Indagato l'utilizzo di una cellula presente nelle gonadi del maiale. Omar ha intervistato il professor Ferdinando Squitieri
Le cellule del testicolo del maiale potrebbero essere alla base dello sviluppo di nuove terapie per la malattia di Huntington. Un team di ricercatori italiani ha scoperto che l'impiego di “cellule di Sertoli” prelevate da suini e impiantate sui topi aumenta l'aspettativa di vita dei roditori malati. Azione che si otterrebbe attraverso la modulazione delle disfunzioni immunitarie all'interno del cervello. Il lavoro dell'equipe, guidata da Ferdinando Squitieri, responsabile, dell'Unità di Ricerca e Cura Huntington e Malattie rare dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e dell'Istituto Css-Mendel di Roma e da Giovanni Luca e Riccardo Calafiore, della Scuola di Medicina dell'Università di Perugia è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Cns Neuroscience & Therapeutics”.
Questo nuovo approccio messo in campo dagli scienziati italiani permetterà di battere nuove strade nell'ambito delle terapie dedicate a questa malattia rara neurodegenerativa. La malattia è progressivamente invalidante e la sua insorgenza può essere prevista attraverso un test del Dna. I sintomi principali sono la difficoltà di coordinazione del movimento, movimenti involontari, declino delle funzioni cognitive e alterazioni dell'umore e del controllo delle emozioni. Purtroppo l'attuale terapia farmacologica non consente di rallentare il decorso della malattia, evitandone l'evoluzione fatale. Nello studio sperimentale appena pubblicato sono state sfruttate le proprietà immunomodulatorie, antiinfiammatorie e trofiche di una particolare cellula del testicolo del maiale, la cellula di Sèrtoli, che normalmente svolge, nella sua sede fisiologica, funzioni nutritizie e protettive sulla spermatogenesi. Lo sviluppo della corea è infatti legato ad alcune dinamiche a livello immunitario, fenomeni che portano poi alla degenerazione della fase più avanzata della patologia.
Il professor Ferdinando Squitieri spiega a Osservatorio Malattie rare perché si è scelto di puntare sui testicoli dei suini: “Conoscevamo le funzioni nutritizie e protettive sulla spermatogenesi delle cellule di Sèrtoli. Lo sviluppo della malattia di Huntington è infatti legato ad alcune dinamiche a livello immunitario, fenomeni che contribuiscono alla neurodegenerazione. Il motivo per cui abbiamo ritenuto utile una strategia di questo tipo è legato alla potenziale trasferibilità della tecnologia di incapsulamento. delle cellule di maiali, allevati in speciali condizioni protette da infezioni, all'uomo”. Come vi abbiamo anticipato la scoperta italiana potrebbe indirizzare positivamente lo sviluppo di nuove terapie. Ipotesi confermata dal ricercatore: “L'efficacia di strategie terapeutiche con tecniche di medicina rigenerativa e trapiantologia, come quelle del nostro esperimento con le cellule del Sèrtoli, potrebbero, un giorno non lontano, rappresentare risorse complementari a quelle farmacologiche per migliorare la qualità di vita dei pazienti”.
Ci vorrà però tantissimo tempo prima che una nuova terapia o nuovi farmaci possano essere dispensati ai malati. Persone che devono fare i conti con tantissime difficoltà, soprattutto nel quotidiano. Il professor Squitieri, forte della sua pluriennale esperienza, ci elenca quali sono quelle più comuni: “La malattia, che in genere inizia intorno ai 40 anni di età, investe varie sfere della disabilità. Ritengo che la problematica principale sia quella legata ad un profondo e doloroso senso di discriminazione da parte dei pazienti e dei loro familiari, amplificato dalla presenza di un disturbo mentale spesso di difficile interpretazione, spesso non riconosciuto anche dagli stessi specialisti. Credo che la condizione in cui un individuo, ancora nel pieno delle sue capacità, cominci a mostrare disagi che iniziano a compromettere l'autonomia, la vita di relazione e la produttività nel lavoro, rappresenti, senza dubbio, la fase più critica della vita di un individuo che sviluppa la malattia di Huntington”.
Come per tantissime patologie rare pesano gli effetti di un Servizio sanitario vittima dell'eccessiva frammentazione. La qualità dei servizi erogati dipende dal luogo di residenza del malato. Diseguaglianze che diventano spesso insopportabili quando la malattia non è ricompresa nell'elenco dei Livelli essenziali di assistenza. Squitieri rimarca che per questo problema assume particolare rilievo la ricerca effettuata dalle strutture indipendenti: “C'è una obiettiva difficoltà degli specialisti a ricoprire le competenze richieste per assistere al meglio pazienti con questa patologia, trasversale alle specializzazioni e latitudine indipendente. Per questo motivo la cultura della multidisciplinarietà e della formazione, tra gli obiettivi della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington, riveste un ruolo critico. In mancanza, l'assistenza non sarà mai davvero adeguata”.
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