Alagille: intervista alla professoressa Cananzi
Professoressa Mara Cananzi

La prof.ssa Mara Cananzi (Padova): “Numerosi trial clinici hanno evidenziato che questi farmaci riducono il prurito e migliorano il sonno e la qualità di vita”

Padova – Un prurito difficile da trattare, così insopportabile che a volte giustifica la decisione più difficile per un medico, quella di optare per il trapianto di fegato. È questo uno dei sintomi più invalidanti che colpisce i bambini affetti da sindrome di Alagille, ma grazie a una nuova categoria di farmaci, che agiscono sul prurito e migliorano anche altre manifestazioni della patologia, questa scelta sarà sempre meno necessaria.

La sindrome di Alagille (ALGS) è una malattia genetica rara, a trasmissione autosomica dominante, ed è caratterizzata da anomalie multisistemiche dovute a un difetto nello sviluppo dei dotti biliari intraepatici, del cuore, dei reni, delle ossa, degli occhi e dei vasi arteriosi”, spiega la prof.ssa Mara Cananzi, responsabile dell'unità di Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva, Epatologia e Cura del Bambino con Trapianto di Fegato dell'Azienda Ospedale-Università di Padova, struttura che fa parte della U.O.C. Clinica Pediatrica e del Dipartimento Salute Donna e Bambino, diretti dal prof. Giorgio Perilongo.

“La malattia è causata da mutazioni nei geni JAG1 o NOTCH2, che determinano un’alterazione della via di segnalazione JAG1-NOTCH, fondamentale per il corretto sviluppo degli organi coinvolti durante lo sviluppo embrionale. L’incidenza di questa sindrome è stimata in un caso su 30.000-50.000 nati vivi, ma è probabile che questi dati ne sottostimino la reale prevalenza. La grande variabilità della presentazione clinica, che può includere forme lievi o manifestazioni isolate, come anomalie cardiache o facciali, probabilmente riduce in maniera rilevante la capacità di identificare tutti i casi”, prosegue la prof.ssa Cananzi.

LE PRINCIPALI MANIFESTAZIONI DELLA MALATTIA EPATICA ASSOCIATA ALLA SINDROME DI ALAGILLE

La malattia epatica associata ad ALGS è caratterizzata da un alterato sviluppo delle vie biliari intraepatiche (ovvero dei condotti che permettono l’escrezione della bile dal fegato all’intestino, dove è necessaria per permettere l’assorbimento dei grassi contenuti negli alimenti)”, continua la prof.ssa Cananzi. “Questa condizione determina una colestasi, ovvero la ritenzione di componenti della bile – acidi biliari, bilirubina e colesterolo – all’interno del fegato e dell’organismo, causando un danno epatico progressivo e la comparsa delle manifestazioni cliniche tipiche della malattia, tra cui prurito colestatico, ittero, xantomi cutanei (lesioni dovute all’accumulo di colesterolo nella pelle) e deficit di crescita”.

Circa il 90% dei bambini con ALGS sviluppa una qualche forma di coinvolgimento epatico. La malattia esordisce tipicamente entro i primi 6-12 mesi di vita con una epatopatia colestatica caratterizzata da elevati livelli di GGT. Il prurito colestatico, causato dalla ritenzione degli acidi biliari, è presente nel 60-90% dei pazienti con coinvolgimento epatico, è spesso severo e intrattabile, e nelle forme più gravi esordisce già nei primi mesi di vita. Come evidenziato dai dati del registro internazionale GALA (Global ALagille Alliance Study), la malattia epatica associata alla ALGS è una condizione severa che può portare a complicanze significative. Al termine dell’infanzia, circa il 40% e il 60% dei pazienti con epatopatia ALGS-correlata sviluppano rispettivamente complicanze della colestasi e ipertensione portale. La sopravvivenza con fegato nativo al termine della seconda decade di vita è di circa il 40%, con una probabilità di trapianto epatico pari al 50% e una mortalità senza trapianto di circa il 10%”.

LA SITUAZIONE DEI PAZIENTI PEDIATRICI CON ALGS RELATIVAMENTE ALLE OPZIONI DI TRATTAMENTO

“La terapia della ALGS – prosegue Cananzi – si basa principalmente su terapie sintomatiche, mirate ad alleviare i sintomi e a supportare la funzionalità degli organi coinvolti. Nei casi più complessi, il trattamento può includere interventi chirurgici per la correzione delle malformazioni cardiache, quando presenti, o il trapianto d’organo in caso di insufficienza renale o epatica”.

