Miastenia gravis, è possibile continuare a lavorare con la malattia? Quali tutele per i pazienti?

Raramente i pazienti sono tutelati dalla legge 104. Le testimonianze delle associazioni dell' Alleanza Miastenia Gravis per lo Speciale Miastenia Gravis

 La miastenia gravis è una malattia rara aiutoimmune, che può insorgere a qualsiasi età, ma che colpisce soprattutto donne e uomini tra i 20 e i 60 anni. È caratterizzata principalmente da una generale debolezza dei muscoli volontari: chi ne è affetto diventa improvvisamente stanco, non riesce più a fare le scale o compiere altri semplici gesti quotidiani. In alcuni casi interessa gli occhi: visione doppia e palpebre cadenti (ptosi) rappresentano probabilmente la sintomatologia più evocativa. In altri casi ancora si manifesta con difficoltà a parlare, deglutire, masticare. I sintomi sembrano scomparire con il riposo, di fatto sono fluttuanti e possono essere scatenati, o esacerbati, da situazioni particolati: ansia, stress, fatica fisica, virosi o assunzione di particolari farmaci. Si tratta dunque di una malattia che può essere estremamente invalidante, sebbene nella maggior parte dei casi possa essere tenuta sotto controllo grazie a una corretta terapia (link) e una serie di comportamenti corretti, tra cui anche il non sottoporsi a fatica fisica o stress mentale. Come si può coniugare dunque questo con una attività lavorativa? È certamente possibile in alcuni casi, mentre in altri sarà necessario comprendere che la miastenia gravis può essere disabilitante.

Come nel caso di Lorenzo, che ha perso il lavoro circa un anno dopo la diagnosi. Il suo licenziamento è stato poi impugnato e dichiarato illegittimo dal tribunale di Milano. L’ordinanza ha sentenziato che “in caso di malattia cronica le assenze per motivi di salute non possono essere computate ai fini del comporto”, a prescindere dall’esistenza di certificazioni comprovanti handicap o invalidità civile. 

Sono però molti i pazienti che hanno perso il lavoro dopo la diagnosi di miastenia gravis, con pesanti ricadute sul piano psicologico, oltre che su quello economico. È innegabile che la miastenia gravis comporti - soprattutto all’inizio, in attesa che la terapia permetta di tenere la malattia sotto controllo – una perdita di produttività sul piano lavorativo. Tale “perdita” è diretta conseguenza della disabilità, intesa propriamente come ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerato la norma.

Purtroppo in Italia la disabilità sul lavoro, specie quando subentra in un momento successivo all’assunzione, è scarsamente tutelata.

Alcune preziose testimonianze su questo tema così delicato sono state raccolte all’interno della pubblicazione “Miastenia, una malattia che non si vede”, curata dall’Osservatorio Malattie Rare grazie al contributo non condizionato di UCB. Alla stesura del libro hanno partecipato un board scientifico d’eccellenza e le principali associazioni di pazienti italiane dedicate alla patologia che fanno parte dell’Alleanza Miastenia Gravis.

Ho dovuto interrompere il lavoro – racconta Antonia Occhilupo, medico psichiatra e Presidente AMG - Associazione Miastenia gravis APS - Mi sono ammalata nel 2005, sono stata fuori per due anni, sono rientrata nel 2007 e, dopo tre o quattro anni di lavoro per così dire “condizionato”, alla fine ho visto che non reggevo più il ritmo. Così nel 2011 sono andata in pensione lasciando il Centro di Salute Mentale nel quale lavoravo come psichiatra. Ci sono alcuni che hanno cambiato mansioni e altri che, come me, hanno dovuto lasciare il lavoro malgrado la terapia. Sono davvero pochi i pazienti che riescono a condurre una vita molto simile a quella precedente.”

“Tutto dipende dal tipo di lavoro – precisa Andrea Pagetta, Vicepresidente Associazione Miastenia OdV - Magari un muratore è costretto a cambiare lavoro, un impiegato magari no. Tutti i lavori che implicano movimenti ripetuti diventano poco affrontabili perché i sintomi della malattia si manifestano quando il muscolo è ripetutamente sollecitato, ecco perché gli occhi e la lingua sono particolarmente colpiti. Certo che, quando all’inizio della malattia, cominci a stare a casa parecchi mesi per cercare di capire cosa ti sta succedendo, può essere un fattore molto pesante nell’ambito lavorativo.”

