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La testimonianza del celebre doppiatore italiano: “Per chi affronta una patologia rara, il problema è il senso di solitudine e l’idea di brancolare nel buio più totale”

Abbiamo scoperto molto presto che Luna era affetta dalla sindrome di Marfan – dal nome del medico vissuto tra Ottocento e Novecento che la studiò, Antoine Marfan – perché c’erano lievi problematiche legate all’apprendimento”. Nella sua autobiografia, intitolata “Il talento di essere nessuno” e da poco pubblicata da Sperling & Kupfer, Luca Ward, forse il più celebre doppiatore italiano, noto per aver dato la voce ad attori come Russell Crowe, racconta anche della malattia rara che affligge sua figlia Luna, oggi undicenne: una patologia genetica che colpisce il tessuto connettivo, provocando sintomi di tipo cardiovascolare, polmonare, muscolo-scheletrico e oculare.

“L’entità della sindrome la si capisce soltanto con la crescita”, chiarisce l’attore. “Chi è affetto da questa patologia ha anche una predisposizione a una seria miopia con possibile distaccamento del cristallino, ma per Luna l’incidenza maggiore si riscontra sull’apparato scheletrico”. La ragazza, infatti, è costretta ad indossare il busto 23 ore al giorno, ed è seguita sia in Italia, dall’Unità Operativa Malattie genetiche rare dell’Ospedale Bambino Gesù, sia in Francia, per la parte concernente la colonna vertebrale.

Oggi la famiglia Ward ha una vita piuttosto serena ma, al principio, la diagnosi di sindrome di Marfan, fatta a Luna dai medici dell’Ospedale Sacco di Milano, è stata una vera “tranvata” - spiega il padre - che è stato possibile superare solo mettendo in campo una quantità illimitata di energie e buona volontà. Per prima cosa, i coniugi Ward hanno dovuto documentarsi e identificare un percorso terapeutico, costruito solo un po’ per volta. “È una cosa terribile a dirsi - ammette il doppiatore sconsolato - ma abbiamo constatato che, se si hanno maggiori disponibilità economiche, si ha la possibilità di curarsi meglio”.

In Italia - chiarisce Ward - ci sono medici “straordinari”, ma purtroppo mancano fondi, soprattutto per la ricerca, e “il problema di chi vive situazioni del genere è il senso di solitudine e l’idea di brancolare nel buio più totale”. Prima di decidere se parlare o meno di Luna, Ward e sua moglie hanno avuto parecchi dubbi: “Sono cose estremamente private e tali dovrebbero rimanere, ma visto come va la ricerca scientifica qui da noi, penso ci sia bisogno di sensibilizzare in tal senso più persone possibile”.

Il problema di un figlio è un problema di tutta la famiglia e questo, scorrendo le pagine del volume, emerge con chiarezza. Per potersi meglio dedicare a Luna, ad esempio, sua madre Giada ha lasciato il lavoro. E poi traspare la questione dei sibling, o meglio dei “rare sibling”, ossia i fratelli e le sorelle di bambini e ragazzi affetti da malattie rare. Da piccolo, Lupo, il fratello di Luna, si lamentava del tempo che i suoi genitori trascorrevano con sua sorella. “Nella prima fase della malattia di Luna, per esempio, sono diventato iperprotettivo nei suoi confronti, e ho trascurato un po’ Lupo. Mi sono mosso istintivamente a difesa del figlio in quel momento più debole, senza rendermi conto che stavo commettendo un grave errore”, spiega Ward. A giocare un ruolo paradossalmente positivo è stato il lockdown legato alla pandemia di COVID-19, che ha permesso al doppiatore di trascorrere molto tempo a casa, riuscendo così a ritrovare un rapporto più stretto con i suoi figli.

La giovane Luna, intanto, sta crescendo, e con l’età aumenta anche la consapevolezza della propria “diversità”, soprattutto rispetto ai compagni di scuola. Nonostante ciò, le cure, rallentate dalla pandemia, riprenderanno presto e l’augurio è che l’intervento alla schiena previsto per il prossimo anno la possa aiutare a recuperare una maggiore serenità.

Leggi anche: “Sindrome di Marfan: conviverci significa non dover mai abbassare la guardia

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