Limitatamente alla malattia epatica correlata alla ALGS, il trattamento farmacologico consiste in terapie sintomatiche e di supporto, volte a stimolare la secrezione biliare, contrastare il malassorbimento intestinale dovuto alla colestasi e trattare il prurito colestatico. Quando le terapie farmacologiche risultano inefficaci, si può ricorrere a interventi chirurgici per interrompere la circolazione enteroepatica degli acidi biliari. Tra questi, il più comune è la diversione biliare esterna, una procedura che permette di deviare parte della bile all’esterno del corpo attraverso una stomia cutanea, riducendo così l’accumulo di acidi biliari nel fegato e nel sangue. Tuttavia, l’efficacia di questa tecnica varia da paziente a paziente, e il peso psicologico e sociale legato alla gestione della stomia ne limita l’applicabilità soprattutto in età pediatrica. Nei pazienti in cui la malattia epatica evolve in cirrosi, che sviluppano ipertensione portale o complicanze gravi della colestasi, come il prurito intrattabile, il trapianto di fegato rappresenta l’unica opzione terapeutica risolutiva. Tuttavia, nei pazienti con ALGS il trapianto può presentare criticità aggiuntive rispetto alle casistiche standard, a causa di un maggiore rischio chirurgico e medico, legato alla presenza delle comorbidità cardiovascolari, renali e vascolari associate alla malattia”.

“Fino a poco tempo fa, il trattamento farmacologico del prurito colestatico nella sindrome di Alagille si basava sull’uso off-label di medicinali non indicati per la patologia. Oggi, però, i pazienti possono contare su una nuova categoria di farmaci anti-prurito, denominati inibitori del trasportatore ileale degli acidi biliari (IBAT-inibitori), che agiscono inibendo il riassorbimento intestinale degli acidi biliari e quindi riducendone l’accumulo a livello epatico e nell’organismo. Ad oggi, appartengono a questa categoria farmacologica due medicinali, maralixibat e odevixibat, che condividono meccanismo d’azione e modalità di somministrazione. Entrambi vanno assunti per via orale in singola dose giornaliera: maralixibat è disponibile in soluzione orale, mentre odevixibat è formulato in capsule o granuli”.

“Trial clinici (ITCH, IMAGO, IMAGINE e ICONIC per maralixibat, ASSERT e ASSERT-EXT per odevixibat) hanno evidenziato che entrambi i farmaci riducono significativamente i livelli sierici di acidi biliari e il prurito in una percentuale significativa di pazienti con ALGS, con conseguenti miglioramenti sul sonno e sulla qualità di vita. Questi risultati sono stati confermati anche da studi spontanei di real-life. Gli IBAT-inibitori sono generalmente ben tollerati: l’effetto collaterale più comune è la diarrea, raramente severa e gestibile attraverso l’aggiustamento della dose o la sospensione del trattamento”.

“In Italia, maralixibat è stato approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per il trattamento del prurito colestatico nei pazienti con ALGS di età pari o superiore a 2 mesi ed è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale. Odevixibat è stato approvato in Europa per il trattamento del prurito colestatico associato alla ALGS in pazienti di età pari o superiore a 6 mesi, e oggi è in attesa dell’autorizzazione di AIFA. Gli IBAT-inibitori rappresentano un’importante innovazione terapeutica per la gestione del prurito colestatico nella ALGS, offrendo benefici significativi in termini di riduzione dei sintomi e miglioramento della qualità di vita”.

L'IMPATTO DEI NUOVI FARMACI SULLA STORIA NATURALE DELLA MALATTIA

“Sebbene gli IBAT-inibitori siano stati sviluppati per il trattamento sintomatico del prurito colestatico associato ad ALGS, i dati emergenti suggeriscono un possibile impatto di questi farmaci sulla progressione della malattia epatica, sulla sopravvivenza del fegato nativo (native liver survival) e, di conseguenza, sulla sopravvivenza del paziente libera dal trapianto di fegato (transplant free survival)”, aggiunge la prof.ssa Cananzi. “Studi condotti sui pazienti inclusi nel registro internazionale GALA avevano già dimostrato una correlazione inversa tra i livelli sierici di acidi biliari e la sopravvivenza del fegato, indicando la riduzione degli acidi biliari come un potenziale obiettivo terapeutico per preservare la funzionalità epatica nel tempo. Inoltre, i dati provenienti dai trial clinici suggeriscono che gli IBAT-inibitori possono non solo alleviare il prurito colestatico, ma anche ridurre il carico epatotossico degli acidi biliari intraepatici, potenzialmente rallentando la progressione della malattia epatica e riducendo la necessità di trapianto di fegato nei pazienti con ALGS. Tuttavia – conclude l’esperta – sebbene i risultati siano promettenti, sono necessari studi di follow-up a lungo termine e dati di real-life (ovvero al di fuori dai trial terapeutici sperimentali) per determinare con maggiore certezza l’effettivo impatto di questi farmaci sulla storia naturale della malattia e sul rischio di complicanze epatiche a lungo termine, come l’evoluzione verso la cirrosi”.

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