Fenilchetonuria, combinazione terapeutica

Approvato l’uso di sepiapterina dall’EMA, già in fase di studio avanzato JNT-517 per la terapia renale, che tra qualche tempo si aggiungerà agli strumenti terapeutici

Qualche settimana fa a Milano si è svolto l’evento PKU&Noi, giunto alla sua V edizione. Si tratta di un appuntamento divulgativo che si svolge ogni anno in occasione del PKUDay e che ha il compito di sensibilizzare sulla fenilchetonuria, una malattia metabolica rara, autosomica recessiva, che interessa più di 50.000 persone nel mondo e che in Italia viene diagnostica a 1 bambino ogni 10.000 nati, grazie allo screening neonatale possibile nel nostro Paese dal 1992. Quest’anno l’attenzione è stata posta su tre temi. Il primo, le novità terapeutiche: oltre al pegvaliase, tra gli strumenti farmacologici si aggiungono la sepiapterina recentemente approvata da EMA, e tra qualche tempo la terapia renale con JNT-517, già in fase di studio avanzato. Gli altri due temi hanno trattato di sessualità e contraccezione, e gravidanza. 

Sulle novità terapeutiche, il Professor Alberto Burlina, Direttore della UOC Malattie metaboliche ereditarie, del Centro regionale malattie metaboliche ereditarie della Regione Veneto e del Programma regionale screening neonatale allargato per le malattie metaboliche ereditarie dell’AOU di Padova, ha lanciato un messaggio che non lascia adito a fraintendimenti: "Per gestire al meglio la PKU, soprattutto in età adulta, serve una combinazione di terapie, dalla dietoterapia a una o più terapie farmacologiche. Perché il nostro obiettivo è tenere bassi i valori di fenilalanina, in quanto, se elevati, possono essere tossici per il cervello causando disturbi neurocognitivi, comporamentali e diminuzione della qualità di vita. La vera rivoluzione è poter contare su più strumenti terapeutici, perché ogni persona è a sé. E questo vale per ogni patologia cronica, dal diabete alla PKU". A oggi sono disponibili quattro terapie per la PKU: la terapia dietetica, quella con amminoacidi neutri, la terapia farmacologica per via orale che può essere declinata con sapropterina e sepiapterina, e la terapia enzimatica con modificazione del substrato che è rappresentata dal pegvaliase. 

Cosa sappiamo sull’utilizzo in questi quattro anni del pegvaliase, la terapia enzimatica che può essere assunta dai 16 anni in su tramite iniezione da chi ha fenilchetonuria classica e che non ha risposto alla terapia farmacologica e/o che ha rifiutato un approccio dietetico? "I risultati sono molto buoni. Un nostro recente studio pubblicato sull’European Journal of Neurology, ha dimostrato che alcuni pazienti dopo due anni di trattamento con pegvaliase hanno raggiunto la normalizzazione dei livelli di fenilalanina e il miglioramento di alcuni test neurocognitivi. In più, in alcuni pazienti che avevano una risonanza magnetica alterata, si è vista una normalizzazione, e ciò significa che in tutti i pazienti ci può essere la reversibilità del quadro neurologico", afferma Burlina, ma c’è un però. "La terapia necessita di una fase di adattamento lunga e non priva di rischi quali cefalea e dolori agli arti, e in alcuni, seppur rari, casi di shock anafilattico. Ma possono essere gestiti, gestendo attentamente e personalizzando la terapia. Nella mia esperienza, tutti i pazienti non hanno presentato problemi tali da sospendere la terapia".  

L’arrivo della sepiapterina apre un’altra strada: "Fino a poco tempo fa, avevamo la sapropterina. E ora è arrivata la sepiapterina, che è il precursore attivo della prima. Dal punto dell’efficacia, quest’ultima entra direttamente a livello cellulare. La sepiapterina non ha limiti di età per l’assunzione, ed essendo una formulazione in polvere viene assunta diluita per via orale. È un farmaco di nuova generazione che agisce come cofattore BH4, ed è più potente e selettiva rispetto alla sapropterina. L’efficacia sembra elevata e in circa il 60% dei pazienti c’è stata una diminuzione della fenilalanina superiore al 20%. Questo significa che noi possiamo aumentare la tolleranza alla fenilalanina con i cibi naturali. Ma non pensiamo, come abbiamo fatto per molti anni che sia un’alternativa alla terapia dietetica: lo sarà per alcuni, ma per altri potrà essere associata", ha dichiarato il professor Burlina. E gli effetti collaterali? "Un iniziale mal di pancia, una colorazione transitoria dei denti di color arancione, che sparisce con un po’ di dentifricio e spazzolino".

