Rachitismo ipofosfatemico, prof.ssa Maria Luisa BrandiLa prof.ssa Brandi (Careggi): “Ora i pazienti hanno una prospettiva, perché l'anticorpo migliora la sintomatologia e funziona negli adulti così come nei bambini”

Firenze – Alcuni studi parlano di un caso su 20mila, altri di uno su 100mila: ciò che si sa con certezza è che il rachitismo ipofosfatemico legato all'X è molto raro, con qualche centinaio di persone affette in Italia. Si tratta di una malattia scheletrica ereditaria, progressiva e cronica, causata da mutazioni inattivanti nel gene PHEX, per la quale recentemente è stato creato un gruppo di lavoro composto dai pochissimi medici italiani – una decina – esperti della patologia. Fra questi c'è Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia dell’Università di Firenze e Direttore della S.O.D. Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo presso l'AOU Careggi di Firenze.

Il nostro compito è mettere insieme in un sistema tutti i dati e i casi di cui siamo a conoscenza, per poi pubblicare il lavoro su una rivista scientifica. Allo stesso tempo coordino un'iniziativa all'interno dell'International Osteoporosis Foundation, allo scopo di creare un registro internazionale. Oggi, con l'approvazione di un nuovo farmaco, si è accesa l'attenzione su questa malattia, ed è un fatto positivo, ma l'interesse dovrebbe essere costante, a prescindere dai progressi in campo farmacologico”, afferma la prof.ssa Brandi.

La nuova molecola a cui fa riferimento l'esperta è il burosumab, un anticorpo monoclonale per il trattamento del rachitismo ipofosfatemico legato all'X, approvato in Europa per i bambini di almeno un anno di età e negli adolescenti, mentre negli Stati Uniti l'indicazione è per i bambini di almeno un anno e per gli adulti. Perché questa differenza?Il problema è di risorse e di farmacoeconomia. I pazienti devono essere trattati per tutta la vita e i farmaci sono costosi: non ci si dovrebbe basare su queste dinamiche, e accettarle è molto frustrante”, sottolinea la prof.ssa Brandi. “Ora i malati hanno una prospettiva, perché l'anticorpo migliora la sintomatologia e può veramente essere d'aiuto. Gli studi sul farmaco sono stati condotti prevalentemente nella popolazione infantile, ma la sperimentazione – per la quale sono necessari trial a lungo termine – continua anche negli adulti. Proprio al Careggi sta per concludersi un trial clinico al quale hanno preso parte nove pazienti: i risultati verranno resi noti a breve, ma possiamo anticipare che il burosumab funziona negli adulti così come nei bambini”.

Nei pazienti con rachitismo ipofosfatemico legato all'X, l'eccessiva produzione di un ormone, dovuta a un difetto genetico, causa bassi livelli di fosfato (ipofosfatemia) e blocca la produzione di vitamina D attiva. Di conseguenza, i bambini subiscono dei danni alla cartilagine di accrescimento e sviluppano deformità importanti e irreversibili. I fenotipi, però, sono molto diversi: alcuni pazienti hanno difficoltà a deambulare e, a volte, alla malattia articolare si aggiungono anche patologie cerebrali o altri disturbi di tipo neurologico, perciò occorrerà stabilire dei criteri di severità.

La maggior parte dei medici non sono esperti di malattie rare, quindi accade che visitino i pazienti con rachitismo ipofosfatemico ma non riconoscano in loro la presenza della patologia: un problema comune a un'altra malattia rara molto simile, l'ipofosfatasia. Perciò è essenziale la formazione dei “bone doctors”, ovvero degli specialisti ortopedici. “Il fenotipo del bambino è noto, mentre lo è molto meno quello dell'adulto, ovvero di colui che non è stato diagnosticato da bambino e si è trascinato la malattia per tutta la vita. Il nostro gruppo di studio si sta concentrando proprio su quest'ambito, perché i bambini con un rachitismo molto severo sono solo la punta dell'iceberg, ma gli adulti con un fenotipo più lieve rappresentano la parte sommersa”, spiega la prof.ssa Brandi. “E sono anche i target ad essere diversi: se nel bambino l'obiettivo è scheletrico, nell'adulto non si può più porre rimedio ai danni già creati dalla malattia, come gambe e braccia corte, ma occorre curare eventuali fratture, malattie renali o muscolari (miopatia). Inoltre, non è ancora ben compresa la correlazione tra fenotipo e genotipo: c'è ancora molto da imparare”.

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