Per il Prof. Maurizio Averna (Palermo), dieta e plasmaferesi portano un beneficio solo temporaneo

PALERMO – Nell’iperchilomicronemia, rara e severa patologia genetica caratterizzata da livelli di trigliceridi altissimi, l’obiettivo principale è abbassare i livelli dei trigliceridi sotto i 1.000 mg/dl. Le opzioni terapeutiche possibili sono diverse e dipendono dalla specifica situazione del singolo paziente. Il Prof. Maurizio Averna, responsabile dell’U.O. di Medicina Interna e Dislipidemie Genetiche dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo, ha spiegato a Osservatorio Malattie Rare come raggiungere questo risultato.

“In acuto (con una pancreatite in corso), si effettua la terapia standard che consiste nel Plasma Exchange (plasmaferesi) laddove disponibile, per eliminare rapidamente i chilomicroni in circolo, accompagnata dal digiuno e dalla nutrizione parenterale”, riferisce Averna, responsabile del centro clinico che è il punto di riferimento per l’iperchilomicronemia in Sicilia.

“Con questa procedura si ottiene un dimezzamento dei trigliceridi nell’arco di 24 ore, anche se la plasmaferesi porta un beneficio temporaneo e non risolve il problema, perché i trigliceridi sono destinati a risalire. In cronico, invece, si prescrive una dieta priva di grassi saturi, associata alla formula degli oli MCT, preparati di trigliceridi a catena media che non fanno produrre chilomicroni, e a un apporto farmaceutico con fibrati e omega-3 ad alto dosaggio”.

L’ideale, però, sarebbe risolvere il problema in maniera permanente: una possibilità è rappresentata dalla terapia genica. Il farmaco Glybera, sviluppato da UniQuire, è già stato approvato negli Stati Uniti e recentemente anche in Europa; sarà distribuito grazie alla collaborazione di UniQuire con l’azienda italiana Chiesi.
Con questo farmaco il gene della lipoprotein lipasi viene inserito in un vettore virale e quando somministrato intramuscolo inizia a produrre la proteina.
Come spiega Averna, “la terapia genica si effettua una sola volta nella vita, in ambiente sterile e con anestesia spinale per limitare il dolore, ed è seguita da terapia immunosoppressiva. Consiste in 60-90 iniezioni intramuscolo, specialmente nelle cosce, per arrivare a somministrare un numero sufficiente di copie del gene che come dimostrato continuano ad essere presenti per anni nell’organismo del paziente. Uno studio, dopo sei anni di osservazione, ha dimostrato che la terapia genica è in grado di ridurre del 50% gli episodi di pancreatite acuta”.

La terapia genica, finora, è stata eseguita solo in Canada, su un gruppo di pazienti affetti da deficit di lipoprotein lipasi. Nessun paziente italiano si è ancora sottoposto a questa nuova opzione terapeutica: il primo paziente europeo sarà, a breve, un tedesco. I pazienti candidabili devono avere determinate caratteristiche: ricorrenti episodi di pancreatite, diagnosi genetica certa, e non devono avere un deficit enzimatico assoluto; devono cioè avere in circolo una ancorché minima quantità di proteina – lipoprotein lipasi – per non avere reazioni immunologiche alla terapia genica.”

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