Altro farmaco in studio avanzato è JNT-517, la terapia renale. Come agisce nel controllo della fenilalanina? "Parlare di così tanti farmaci, oggi, è un elemento molto positivo. Fino a poco tempo fa, per la PKU non avevamo molti strumenti terapeutici", premette Valentina Rovelli, Referente dell’Equipe Malattie Metaboliche Congenite della S.C. di Pediatria dell’Ospedale San Paolo di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano, Centro di Riferimento Regionale per le iperfenilalaninemie/PKU biochimiche e genetiche. "JNT-517 è un inibitore selettivo del trasportatore renale responsabile del riassorbimento degli amminoacidi neutri, inclusa la fenilalanina, nel tubulo prossimale. In condizioni fisiologiche, gran parte della fenilalanina filtrata dai reni viene riassorbita; nei pazienti con PKU, questo contribuisce in parte al mantenimento dei livelli plasmatici elevati, già determinati dal difetto dell’enzima fenilalanina idrossilasi. Inibendo questo trasportatore, JNT-517 favorisce l’eliminazione urinaria della fenilalanina e contribuisce così a ridurne la concentrazione nel sangue. Si tratta di una modalità d’azione innovativa e indipendente dall’attività della fenilalanina idrossilasi, con il potenziale di offrire un’opzione terapeutica nei pazienti che presentano scarso controllo dietetico", spiega Rovelli. Quali i vantaggi? "Per adolescenti e adulti che faticano a mantenere un buon controllo dietetico, JNT-517 potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica meno invasiva e più semplice da gestire, con potenziali benefici sull’aderenza al trattamento e sulla qualità di vita. Il farmaco è formulato per somministrazione orale quotidiana, offrendo un vantaggio concreto in termini di praticità, soprattutto rispetto ad altre terapie farmacologiche che richiedono iniezioni sottocutanee o monitoraggi più complessi". Ma permetterebbe di sospendere la dietoterapia, nel caso? "Al momento è prematuro parlare di una normalizzazione completa della dieta. È più realistico ipotizzare una progressiva riduzione della sua rigidità, in base alla risposta individuale al farmaco. Come per le terapie già disponibili, l’obiettivo resta quello di personalizzare il trattamento, rendendolo più sostenibile nel lungo termine. Ogni paziente risponde in modo diverso, per cui il percorso andrà sempre adattato e monitorato con attenzione. Poiché il farmaco agisce a livello renale, sarà fondamentale valutare l’equilibrio degli aminoacidi e dei nutrienti eliminati con le urine, per evitare perdite significative di aminoacidi essenziali. In particolare, sarà importante verificare che non vi siano riduzioni eccessive di triptofano, il cui ruolo nella sintesi della serotonina è cruciale per il benessere neuropsichico. Tutti questi aspetti sono ancora oggetto di studio e dovranno essere valutati nei trial clinici in corso", afferma Rovelli.

Quali gli effetti della PKU sulla salute riproduttiva della donna che è interessata da questa malattia rara? Ne ha parlato Valeria Savasi, professore associato di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano e Diretto della UOC Ostetricia e Ginecologia Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi, ricordando prima di tutto che la pillola contraccettiva non presenta controindicazioni per le donne con PKU, e che gli accorgimenti da avere sono quelli dati a tutta la popolazione femminile: non fumare, fare attività fisica e non prendere peso in eccesso. Ma la fenilchetonuria può incidere sulla fertilità di una donna? "La fertilità non riguarda solo la donna, riguarda la coppia. Premesso questo, va detto che non ci sono moltissimi dati scientifici sul tema. Ma i dati disponibili ci dicono che non esiste un legame diretto tra la patologia e la riduzione della fertilità, sempre mantenendo un controllo metabolico adeguato". Un altro dubbio delle donne con PKU riguarda la possibilità di andare in menopausa anticipata: come stanno le cose? "La menopausa precoce è un evento patologico che non è ancora oggi del tutto chiarito. Gli attuali studi clinici e le revisioni scientifiche, al momento dicono che non vi sono evidenze sufficienti di un aumentato rischio di menopausa precoce, chiamato insufficienza ovarica primitiva, nelle donne con PKU. Se le donne vengono gestite con un controllo metabolico adeguato, sin dall’infanzia, mostrano un profilo riproduttivo simile a quello della popolazione generale", ha spiegato Savasi.

Parlando di gravidanza, durante PKU&Noi, è stato presentato PKU in Rosa, il progetto dell’Ospedale Buzzi di Milano pensato per le adolescenti in età fertile e le donne in gravidanza affette da fenilchetonuria, composto da un team multidisciplinare che offre a tutte le donne una corretta informazione sulle scelte riproduttive consapevoli, la gestione nutrizionale e clinica personalizzata, dalla dieta preconcezionale fino a quella della puerperio, e il counseling specialistico tramite un network di ginecologi e di figure professionali del team di malattie metaboliche ereditarie, oltreché un follow up della coppia mamma-bambino.

PKU&Noi2025 è visibile sul sito pkuenoi.it. È stato realizzato grazie al lavoro di 8 Associazioni Pazienti: AMMeC, A.P.M.M.C., Cometa ASMME, A.ME.GE.P. Domenico Campanella, IRIS Associazione Siciliana, Cometa Emilia-Romagna, AISMME, L’APE APS Associazione PKU e…. L’evento è stato organizzato da ATSTRAT, grazie al contributo non condizionato dei gold sponsor Vitaflo e PIAM, dei silver sponsor Biomarin e Cambrooke e PTC Therapeutics e ha ricevuto il patrocino dell’ISS, di UNIAMO e delle società scientifiche SIMMESN e SINUPE.

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