Prima di arrivare a ritrovare una vita normale esistono spesso problemi sul lavoro anche per la frequente riduzione della produttività. Io sono stata a casa in malattia per 7 mesi, se il tuo lavoro te lo consente ce la fai, ma potresti anche perderlo. Resta un certo grado di disagio e spesso è meglio svolgere un lavoro non troppo faticoso dal punto di vista fisico e dei ritmi. Una delle mie ricadute è coincisa proprio con un periodo di lavoro molto stressante per ritmi e orari. Il super lavoro in certi momenti è inopportuno, ma quando la malattia te lo consente anche la ripresa dell’attività lavorativa fa parte della cura.” Cristina Vatteroni, Associazione Italiana MIAstenia Onlus

“Io ho la fortuna di lavorare in una grande azienda e così, quando mi hanno diagnosticato la miastenia, mi sono recata subito all’ufficio personale, spiegando le mie difficoltà. Loro mi hanno ascoltata e chiesto quale fosse per me la soluzione migliore. L’ideale sarebbe stato il part time, ma siccome non posso vivere con lo stipendio ridotto, ho chiesto la possibilità di fare il telelavoro e me l’hanno subito concessa. Capisco anche che se invece avessi lavorato in uno studio o in un’azienda più piccola, avrei potuto incontrare maggiori difficoltà nell’assentarmi dal lavoro, specialmente nei periodi in cui si sta meno bene e forse in questi casi avrei potuto rischiare anche il licenziamento. Per fortuna invece la mia azienda ha un occhio di riguardo alle persone in generale ed ancora di più a quelle con disabilità.” - Redenta Cavallini, Vicepresidente Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunodegenerative - Amici del Besta - ODV Milano – Responsabile Sezione di Bergamo.

Le testimonianze confermano chiaramente ciò che è emerso anche da uno studio di metanalisi condotto nel 2020 dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, in cui le persone affette da MG in età lavorativa che sono effettivamente occupate rappresentano circa il 50% del campione. Se confrontata con i dati relativi alla popolazione generale, per la quale i tassi di occupazione riportati si aggirano intorno al 75%, questa percentuale lascia presumere che la miastenia sia responsabile di una diminuzione del numero di soggetti occupati del 15-35%: una differenza notevole, soprattutto tenendo conto che l’età media dei partecipanti coinvolti negli studi analizzati è di circa 48 anni, quindi nel pieno della vita lavorativa.

Quali sono le tutele previste in ambito lavorativo quando subentra la disabilità?

Le tutele previste in ambito lavorativo per le persone con subentrata disabilità grave sono sostanzialmente quelle previste dalla Legge 104. In sostanza quando viene certificato l’handicap grave (legge 104 articolo 3 comma 3, quello che in gergo viene definito “104 con gravità”) il lavoratore può usufruire di congedi e permessi (giornalieri oppure orari), della scelta della sede di lavoro (in particolari situazioni), del rifiuto al trasferimento e al lavoro notturno.

È poi la Legge 68/99 che regola assunzioni (e concorsi) per le persone con disabilità già certificata. Mentre le prestazioni economiche, la fornitura di eventuali ausili e i benefici economici, sono regolate dal riconoscimento dell’invalidità civile e dalla relativa percentuale attribuita al soggetto.

Queste norme tuttavia nella maggior parte dei casi risultano insufficienti, soprattutto perché alle persone con miastenia gravis molto difficilmente viene riconosciuta la 104 con gravità. Per lo più per ignoranza da parte delle commissioni INPS.

“Come i medici conoscono poco la malattia, così le commissioni ne capiscono poco o niente. È una malattia che più ti colpisce da giovane più è invalidante, ma la maggior parte dei nostri pazienti arriva massimo al 60% di invalidità. Io personalmente - testimonia ancora Redenta Cavallini, Vicepresidente Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunodegenerative - Amici del Besta Onlus - ho dovuto fare ricorso per ottenere il 75%. Ancora oggi si fa fatica a far capire cos’è esattamente questa malattia alle Commissioni, quindi è difficile anche ottenere la 104. Non ti viene riconosciuto nulla, neppure il contrassegno per il parcheggio, necessario soprattutto quando devi raggiungere uffici o altro e devi camminare molto. Purtroppo nelle commissioni difficilmente c’è il neurologo che ne capirebbe di più”.

“Finché lo Stato non cambierà l'elenco, fermo al 1992, le Commissioni non saranno mai in grado di assegnare l'invalidità civile a chi ha una serie di malattie, tra cui appunto la miastenia. Alcuni dei nostri soci hanno avuto il timoma con successiva radioterapia - spiega Antonia Occhilupo, Presidente AMG - Associazione Miastenia Gravis Onlus - ottenendo appena il 60-67% di invalidità civile. È una cosa veramente grave. Non vengo riconosciuta formalmente come invalida, ma se voglio chiedere la cessione del quinto dello stipendio non me la danno, è come se noi pazienti fossimo in una black list. Anche se vogliamo attivare un'assicurazione, non veniamo accettati per via della miastenia. È decisamente tempo di fare fronte comune per questa battaglia di civiltà”.

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MIASTENIA, UNA MALATTIA CHE NON SI VEDE

 

SCARICA QUI LA GUIDA "Invalidità civile e Legge 104, tutti i diritti dei malati rari". Aggiornata a ottobre 2020.

 

 

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Lo Speciale Miastenia Gravis è una Campagna informativa realizzata da Osservatorio Malattie Rare grazie al contributo non condizionato di UCB che sostiene le attività dell’Alleanza Miastenia Gravis.

 

 

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