Nuovi studi dovranno chiarire l'efficacia e la sicurezza degli inibitori della pompa protonica e della chirurgia anti-reflusso nel trattamento della fibrosi polmonare idiopatica
Padova – La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una condizione che si sviluppa quando il reflusso del contenuto dello stomaco provoca sintomi o complicazioni fastidiose. È uno dei disturbi più diffusi nei Paesi occidentali, con i tassi più alti segnalati in Europa (23,7%) e negli Stati Uniti (28,8%). Le sue manifestazioni classiche sono bruciori di stomaco e rigurgito, definiti come “sindrome esofagea” o “MRGE tipica”. Negli ultimi decenni è stato scoperto che il reflusso può coinvolgere anche altri organi come i polmoni o la gola, determinando una serie di sintomi extra-esofagei cosiddetti “atipici”. Secondo la classificazione di Montreal, tra queste manifestazioni ce ne sono alcune con un'associazione consolidata, come tosse cronica, laringite, asma ed erosioni dentali. Tuttavia, per altre condizioni come faringite, sinusite e otite media ricorrente, il ruolo causale del reflusso è stato solo ipotizzato.
La malattia da reflusso gastroesofageo e la fibrosi polmonare idiopatica (IPF) sono due condizioni patologiche spesso strettamente correlate, come sottolinea un recente studio pubblicato sulla rivista Therapeutics and Clinical Risk Management dagli studiosi delle Unità di Gastroenterologia delle Università di Padova e Genova. La fibrosi polmonare idiopatica è una malattia respiratoria cronica e progressiva, limitata ai polmoni e che colpisce gli adulti. È caratterizzata da alterazioni fibrotiche dell'interstizio polmonare: ciò porta a un deficit funzionale progressivo, che termina con il decesso a causa di insufficienza respiratoria, in media entro tre anni dalla diagnosi. L'incidenza della malattia sembra aumentare negli ultimi decenni – fino a 9 casi su 100.000 persone all'anno – e viene diagnosticata più frequentemente nel mondo industrializzato, come il Nord America e l'Europa (un altro fatto che la accomuna al reflusso gastroesofageo). È una malattia eterogenea, con un decorso clinico imprevedibile: mentre la maggior parte dei pazienti ha un decorso clinico-funzionale stabile, una parte di loro (il 10-15%) mostra un rapido deterioramento della funzionalità polmonare e un'alta mortalità.
Nonostante la IPF sia ritenuta, come dice il nome, una malattia idiopatica (la causa è sconosciuta), diversi fattori svolgono un ruolo nella sua patogenesi. Precedenti studi hanno dimostrato che la malattia da reflusso gastroesofageo è più comune nei pazienti con IPF che nella popolazione generale, e allo stesso modo, in uno studio su oltre 100.000 persone con esofagite erosiva, la prevalenza della fibrosi polmonare era significativamente più elevata rispetto ai controlli sani. Inoltre, l'incidenza della MRGE di nuova diagnosi è in costante aumento nei pazienti con IPF. Tuttavia, le prove non sono tutte concordanti, e non è stata dimostrata una chiara relazione di causalità fra le due condizioni.
In ogni caso, la MRGE è una comorbilità frequente nei pazienti con IPF, nonostante sia per lo più clinicamente silente. Alcuni esperti hanno ipotizzato che la microaspirazione del materiale gastrico possa svolgere un ruolo fondamentale nella trasformazione fibrotica del parenchima polmonare; altri, al contrario, non escludono che la IPF possa favorire la MRGE aumentando la pressione intratoracica negativa. Anche questa relazione, quindi, è incerta e non univoca.
Tuttavia, le ultime linee guida internazionali sulla IPF, pubblicate nel 2015, hanno raccomandato l'uso degli inibitori della pompa protonica, poiché numerosi dati dimostrano che possono stabilizzare la funzione polmonare, ridurre le riacutizzazioni della malattia e i ricoveri. Al contrario, recenti studi non solo mettono in dubbio la rilevanza di questi risultati, ma associano anche l'uso di tali farmaci a un aumentato rischio di infezioni polmonari e a un esito prognostico negativo. Su queste due condizioni e sul loro legame regnano, insomma, i dubbi. Infatti, gli autori dello studio concludono sottolineando che “è evidente la necessità di trial clinici randomizzati e controllati, di alta qualità, che valutino prospetticamente l'efficacia e la sicurezza sia degli inibitori della pompa protonica, sia della chirurgia anti-reflusso nel trattamento della IPF, tenendo anche conto del fatto che tutte le nuove terapie fibrotiche e immunosoppressive hanno dei limiti rilevanti”.
Hai una domanda sulla fibrosi polmonare idiopatica? Puoi rivolgerla al prof. Carlo Vancheri, direttore del Centro di Riferimento Regionale siciliano per la Prevenzione, Diagnosi e Cura delle Malattie Rare del Polmone, grazie al servizio gratuito di OMaR “L'esperto risponde”.
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