Dieta chetogenica

Uno studio italiano ha esaminato le evidenze a supporto di interventi di esercizio fisico e terapia dietetica in affiancamento ai trattamenti farmacologici

Guardando alla malattia di Niemann-Pick di tipo C (NPC) si potrebbe essere colti dalla tentazione di sintetizzare troppo descrivendola come una patologia i cui danni sono provocati dai grassi in eccesso. In effetti, l’accumulo di sfingomielina e lipidi in diversi organi è alla radice di questo disturbo del metabolismo che, tuttavia, si sviluppa attraverso meccanismi patogenetici complessi e sfuggenti, rendendo difficile non solo inquadrarlo in modo corretto ma anche pensare a una terapia: infatti, allo stato attuale delle cose, non esiste una vera e propria cura che sia in grado di contrastare la neurodegenerazione associata alla NPC.

Tuttavia, come fanno notare i ricercatori delle Università romane di Tor Vergata e Sapienza, ricorrendo a farmaci come miglustat e puntando su percorsi terapeutici che comprendano la fisioterapia e guardino a una corretta alimentazione è possibile migliorare la qualità di vita di tanti pazienti. In una review pubblicata sulla rivista International Journal of Molecular Sciences, gli studiosi italiani non si limitano a fare il punto della situazione sui meccanismi molecolari e biochimici che sottendono allo sviluppo dei principali sintomi della malattia - in modo particolare il deterioramento del quadro neurologico - ma sottolineano l’importanza di accompagnare alla terapia farmacologica di supporto un costante esercizio fisico, prediligendo un regime alimentare che riduca lo stress cellulare.

UNA MALATTIA, DIVERSE FORME

La malattia di Niemann-Pick viene solitamente suddivisa in quattro forme: i tipi A e B, provocati dal deficit di sfingomielinasi, e i tipi C e D, che riconoscono una diversa origine eziologica e insorgono in seguito a un difetto nel trasporto del colesterolo (oggi il tipo D viene considerato una variante del tipo C). Lo spettro dei sintomi della patologia è perciò particolarmente ampio, e va dalle forme più severe, con alti tassi di mortalità infantile, a quelle meno gravi. L’epatosplenomegalia è uno dei sintomi principali, a cui si accompagnano deficit cognitivi e comportamentali che possono presentarsi in diversi stadi di malattia e progredire con velocità differenti. Fatta eccezione per i pazienti che muoiono nei primi mesi di vita, in seguito a insufficienza epatica o respiratoria, la gran parte delle persone affette da Niemann-Pick va incontro a disturbi neurologici progressivi dalla prognosi complessa, con atassia cerebellare, disartria e disfagia.

NIEMANN-PICK DI TIPO C: DINAMICHE DELLA NEURODEGENERAZIONE

Nel loro lavoro, i ricercatori italiani si sono concentrati sulla malattia di Niemann-Pick di tipo C (NPC), all’origine della quale ci sono difetti nei geni NPC1 e NPC2, che codificano per due proteine coinvolte nel trasporto del colesterolo dentro e fuori dai lisosomi. Nei lisosomi, il colesterolo subisce una prima serie di modifiche (esterificazione) che ne consentono il trasporto verso altre sedi cellulari (l’apparato di Golgi e il reticolo endoplasmatico), dove esso può essere usato come substrato per nuove reazioni che consentono la vita della cellula stessa. Se le proteine NPC1 e NPC2 risultano assenti o mutate, il colesterolo e altri lipidi si accumulano nei lisosomi suscitando una serie di effetti dannosi a carico di diversi organi, fra cui fegato, milza e sistema nervoso centrale.

Indagando i meccanismi alla base del danno neurologico, i ricercatori hanno riscontrato diverse somiglianze tra i ‘cortocircuiti neuronali’ che portano alla malattia di Niemann-Pick di tipo C e quelli tipici di altre malattie neurodegenerative: oltre all’iperfosforilazione della proteina Tau e alla formazione di grovigli neurofibrillari e di placche amiloidi, i processi neurodegenerativi, l’accumulo di colesterolo e le conseguenti anomalie lisosomiali sono propri di patologie quali l’Alzheimer.

L’omeostasi del colesterolo, in particolare, sembra giocare un ruolo importante nello sviluppo del danno neuronale correlato alla malattia di Niemann-Pick di tipo C, ruolo che è importante  approfondire attraverso ulteriori studi: infatti, l’alterazione del trasporto del colesterolo verso i lisosomi potrebbe essere causa (diretta o indiretta) della morte per apoptosi dei neuroni noti come cellule del Purkinje, innescando così l’attivazione della microglia e degli astrociti e la secrezione di proteine pro-infiammatorie.

Il dibattito sull’impiego dei farmaci ipocolesterolemizzanti in pazienti con Niemann-Pick di tipo C è molto acceso - non sembrano funzionare al meglio per ridurre il danno cognitivo - mentre è da tempo disponibile una terapia a base di miglustat, un farmaco che è impiegato anche per la malattia di Gaucher e che è in grado di inibire la sintesi dei glicosfingolipidi. Miglustat è indicato per il trattamento dei sintomi neurologici in pazienti pediatrici e adulti affetti da Niemann-Pick di tipo C, dal momento che sembra essere in grado di stabilizzarne o rallentarne la progressione.

FARMACI MA NON SOLO: ESERCIZIO FISICO E ALIMENTAZIONE

Accanto alle terapie farmacologiche, con gli anni è emerso prepotentemente il ruolo dell’esercizio fisico e della fisioterapia nella prevenzione e nel trattamento di varie malattie neurodegenerative. Infatti, un’attività fisica regolare sembra favorire il rilascio in circolo di proteine e metaboliti capaci di influenzare la funzionalità neuronale, migliorando la trasmissione del segnale in diverse regioni del cervello. 

Dal punto di vista dell’alimentazione, la dieta chetogenica trova impiego in pazienti affetti da varie malattie metaboliche ereditarie che presentano disturbi convulsivi: pertanto, essa può essere suggerita anche negli individui affetti da malattia di Niemann-Pick di tipo C che già assumono miglustat, per ridurre l’attività convulsiva e migliorare gli effetti collaterali gastrointestinali legati alla terapia farmacologica: studi sui modelli animali di malattia hanno infatti portato a riconoscere il beneficio degli antiossidanti nel ridurre lo stress cellulare. Infine, l’integrazione della vitamina E nella dieta sembra poter ritardare la perdita di peso, migliorando la coordinazione e la funzione locomotoria, nonché i sintomi neurologici.

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