilizzando questo metodo come coadiuvante del trapianto di mioblasti i ricercatori hanno infatti dimostrato che vi è una considerevole diminuzione del ciclo di degenerazione, reazione infiammatoria e rigenerazione, cosa che migliora i risultati del trapianto in maniera significativa.
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