La sindrome dell’X fragile, o sindrome di Martin-Bell, è una malattia genetica causata dalla mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X. Questa sindrome è la causa più frequente del ritardo mentale ereditario. Si accompagna normalmente a un lieve dimorfismo, disturbi del comportamento e macrorchidismo nei maschi. L'incidenza della patologia è di circa 1 su 1250 soggetti di sesso maschile, 1 su 2500 di sesso femminile. Le donne portatrici sane di sindrome dell’X fragile sono circa 1 su 259.
Le Cause
L’X fragile è causata da una mutazione dinamica che interessa l’espansione progressiva di un tratto di DNA che determina l’assenza della proteina FMRP. Normalmente il numero di triplette CGG contenute nel tratto di DNA è compreso tra le 6 e le 50 copie; un’espansione tra 50 e 200 copie definisce un soggetto portatore sano di X-fragile. La trasmissione può avvenire in maniera asintomatica oppure può innescare un’ulteriore espansione fino a raggiungere la mutazione completa, che associandosi a una metilazione del promotore del gene determina l’assenza della proteina FMRP. Si tratta di una proteina in grado di instaurare legami con l’RNA, situata soprattutto nei testicoli e nel cervello, i tessuti più colpiti dalla sindrome.
I Sintomi
La patologia non compare alla nascita, si manifesta progressivamente, dai primi mesi di vita alla pubertà. I soggetti affetti da X fragile presentano un volto allungato, padiglioni auricolari a impianto basso, ampi e anteversi. La mascella generalmente è sporgente (prognatismo), sono presenti palato ogivale, mal occlusione dentale e in alcuni soggetti strabismo oculare. Può essere presente macrocefalia (assoluta o relativa), ipotonia, iperlassità articolare, cifoscoliosi, piattismo plantare, prolasso della valvola mitrale.
Il macrorchidismo (aumento di volume dei testicoli) si presenta generalmente in fase post-puberale.
L’entità della disabilità intellettiva è variabile, spesso i soggetti affetti da questa sindrome soffrono di iperattività, deficit di attenzione, instabilità emotiva, comportamento di tipo autistico.
La Diagnosi
Essendo un fenotipo lieve, la diagnosi clinica della sindrome dell’X fragile è difficile, specie nei bambini. Spesso si arriva alla diagnosi indagando su tutti i casi di ritardo mentale che non presentano una causa evidente.
La diagnosi prenatale può essere eseguita tramite il metodo Southern blot sui villi coriali o sul liquido amniotico, oppure test basati sulla reazione a catena della polimerasi.
Le famiglie all’interno delle quali sia presente un soggetto affetto dalla sindrome possono avvalersi di una consulenza genetica che possa informarle sul rischio di incidenza della malattia.
La Terapia
 Non esiste una cura per la sindrome dell’X fragile. La terapia di supporto attuata con i soggetti che ne sono affetti è basata sull’integrazione di psicomotricità. Logopedia, terapia occupazionale.
Curiosità
Il nome della sindrome “X fragile” deriva dall’osservazione del tratto terminale del cromosoma X in presenza della mutazione completa. Il cromosoma infatti sembra quasi rotto.

Alcuni link per l'approfondimento
La scheda su Health Centre for Genetisc Education
Fraxa Research Foundation
The National X Fragile Foundation
Associazione Italiana Sindrome X Fragile

La sindrome di Hunter è una malattia metabolica estremamente rara detta anche mucopolisaccaridosi di tipo II (MPS II), ed è causata dalla carenza dell'enzima iduronato-2-sulfatasi (IDS). Si tratta dunque di una malattia lisosomiale. Secondo le stime, al mondo vi sono meno di 10.000 persone colpite da questa patologia (la MPS II si presenta in circa 1 maschio su 100-170.000). La malattia è essenzialmente caratterizzata da macrocefalia, ritardo mentale e disturbi dell'umore e del carattere, che possono anche dare luogo a un'aggressività anormale.

In Italia, la sindrome di Hunter è inserita tra le malattie rare esenti. Il codice di esenzione della patologia è RCG140 (afferisce al gruppo "Mucopolisaccaridosi").

La sindrome di Hunter si manifesta in due forme che differiscono tra loro per la gravità dei sintomi e le aspettative di vita.
La più grave è la forma A, che insorge precocemente, può portare alla morte intorno al 15° anno di vita e ha molte analogie con un’altra forma di mucopolisaccaridosi, la malattia di Hurler. La variante A si caratterizza per lineamenti facciali grossolani, bassa statura, deformazioni ossee, rigidità articolare e ritardo mentale. L'esordio della malattia si verifica, di solito, tra i 2 e i 4 anni di età, con un progressivo coinvolgimento neurologico e somatico. I pazienti possono manifestare una grave degenerazione della retina, ma la cornea rimane caratteristicamente chiara. La diarrea cronica, legata all'interessamento del sistema nervoso autonomico, e forse anche a una disfunzione della mucosa, rappresenta un problema per molti dei pazienti giovani.
La forma B ha un'insorgenza più tardiva ed è anche meno grave, permettendo la sopravvivenza dei pazienti fino all’età adulta. La perdita di udito interessa praticamente la totalità dei pazienti. Sono comuni la sindrome del tunnel carpale e la rigidità articolare, che possono portare a una perdita di funzionalità. La mielopatia cervicale, dovuta a un restringimento del canale spinale e alla compressione dei nervi, è probabilmente più comune di quanto generalmente si riconosca. E' stata osservata una discreta opacità corneale, documentabile attraverso una lampada a fessura. L'elettroretinografia ha evidenziato una disfunzione della retina, ma molto meno estesa rispetto a quella presente nella forma A. E' stato documentato un papilledema cronico senza incremento della pressione endocranica, forse dovuto alla deposizione di glicosaminoglicani nella sclera con conseguente compressione del nervo ottico a livello intrasclerale.

Fonti, classificazioni e ulteriori informazioni su Orphanet.

 


La trasmissione della malattia è ereditaria e legata al cromosoma X. Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile. I padri con la Malattia di Anderson-Fabry non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi, ma solamente alle figlie femmine. In funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X, i soggetti eterozigoti sviluppano la malattia in forma lieve, moderata oppure classica. In genere sono i maschi a sviluppare i sintomi in maniera più forte ma in ogni caso, anche all’interno della stessa famiglia, la malattia può presentarsi con sintomatologie ed evoluzione clinica anche molto differente.

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