Verona – Sono un centinaio gli esperti riuniti oggi presso il Policlinico G.Rossi di Verona, per lavorare sul miglioramento della gestione delle immunodeficienze primitive in Italia. Si tratta dell’annuale incontro degli esperti aderenti alla rete IPINET (Italian Primary Immunodeficiences Network), a cui aderiscono immunologi pediatri e dell’adulto, biologi e genetisti coinvolti nella ricerca scientifica e nell’assistenza dei pazienti affetti da PID. Annualmente i partecipanti alla rete IPINET si ritrovano per discutere gli aspetti più controversi sotto il profilo diagnostico e terapeutico, aggiornare i registri nazionali di malattia e apportare le necessarie modifiche ai protocolli di diagnosi e cura in relazione alle nuove conoscenze acquisite. Un’ampia parte del convegno è dedicata alla presentazione e alla discussione di progetti collaborativi e di ricerca, individuati in specifiche branche di interesse quali trial clinici, gestione di banche dati, relazioni internazionali, nuove indagini diagnostiche e prospettive terapeutiche, ricerca di base in ambito delle PID.
Le immunodeficienze primitive (PID) rappresentano un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate da difetti dell’immunità innata e acquisita. Attualmente sono descritte più di 180 differenti forme di PID, molte delle quali dovute alla mutazione di specifici geni. In passato si riteneva che le PID fossero malattie estremamente rare e gravi, tanto da manifestarsi molto precocemente e interessare solo lattanti o bambini nei primi anni di vita, ma è ormai ben noto che possono presentarsi in età successive, nell’adolescente o nell’adulto. Tipiche delle PID sono le infezioni ricorrenti, talora gravi, che nella maggior parte dei casi rappresentano il quadro clinico d’esordio della malattia. Tale suscettibilità alle infezioni è dovuta al difetto immunitario alla base della patologia.
L’epidemiologia delle immunodeficienze primitive è diversa a seconda del deficit considerato: si va da sindromi estremamente comuni come il deficit di IgA, che rappresenta senza dubbio l’immunodeficienza primitiva più comune, con una prevalenza che va da 1:500 a 1:700 casi, all’immunodeficienza comune variabile (1:25.000 a 1:50.000), alle immunodeficienze combinate gravi (1:50.000), all’agammaglobulinemia di Bruton (1:100.000) o alla malattia granulomatosa cronica (1:250.000). Dal momento che le immunodeficienze primitive sono malattie rare è bene che i pazienti per i quali vi sia il sospetto di malattia o che ne sono affetti siano seguiti da Centri specializzati, in grado di adottare tutti quei provvedimenti che si rendano necessari per una accurata diagnosi, stadiazione di malattia, follow up e terapia.
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