Il rituximab potrebbe rivoluzionare la terapia della sclerosi sistemica: lo sostiene un gruppo di studiosi dei Dipartimenti di Reumatologia e Radiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in una ricerca pubblicata sulla rivista Seminars in Arthritis and Rheumatism.
Venti pazienti con sclerosi sistemica diffusa, con e senza malattia polmonare, sono stati trattati con rituximab. All’inizio del trattamento e durante il follow-up l’interessamento polmonare è stato valutato con tre test di funzionalità respiratoria: la capacità vitale forzata (FVC), il test di diffusione del monossido di carbonio (DLCO) e la tomografia computerizzata del polmone ad alta risoluzione (HRCT).

L’interessamento cutaneo, l’attività polmonare e gli indici di gravità sono migliorati significativamente, sia dopo 12 mesi che al follow-up finale. Dopo 12 mesi c’è stato un significativo aumento della capacità vitale forzata e della capacità polmonare totale, mentre il valore medio DLCO è rimasto stabile. Al follow-up finale, i punteggi HRCT alveolari e interstiziali sono rimasti stabili in più dell’80% dei pazienti, sia in presenza che in assenza di malattia polmonare restrittiva all’inizio del trattamento.

 

La sclerosi sistemica, ad oggi, non ha alcun trattamento provato e la sua prognosi è infausta. Un grave coinvolgimento viscerale è un fattore di rischio per l’aumento della morbilità e della mortalità: i pazienti con sclerosi sistemica diffusa precoce sono segnalati per avere un tasso di sopravvivenza a 5 anni pari al 20-34%.

Le strategie immunosoppressive sono in gran parte deludenti, mentre l’uso di metotrexato è stato valutato in due studi randomizzati, ma i risultati sostengono solo debolmente l’uso di questo farmaco per migliorare l’interessamento cutaneo o lo stato clinico generale.
La ciclofosfamide, che è stata utilizzata nel trattamento della sclerosi sistemica associata a malattia polmonare interstiziale per circa 15 anni, è stata valutata in due studi prospettici randomizzati che hanno mostrato un effetto significativo ma modesto sulla funzione respiratoria e nessun risultato affidabile sull’interessamento cutaneo.

La terapia di deplezione delle cellule B con un anticorpo monoclonale anti-CD20 come il rituximab, invece, non solo è efficace nell’interessamento cutaneo, ma sembra anche preservare la funzione polmonare, come sostenuto dalla capacità vitale forzata stabile o migliorata e da un punteggio interstiziale stabile. Questi dati suggeriscono un possibile ruolo di rituximab come un farmaco con un profilo di sicurezza accettabile per un lungo periodo di tempo, che potrebbe modificare completamente la terapia per la sclerosi sistemica diffusa precoce.

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