Davide Pareyson

Il dottor Davide Pareyson (Milano) ha illustrato le prospettive di trattamento per la patologia in un evento online promosso da ACMT-Rete

Lo scorso 2 luglio, l’associazione italiana ACMT-Rete ha organizzato un webinar totalmente improntato a una corretta informazione sulla malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), una neuropatia sensitivo-motoria a carattere ereditario e dall’andamento progressivo che, pur essendo classificata come malattia rara, affligge molte più persone di quanto si possa immaginare. La CMT non è solo nota per essere piuttosto diffusa tra la popolazione, ma è anche una patologia di cui si conoscono molto bene i meccanismi eziopatogenetici: ciò spiega come mai per questa condizione, che oggi non ha ancora una cura specifica, siano in via di sviluppo svariati approcci terapeutici.

Infatti, la conoscenza dei fattori causali e del modo in cui una patologia evolve costituisce una solida base di partenza per le missioni esplorative che vogliano identificare nuove forme di trattamento potenzialmente utili. Nello specifico caso della CMT, l’obiettivo principale è quello di arrestare il processo di degenerazione dei nervi lunghi che caratterizza la malattia e che sfocia in progressiva debolezza e atrofia muscolare, alterazione della sensibilità e perdita di equilibrio e stabilità. In un articolo appena pubblicato sulla rivista Expert Review of Neurotherapeutics, la dott.ssa Chiara Pisciotta, la dott.ssa Paola Saveri e il dott. Davide Pareyson, della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, hanno fatto il punto sui progetti di ricerca in corso, descrivendo le prospettive di evoluzione dei trattamenti da qui ai prossimi anni.

COMPRENDERE LA MALATTIA

Proprio il dott. Pareyson è stato protagonista del webinar promosso da ACMT-Rete, associazione che da vent’anni è impegnata nella creazione di reti di collaborazione tra pazienti affetti da malattia di Charcot-Marie-Tooth e clinici, sostenendo corsi di formazione per volontari, medici e fisioterapisti e supportando progetti di informazione su questa patologia, di cui, in Italia, si contano circa 17mila casi (in Europa il totale dei casi non arriva a 200mila).

La presentazione clinica della CMT è piuttosto eterogenea ma ciò che accomuna i vari fenotipi di malattia è una sofferenza dei nervi periferici più lunghi: la patologia, perciò, comincia a manifestarsi con debolezza e atrofia muscolare a partire dai piedi, per poi interessare le gambe e gli arti superiori, fino alle mani. Inoltre, ha spiegato Pareyson nel corso dell’evento, lo sbilanciamento dell’asse degli arti inferiori può essere causa dell’insorgenza di scoliosi e di problemi al bacino, con coinvolgimento delle fibre sensitive e riduzione o perdita di sensibilità ai piedi alle mani.

Di solito, il riconoscimento della malattia è affidato al pediatra e, successivamente, si arriva al coinvolgimento del neurologo o del neuropediatra, ma non sempre ciò si realizza, anche perché la diagnosi non è semplice: occorre valutare con attenzione il quadro clinico, esplorando la familiarità e studiando le diverse modalità di trasmissione della patologia (la forma autosomica dominante è la più diffusa, ma esistono anche forme a trasmissione recessiva o legata al cromosoma X). Di particolare importanza è l’esecuzione di uno studio di elettrofisiologia, tramite cui ottenere informazioni sulla velocità di conduzione del riflesso nervoso e sull’ampiezza dei potenziali motori e sensitivi. Infine, è possibile ricorrere a tecniche di analisi del DNA per indagare la presenza di eventuali mutazioni correlate a specifiche varianti di patologia, nel tentativo di distinguere così la Charcot-Marie-Tooth da altre neuropatie genetiche, acquisite o autoimmuni, dalle miopatie distali o da altre malattie del motoneurone.

LE POSSIBILITÀ TERAPEUTICHE

I trattamenti attualmente disponibili per la CMT variano dalla terapia medica, per contenere il dolore e ridurre la fatica e i crampi, fino all’impiego di sostegni, come tutori o plantari, per migliorare l’appoggio dei piedi. In molti casi, per le deformazioni scheletriche, si ricorre alla chirurgia, che ha una funzione preventiva oltre che correttiva. Inoltre, è certamente importante non trascurare la fisioterapia riabilitativa, che aiuta a prevenire il peggioramento del quadro clinico: infatti, ACMT-Rete si sta duramente battendo affinché lo Stato italiano garantisca ai pazienti la continuità del trattamento fisioterapico.

Per quanto riguarda le opzioni terapeutiche in via di sviluppo per la patologia, sono oggi in atto sperimentazioni basate su approcci molto differenti, il primo e più avanzato dei quali riguarda il farmaco PXT3003, una miscela di baclofen, sorbitolo e naltrexone attualmente in valutazione all’interno dello studio clinico di Fase III PREMIER, in svolgimento in diversi centri di ricerca in Europa e nel mondo. In Italia, ad essere coinvolti nella sperimentazione sono l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Martino” di Genova, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, l’Università Tor Vergata di Roma e l’Ospedale Policlinico “G.B. Rossi” di Verona.

Per il trattamento della CMT non mancano approcci che guardano alle vie della neuregulina, proteina coinvolta nel mantenimento dello spessore della mielina, o mirati al ripristino della funzionalità assonale. Un tema verso cui è rivolta grande attenzione riguarda il tentativo di ridurre la sovraespressione della proteina PMP22, alla base della CMT1, forma demielinizzante della Charcot-Marie-Tooth contraddistinta da una notevole riduzione della velocità di conduzione nervosa.

Sono inoltre allo studio, benché ancora su modelli animali, potenziali soluzioni che coinvolgono l’uso di oligonucleotidi antisenso (ASO) e di small interfering RNA (siRNA), mentre altre opzioni prevedono il ricorso alla terapia genica, attraverso cui introdurre un gene mancante (nel caso delle forme autosomiche dominati o legate al cromosoma X) o sostituire quello difettoso (nel caso delle forme recessive o in altre legate sempre al cromosoma X).

La frenetica ricerca nel settore della Charcot-Marie-Tooth, quindi, fa sperare che i prossimi anni possano essere decisivi per il trattamento della malattia, specialmente con riferimento alle terapie avanzate, che costituiscono un’opportunità concreta di trovare una possibile cura per questa complessa patologia.

Clicca QUI per guardare il video del webinar.

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