PADOVA – L’atrofia muscolare bulbo-spinale, o malattia di Kennedy, è una rara patologia genetica legata al cromosoma X, dovuta alla mutazione del gene che codifica per il recettore degli androgeni, gli ormoni sessuali maschili. La prevalenza è di 1/30.000 nati maschi, ma tale dato è molto disomogeneo nelle varie stime condotte in diverse nazioni. Questo sarebbe principalmente spiegabile dal cosiddetto “effetto fondatore”, un processo che, ad esempio in seguito ad un prolungato periodo d’isolamento, determina lo sviluppo di una nuova popolazione a partire da un piccolo numero di individui, i quali portano con sé solo una parte della variabilità genetica della popolazione originale.
Il Dr. Gianni Sorarù, dell’Università di Padova, ha in cura oltre cento pazienti nel suo centro. “La malattia di Kennedy – spiega Sorarù – colpisce i motoneuroni del tronco encefalico e del midollo spinale: si verificano atrofia e debolezza muscolare a carico degli arti e del distretto bulbare (regione del cervello che controlla i meccanismi della deglutizione e dell’articolazione della parola). La mutazione fa sì che il recettore malato produca un danno tossico e causi degenerazione delle cellule. Il recettore malato, inoltre, non riesce a mediare in maniera funzionale l’azione degli androgeni influenzando pesantemente la sfera sessuale con atrofia dei testicoli, impotenza, infertilità e ginecomastia. Le femmine eterozigoti, invece, sono di solito asintomatiche, a causa della loro bassa produzione di androgeni”.
“La malattia – continua Sorarù – si manifesta intorno ai 30-40 anni. L’aspettativa di vita è come quella normale, anche se può essere minata da insufficienza respiratoria, che tuttavia è molto rara. La progressione è lenta, e la perdita della deambulazione non si verifica spesso: in una recente indagine condotta in 73 pazienti, abbiamo notato che solo 4 o 5 di loro usavano la sedia a rotelle”.
Nel 2013 il Dr. Sorarù ha coordinato uno studio, pubblicato su Neurology, sulla terapia a base di clenbuterolo, un farmaco che negli Stati Uniti non è in commercio, e che in Europa viene usato come anti-asma. I 16 pazienti sottoposti al trattamento hanno ottenuto un aumento significativo di forza muscolare e capacità vitale forzata. In seguito a questo ottimo risultato era previsto uno studio più ampio, in doppio cieco, che però è stato deciso di avviare una volta ottenute maggiori informazioni sugli effetti del farmaco attraverso studi in vitro e nel modello animale. “Al momento – sottolinea Sorarù – purtroppo non esiste una terapia, neppure sintomatica: non sappiamo, ad esempio, se sia adeguato trattare i pazienti con farmaci contro l’impotenza”.
Ma la ricerca non si ferma: è ora in corso uno studio di fase I/II, al quale partecipano l’Italia (con il centro di Padova del Dr. Sorarù in collaborazione con la Dr.ssa Maria Pennuto, biologa dell’Università di Trento), gli Stati Uniti, la Germania e la Danimarca. Il trial valuterà l’efficacia della terapia con la proteina IGF1, che ha già dimostrato un effetto positivo sui topi.
Per la malattia di Kennedy non esiste ancora un’associazione, ma i pazienti hanno creato una comunità su Facebook e possono contare sull’European NeuroMuscular Center, che da 25 anni mette insieme gli sforzi di pazienti, medici e ricercatori per le malattie di questo tipo. “A fine marzo – racconta il Dr. Sorarù – c’è stata una riunione alla quale hanno partecipato i maggiori esperti europei. Abbiamo messo a punto delle linee guida sulla patologia e sul suo approccio clinico, che saranno pubblicate a breve sulla rivista Neuromuscular Disorder”.
Per saperne di più leggi anche l'intervista alla dr.ssa Maria Pennuto, biologa dell’Università di Trento e la storia di due pazienti affetti da questa patologia.
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